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Articoli e note

n. 9/2007

STEFANO GLINIANSKI*

Riforma e innovazione della dirigenza nello schema del DDL del Governo
contenente misure di razionalizzazione delle norme generali sul lavoro alle dipendenze delle PP.AA.

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Lo schema di DDL recante misure di razionalizzazione delle norme generali sul lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (riforme e innovazioni P.A.) trasmesso il 12 settembre 2007 d’ordine del Presidente del Consiglio dei Ministri a tutti i capi ufficio (il cui testo è riportato in calce al presente documento) individua in ventitré punti i principi e i criteri direttivi a cui dovrà ispirarsi il governo nell’introdurre disposizioni integrative e correttive del D.L.vo 165 del 30 marzo 2001.

Questi i principali elementi di rilievo contenuti nello schema citato:

-      corretta delimitazione degli ambiti di competenza delle fonti legislative rispetto alle fonti contrattuali in materia di impiego pubblico;

-      conferma e completamento del principio di distinzione tra attività di indirizzo politico amministrativo e compiti gestionali con conseguente reale autonomia operativa della dirigenza rispetto al potere politico con eliminazione di tutte le residue ingerenze di quest’ultimo  nei confronti dell’apparato burocratico;

-         delimitazione del numero degli incarichi dirigenziali di tipo fiduciario con distinzione tra quelli di diretta collaborazione con l’organo politico e le posizioni dirigenziali di vertice con funzioni propriamente discrezionali;

-         specificazione del principio per cui conferimento e revoca degli stessi avviene con atto unilaterale dell’organo di direzione politica;

-         ridefinizione degli incarichi di funzioni dirigenziali non a carattere fiduciario da conferire con contratto attraverso procedimenti caratterizzati dalla  pubblicità e improntati a criteri di scelta;

-         affidamento di funzioni dirigenziali a soggetti non appartenenti ai ruoli dirigenziali secondo criteri di trasparenza e solo ove realmente necessario;

-         dimensione temporale degli incarichi, idonea valutazione della dirigenza e previsione, di norma, di criteri di rotazione per gli incarichi di maggiore rilevanza con un sistema di conferma, mancata conferma e revoca improntato esclusivamente sulle attitudini, le competenze del dirigente e la sua valutazione;

-         razionalizzazione ed integrazione delle disposizioni relative ai doveri comportamentali della dirigenza individuando con maggiore chiarezza natura  della responsabilità dirigenziale anche in rapporto alla responsabilità disciplinare;

-         revisione del sistema delle incompatibilità, razionalizzazione del sistema del reclutamento, della mobilità e della progressione interna con interventi sulla disciplina della vicedirigenza con particolare attenzione ad una programmazione del fabbisogno che tenga conto del rapporto di entrata e spesa nel rispetto del principio costituzionale del  bilanciamento tra accessi dall’esterno e progressioni interne;

-         ridefinizione, più in generale,  del ruolo della contrattazione collettiva nelle sue articolazioni  e delle forme contrattuali flessibili.

Orbene, i principi indicati inducono ancora una volta ad una riflessione sul sistema delineato dal legislatore nell’ultimo decennio con riferimento al rapporto di impiego in particolar modo per le figure dirigenziali afferenti ai ruoli delle amministrazioni pubbliche e locali che, naturalmente,  dovranno ispirarsi a tali principi nell’esercizio della loro attività di regolazione normativa interna.

Il quesito da porsi è se il sistema che definisce il conferimento degli incarichi dirigenziali così come si sta sempre più delineando, sia un beneficio per le amministrazioni locali e non solo o rappresenti soltanto un ulteriore elemento di aggravamento di un procedimento di reclutamento della dirigenza  che individua nello spoils  sistem null’altro che il sinonimo di clientelismo, di fiduciarietà politica e di individuazione di yes men pronti a tutto pur di ricoprire incarichi di prestigio.

Insomma,  se si tratti solo di un ulteriore tassello di un sistema che consenta, a vantaggio di pochi e a scapito di molti,  un aggravamento delle relazioni lavorative nel pubblico impiego o una ulteriore attestazione di una precisa volontà di riforma totale del mondo del lavoro pubblico.

