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n. 2/2009 - © copyright

STEFANO GLINIANSKI

Le nuove forme di partenariato pubblico privato:

la locazione finanziaria di opera pubblica leasing in costruendo

SOMMARIO: 1. Premessa. 2. L’istituto del leasing: il leasing di godimento e il leasing traslativo. La differenza tra le forme tradizionali di leasing e la locazione finanziaria di opere pubbliche e di pubblica utilità. 3. Il dibattito circa la compatibilità del leasing immobiliare pubblico in costruendo con la disciplina in materia di lavori pubblici. La legge finanziaria per l’anno 2007. 4. L’art. 160 bis del Codice degli appalti. Le modifiche introdotte dal D.lgs 11 settembre 2008, n. 152: la locazione finanziaria quale appalto pubblico di lavori. Analisi della disciplina. 5. La necessità di una ricostruzione giuridica dell’istituto. 6. Considerazioni conclusive.

 

1. L’analisi dell’istituto del c.d. leasing in costruendo, impone una preliminare considerazione di carattere generale sulle ragioni che hanno indotto il nostro legislatore a disciplinare, ma soprattutto a definire nel terzo decreto correttivo al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, forniture e servizi, c.d. Codice degli appalti (D.Lgs 11 settembre 2008, n. 152), tale forma di partenariato pubblico privato.

In primo luogo la opportunità di una maggiore coerenza tra la normativa interna e la disciplina comunitaria sempre più sensibile agli sviluppi della cooperazione tra amministrazione pubblica e mondo delle imprese [1].

Di poi, la tendenza diffusa, ancorché sono ancora da registrare posizioni divergenti e orientamenti tendenzialmente conservatori, a privilegiare la tecnica negoziale e l’adozione di istituti privatistici per il conseguimento del risultato amministrativo [2] .

Infine, la necessità di individuare ulteriore fonti di finanziamento per la realizzazione delle infrastrutture e delle opere pubbliche in generale a fronte, oltre che delle notorie difficoltà a reperire risorse finanziarie per le amministrazioni pubbliche, altresì, dei limiti di spesa che la nostra appartenenza all’Unione europea ci impone [3].

Analizzando, pertanto, nello specifico l’istituto oggetto del nostro esame, per comprendere la portata innovativa della norma che lo disciplina, occorre preliminarmente ricostruirne il percorso evolutivo.

Più precisamente, sarà opportuno richiamare la tradizionale qualificazione giuridica dell’operazione di locazione finanziaria precisando come la stessa sia il risultato di una articolata elaborazione giurisprudenziale che nel tempo si è occupata di tale forma di contrattazione atipica.

Ancora, occorrerà evidenziare come l’istituto del leasing non sia riconducibile ad un unico schema negoziale ma come lo stesso sia variabile a seconda della sua concreta giustificazione causale.

Di poi, si tenterà di dimostrare come dal confronto tra i caratteri generali dell’istituto, pur nella duplice configurazione mutevole in relazione al suo profilo causale concreto e il più recente istituto del leasing in costruendo, emerga una sostanziale differenza tra la fattispecie tradizionale e l’innovativo istituto della locazione finanziaria immobiliare.

2. Ciò premesso, il contratto di leasing o locazione finanziaria è tradizionalmente qualificabile come una operazione negoziale, avente struttura trilaterale, in cui il soggetto utilizzatore si rivolge ad una società di leasing affinché questa acquisisca la proprietà di un bene, individuato dall’utilizzatore, per poi concederlo in godimento allo stesso utilizzatore dietro versamento di un corrispettivo periodico.

Trattasi, dunque, di un contratto atipico che vede confluire nel suo schema negoziale sia elementi del contratto di locazione, sia caratteristiche della vendita a rate, che elementi riconducibili al contratto di mutuo e la cui prima definizione legislativa risale all’art. 17, comma 2 della Legge 2.5.1976, n. 183 che per operazione di locazione finanziaria intende la “..locazione di beni mobili e immobili, acquistati o fatti costruire dal locatore, su scelta e indicazione del conduttore, che ne assume tutti i rischi e con facoltà di quest’ultimo di divenire proprietario del beni locati al termine della locazione, dietro versamento di un prezzo prestabilito”.

Orbene, come accennato, la giurisprudenza nelle numerose sentenze che hanno affrontato la natura giuridica dell’istituto ai fini della disciplina ad esso applicabile, ha determinato il cristallizzarsi di due distinte fattispecie di leasing finanziario, il leasing traslativo e il leasing di godimento [4].

La prima si caratterizza per l’ idoneità del bene locato, di solito un bene immobile, al mantenimento di un valore residuo commerciale eccedente l’importo pattuito per l’opzione di acquisto del bene. L’utilizzatore che riceve il bene in godimento, dunque, corrisponderà canoni che coprono solo una quota parte del prezzo di acquisto o di costruzione comprensivi, altresì, delle spese di gestione e dell’utile del finanziatore e alla scadenza del contratto avrà la facoltà di riscattare la proprietà del bene con il pagamento di un prezzo negoziato.

Caratteristica, invece, del leasing di godimento è, viceversa, il non mantenimento da parte del bene oggetto della locazione di un apprezzabile valore commerciale alla scadenza del contratto [5].