Ritenere che  gli attuali criteri di reclutamento delle risorse umane, così come delineati dalle norme e dalla contrattazione collettiva,  si prestino solo a cristallizzare formalmente un effetto distorsivo e  patologico di un sistema mal sano, a parere dello scrivente, è tuttavia il sintomo, oltre che di una scarsa fiducia verso i diversi attori che animano la tanta complessa macchina amministrativa, altresì,  di un disagio verso un nuovo concetto di amministrazione  delineato ormai da circa un decennio.

Garantire una maggiore flessibilità nel reperimento delle risorse umane, sia all’interno della propria struttura -  valorizzando i migliori con il prestigio, oltre che economico, altresì professionale -  sia con il ricorso al mercato esterno, cercando professionalità adeguate alla complessità di una organizzazione, non deve e non può  rappresentare soltanto il sintomo di uno sviamento dalle normali regole che hanno per decenni caratterizzato l’amministrazione.

Le situazioni patologiche rappresentano sempre ed in qualunque settore null’altro che la distorsione di un processo che nasce prioritariamente come fisiologico ad un sistema e che, proprio perché tendenzialmente plasmabile dal proprio utilizzatore,  potrà tanto mantenersi nell’alveo della sua fisiologica normalità, tanto degenerare verso forme di utilizzo meno esemplari.

Ma questo è il condizionamento delle cose all’umano agire.

Non penso, tuttavia, che l’umano agire sia sempre mistificato e dettato da riserve mentali.

E ciò per il semplice fatto che non è intelligente.

E l’intelligenza, anche politica,  richiesta oggi per poter gestire la sempre più complessa macchina amministrativa , non può non tenere conto che la cattiva scelta delle risorse umane e la non corretta loro allocazione è un boomerang che torma indietro con gli interessi.

Se l’analisi di tale sempre maggiore flessibilità nella facoltà di ricercare soluzione organizzative più consone alla propria realtà venisse svolta in modo più sereno e, soprattutto con maggiore onestà intellettuale da parte dei tanti protagonisti delle amministrazioni pubbliche, probabilmente  si eviterebbe di interpretare ogni facoltà astrattamente concessa di cambiamento organizzativo come il sinonimo di una sostanziale degenerazione.

Molte sono le situazioni in cui alcuni centrali protagonisti dell’agire amministrativo  sono talmente arroccati nella loro posizione originariamente acquisita  da vedere in ogni forma di innovazione e/o di cambiamento il tentativo e la finalità ultima di  sottrarre loro quanto doverosamente gli spetta, senza considerare che l’attuale sistema  non permette più di ritenere come immutabili determinate condizioni e che solo l’impegno, che,   purtroppo,  non sempre è sufficiente, consente quanto meno di rafforzarsi a fronte del pericolo di una rivisitazione del proprio ruolo nel contesto organizzativo in cui si opera.

Se all’autoreferenzialità si sostituisse  una maggiore consapevolezza della necessità di rimettersi in competizione, cosa che tra l’altro da validissimi operatori è stata fatta con evidente loro successo, forse si eviterebbe una proliferazione di dati normativi e contrattuali che sempre più spingono a rafforzare un  sistema delle spoglie.

Sistema quest’ultimo che potrà anche non piacere, ma che rappresenta ormai una realtà  che, nella sua originaria intenzione,  nasce e si rafforza per consentire maggiore flessibilità a fronte di una rigidità spesso congelante anche le migliori intenzioni.

Vedremo se i principi contenuti nel DDL citato rappresenteranno un miglioramento ad un sistema ancora caratterizzato da profonde distorsioni o sarà una ulteriore mera elencazione di bei principi puntualmente disattesi.

Ciò che è certo è che gli stessi in ogni caso dovranno essere recepiti.

Di poi, a ciascuno la responsabilità di un loro corretto utilizzo.

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* Segretario generale e direttore generale del Comune di Sanremo (IM).

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DISEGNO DI LEGGE recante misure di razionalizzazione delle norme generali sul lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (schema trasmesso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri il 12 settembre 2007).

 Art. 1

 (Delega al Governo all’adozione di disposizioni integrative
e correttive al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 )

    1. Il Governo è delegato ad emanare entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge uno o più decreti legislativi diretti ad introdurre disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, tenendo conto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) adeguare le disposizioni relative all’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione delle norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, al fine di renderle coerenti con l’innovazione del quadro funzionale e dell’assetto organizzativo delle amministrazioni pubbliche; stabilire una netta delimitazione degli ambiti di competenza delle fonti legislative e delle fonti contrattuali nella disciplina del lavoro pubblico;

b) completare la distinzione tra compiti e responsabilità di indirizzo politico-amministrativo e compiti e responsabilità di direzione delle amministrazioni pubbliche, precisando la natura ed i caratteri propri della funzione dirigenziale; in particolare, eliminare i residui strumenti di intervento degli organi di governo sugli atti di competenza dei dirigenti, riaffermare la responsabilità dei dirigenti in ordine alle decisioni sull’organizzazione degli uffici ed attribuire loro adeguati strumenti di gestione delle risorse finanziarie, che consentano l’effettivo esercizio di autonomi poteri di spesa; chiarire che le determinazioni inerenti la gestione dei rapporti di lavoro non sono soggette a ricorsi amministrativi né a ricorso straordinario al Presidente della Repubblica;

c) procedere, rimettendo le relative determinazioni agli atti organizzativi di cui al comma 1 dell’articolo 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, alla individuazione e alla rigorosa delimitazione, anche quantitativa in rapporto alla dotazione organica dei dirigenti di ciascuna amministrazione, degli incarichi dirigenziali aventi natura fiduciaria, distinguendo fra quelli riferiti ad uffici di diretta collaborazione dell’organo di governo e riguardanti funzioni di raccordo fra politica e amministrazione, e quelli relativi a posizioni di vertice dell’amministrazione o di coordinamento generale dell’attività di uffici dirigenziali, ovvero aventi ad oggetto l’adempimento di specifiche missioni o la realizzazione di progetti con dimensione temporalmente definita; stabilire che il conferimento o la revoca di tali incarichi, i quali, di norma, non comportano l’esercizio di autonomi poteri di amministrazione e di gestione, avviene con atto unilaterale dell’organo di direzione politica, fatta salva la definizione con contratto individuale del trattamento economico, e fermo restando quanto previsto dall’art. 34 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248;

d) ridefinire la disciplina degli incarichi di funzioni dirigenziali non a carattere fiduciario nelle amministrazioni dello Stato, da conferire con contratto, previa negoziazione dell’oggetto e degli obiettivi da conseguire, adottando per la individuazione dei soggetti destinatari forme di pubblicità e criteri di scelta, da specificare anche attraverso previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro, ispirati ai principi di trasparenza e imparzialità;

e)  limitare, anche sotto il profilo quantitativo, ed assoggettare a procedure ispirate ai medesimi principi di cui alla lettera d), l’affidamento di funzioni dirigenziali a soggetti non appartenenti ai ruoli dirigenziali delle amministrazioni interessate, circoscrivendo tale possibilità ai soli casi in cui si renda necessaria ai fini dell’acquisizione di specifiche competenze professionali in relazione ai compiti da svolgere, ed escludendo, di norma, la reiterazione di tali incarichi e l’attribuzione degli stessi a dipendenti dell’amministrazione privi di qualifica dirigenziale;

f) stabilire una dimensione temporale degli incarichi di funzioni dirigenziali che consenta una adeguata valutazione dell’operato dei dirigenti, articolandone la durata in relazione alle caratteristiche delle funzioni e degli obiettivi assegnati, e prevedendo, di norma, la rotazione negli incarichi di maggiore rilevanza; stabilire che le conferme, le mancate conferme e le revoche degli incarichi siano fondate esclusivamente sulle attitudini e le competenze professionali dei dirigenti, collegandole con gli esiti delle valutazioni annuali, da svolgersi con modalità e garanzie definite anche attraverso i contratti collettivi nazionali di lavoro, ed escludendo, in ogni caso, forme di rimozione automatica e prive di motivazioni per tutti i dirigenti preposti ad attività di amministrazione e di gestione;

g) razionalizzare ed integrare le disposizioni, anche di carattere procedurale e organizzativo, in tema di doveri di comportamento dei dirigenti e di responsabilità dirigenziale, differenziandole a seconda della natura fiduciaria o meno degli incarichi ricoperti, ed affidandone la specifica disciplina ai contratti collettivi nazionali di lavoro; individuare con maggiore chiarezza le diverse ipotesi di responsabilità dirigenziale anche in rapporto alle forme di responsabilità disciplinare, riducendo la discrezionalità delle amministrazioni per gli incarichi non fiduciari e graduando in relazione alla differente rilevanza e gravità dei casi concreti le misure adottabili nelle ipotesi di valutazione negativa dei comportamenti e dell’attività dei dirigenti; migliorare la tutela antidiscriminatoria dei dirigenti pubblici, confermando l’unicità di disciplina legislativa con il settore privato, ma precisando i raccordi con le procedure riguardanti la specifica responsabilità dirigenziale pubblica e rafforzando la tutela processuale;

h) rivedere la disciplina delle incompatibilità per i dirigenti pubblici, articolandone le previsioni in base alla natura fiduciaria o meno degli incarichi svolti, e comunque prevedendo forme di incompatibilità e limitazioni più rigorose, con riferimento, tra l’altro, alla possibilità di ricoprire cariche pubbliche elettive e di esercitare attività economiche e professionali, durante lo svolgimento dell’incarico e per congrui periodi successivi;

i) introdurre, anche attraverso la costituzione di un albo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, elementi di unitarietà nella dirigenza statale, in ordine alla razionalizzazione delle modalità di reclutamento ed alla agevolazione della mobilità dei dirigenti fra le diverse amministrazioni dello Stato, fatta salva l’assegnazione ai ruoli delle singole amministrazioni in occasione del conferimento degli incarichi di funzioni, al fine di consentire la migliore utilizzazione della risorsa dirigenziale; rideterminare le articolazioni e i sistemi di progressione interni all’unica qualifica dirigenziale in base alle competenze acquisite ed alle capacità professionali dimostrate, indipendentemente dal livello e dalla durata degli incarichi ricoperti;

j) riordinare i sistemi per l’acquisizione della qualifica di dirigente nelle amministrazioni dello Stato e negli enti pubblici non economici, in modo tale da realizzare, fatte salve le specificità delle dirigenze tecniche, forme di reclutamento e di formazione unitarie, fondate esclusivamente sulla selezione per merito, attribuendo ad un unico organismo la responsabilità dello svolgimento delle procedure selettive e delle attività formative sia per i corsi-concorsi aperti a soggetti esterni, che costituiscono lo strumento ordinario di accesso, sia per i concorsi riservati ai dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni in possesso di specifici requisiti culturali e professionali, e dei quali sia verificata la capacità generale di esercitare le funzioni dirigenziali; agevolare l’ingresso nella dirigenza di soggetti giovani, dotati di una qualificata formazione universitaria e post-universitaria, da collocare in posizioni anche di elevata responsabilità;

k) intervenire, anche mediante soppressione, sulla disciplina della vicedirigenza, tenendo conto dell’esigenza di adottare forme di regolazione, gestione e valorizzazione professionale del personale coerenti con i principi di efficienza e di flessibilità organizzativa delle pubbliche amministrazioni;

l) definire sistemi di programmazione del fabbisogno del personale nelle amministrazioni pubbliche, anche attraverso l’introduzione, per specifiche amministrazioni, di criteri di acquisizione delle risorse umane in relazione alle proprie risorse finanziarie sulla base del rapporto tra entrate e spesa per il personale, distinguendo le misure relative agli accessi dall’esterno da quelle riguardanti le progressioni interne, con responsabilizzazione degli organi politici e gestionali rispettivamente per la determinazione e per l’utilizzazione delle risorse finanziarie ed umane;

m) riordinare i sistemi per il reclutamento del personale, garantendone la periodicità e la continuità, introducendo meccanismi utili ad accelerare e decongestionare le procedure selettive, anche attraverso una più rigorosa e puntuale definizione dei requisiti di partecipazione, e prevedendo la possibilità di concorsi comuni a diverse amministrazioni;

n) semplificare ed accelerare le procedure della contrattazione collettiva di livello nazionale, rivedendo l’organizzazione e le funzioni dell’Aran e dei comitati di settore, anche attraverso la previsione di un ruolo attivo di questi ultimi in sede di negoziazione, ed attribuendo immediata efficacia al contratto sottoscritto dalle parti;

o) rivedere le disposizioni sui rapporti fra i diversi livelli della contrattazione collettiva per i lavoratori dipendenti dalle amministrazioni pubbliche, rafforzando il ruolo dei contratti nazionali nella determinazione di strumenti e procedure che evitino l’introduzione nei contratti integrativi di norme estranee o non coerenti con i criteri e gli obiettivi stabiliti nella contrattazione nazionale e con la distinzione tra materie di contrattazione e materie affidate ad istituti di partecipazione, ed affidando agli stessi contratti nazionali la definizione di regole che contrastino la dispersione e la frantumazione degli ambiti e delle sedi di contrattazione integrativa;

p) consentire alla contrattazione collettiva di regolare i percorsi professionali dei lavoratori attraverso la definizione di procedure selettive ispirate ai principi di trasparenza ed imparzialità, al fine di premiare la professionalità effettivamente acquisita grazie all’esperienza lavorativa, e che sia valutata come adeguata alle nuove funzioni da svolgere;

q) aggiornare le disposizioni in materia di forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale nelle pubbliche amministrazioni, al fine di circoscrivere sotto il profilo tipologico e limitare quantitativamente l’utilizzazione di tali strumenti, rendendoli coerenti con le esigenze funzionali ed organizzative delle pubbliche amministrazioni, e salvaguardando il principio dell’affidamento alla contrattazione collettiva della relativa disciplina;

r) realizzare il coordinamento, anche attraverso modifiche sostanziali, delle disposizioni che disciplinano la mobilità temporanea all’estero dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, secondo criteri di razionalizzazione e semplificazione delle procedure, assicurando comunque che in sede di valutazione del servizio svolto presso gli Stati dell’Unione europea e presso gli organismi comunitari od internazionali siano rispettate le condizioni di non discriminazione e parità di trattamento rispetto a quello prestato in Italia;

s) agevolare la mobilità volontaria, anche temporanea, dei dipendenti pubblici fra sedi e amministrazioni diverse, individuando, in particolare, metodologie e modalità che favoriscano l’incontro fra la domanda delle amministrazioni con carenze di personale e l’offerta dei lavoratori interessati; razionalizzare le forme della mobilità del personale dirigenziale e non dirigenziale connessa a processi di riorganizzazione o al trasferimento di funzioni e compiti amministrativi, in relazione ai principi del rispetto del fabbisogno professionale e del contenimento dei costi delle amministrazioni;

t) limitare fortemente la possibilità di cumulo di impieghi ed incarichi dei pubblici dipendenti, e riordinare, fatta salva la specifica disciplina per i dirigenti, le disposizioni in tema di incompatibilità, al fine di procedere ad una loro razionalizzazione attraverso semplificazioni procedurali, specie in ordine al sistema delle autorizzazioni per lo svolgimento di incarichi retribuiti, ed una migliore articolazione di istituti, casi ed ipotesi concrete;

u) confermare e rafforzare l’attribuzione in via generale al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, della giurisdizione sulle controversie di lavoro individuali e collettive relative ai rapporti alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, razionalizzando, anche mediante soppressione, le forme di intervento dell’Aran e della Presidenza del Consiglio dei ministri in tali controversie in funzione della riduzione dei tempi del contenzioso;

v) rivedere e semplificare, in funzione della celere definizione delle questioni e della riduzione dei tempi del contenzioso, le disposizioni riguardanti l’interpretazione autentica dei contratti collettivi e l’accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi, in particolare escludendo l’attribuzione di valore giuridico ad interpretazioni unilaterali;

w) operare gli opportuni adeguamenti formali delle disposizioni concernenti le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, per assicurarne il miglior coordinamento sistematico, perseguendo la semplificazione del linguaggio e la chiarezza testuale.  

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono emanati previo parere espresso dalla Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali, in relazione all’applicabilità delle norme ivi previste agli enti rispettivamente rappresentati.


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