E’ evidente, pertanto, che la giustificazione causale concreta della prima fattispecie negoziale è il finanziamento a scopo di trasferimento del bene, mentre nella diversa ipotesi del leasing di godimento è il finanziamento a scopo di godimento rappresentando il pagamento dei canoni il corrispettivo dell’uso del bene.

L’opportunità del richiamo alla distinzione pretoria tra le due forme di leasing si rileva in quanto il leasing in costruendo oggetto della nostra analisi e disciplinato dal terzo decreto correttivo del codice degli appalti è evidentemente più assimilabile al leasing traslativo: nella fattispecie, infatti, un soggetto finanziatore anticipa all’appaltatore i fondi necessari per eseguire l’opera pubblica e terminata l’esecuzione viene ristorato dalla stazione appaltante con versamento di canoni corrisposti periodicamente.

Tuttavia, appare più corretto parlare di assimilabilità e non totale riconducibilità del leasing in costruendo al leasing tradizionale, ancorché traslativo, in quanto se nel leasing tradizionale il finanziamento può essere in concreto finalizzato al godimento del bene o al trasferimento della proprietà dello stesso, ma in ambedue le ipotesi l’opzione del suo riscatto al termine del rapporto resta una facoltà, nel leasing in costruendo, trattandosi di realizzazione di opera pubblica, il riscatto da parte dell’ente appaltante dell’opera è configurabile, a parere dello scrivente e in conformità a quanto già da taluni commentatori evidenziato, in termini non di scelta, ma di doverosità.[6]

E’ noto che già la Cassazione ebbe modo di esprimersi in tema di leasing traslativo affermando che tale tipologia di contratto presenta elementi tali “da eliminare la libertà di scelta finale ..circa l’acquisto del bene al prezzo di opzione, nel senso di rendere tale soluzione come l’unica economicamente ragionevole per l’utilizzatore sin dalla conclusione del contratto[7].

Tuttavia, non può negarsi che se nell’esercizio della propria autonomia contrattuale le parti possono anche autodeterminarsi nell’adottare scelte lecite, ancorché non economiche, detta libertà resta preclusa ove ad agire è una pubblica amministrazione.

Viceversa, si renderebbe ammissibile una operazione negoziale già oggettivamente preordinata ad essere causa di un illecito contabile per gli amministratori.

Ciò in quanto, ancorché il canone periodico abbia rappresentato geneticamente, per la sua entità, un corrispettivo di una acquisizione futura, residuando un prezzo di opzione finale irrisorio rispetto a quanto già versato con periodicità, non si eserciterebbe una facoltà di riscatto di un bene con evidente illogicità della scelta adottata.

Riscatto diretto all’acquisizione di un’opera che, tra l’altro, ancorché privata, già segue, ai sensi dell’art 160 bis, il regime di opera pubblica ai fini urbanistici, edilizi ed espropriativi anche prima dell’esercizio del diritto di opzione che la rende definitivamente pubblica.

In tal senso appare orientata, altresì, la Corte dei Conti, Sez. Controllo Lombardia, Par. 87 del 13 novembre 2008[8], analizzando il profilo causale dell’istituto del leasing in costruendo.

La Corte, infatti, identificando la finalità dell’istituto nella realizzazione di un’opera pubblica da destinare stabilmente al servizio della collettività con l’ausilio di capitali privati, rileva la presenza di una causa autonoma dello schema negoziale che distingue tale fattispecie negoziale di leasing da quelle tradizionali.

Più precisamente: “la funzione economico sociale che si realizza attiene al vantaggio per la pubblica amministrazione di ottenere la disponibilità immediata di un’opera pubblica funzionale al raggiungimento degli scopi istituzionali senza doverne pagare per intero ed in un’unica soluzione il prezzo di acquisto, con possibilità di traslare parte dei rischi finanziari e di costruzione sulla controparte contrattuale, adeguatamente remunerata, e di generare flussi di cassa positivi derivanti dalla resa di un servizio pubblico efficiente”.

3. Prima di avviare l’analisi della nuova formulazione adottata dal legislatore con l’introduzione dell’art. 160 bis così come oggi prevista dal Codice degli appalti, per completezza, ma soprattutto per meglio comprendere la ratio che ha indotto l’organo legiferante a cristallizzare l’ attuale definizione dell’istituto, risulta opportuno evidenziare come prima degli interventi normativi in materia, molto articolato è stato il dibattito circa la compatibilità del leasing immobiliare pubblico in costruendo con la disciplina in materia di lavori pubblici e diverse sono state le pronunce dell’Autorità di Vigilanza.

Con la determinazione n. 22 del 30.07.2002, in una logica di esclusività della disciplina della normativa in materia di lavori pubblici, l’Autorità escluse che potesse essere legittimo il ricorso ad un modulo procedimentale di realizzazione di una opera pubblica o di pubblico interesse non disciplinato dalla normativa di settore.

Il richiamo normativo a sostegno di tale interpretazione restrittiva era l’art. 19, comma 1 della Legge Merloni 109/1994.

La norma, infatti, disponeva che “ i lavori pubblici di cui alla presente legge possono essere realizzati esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici, salvo i lavori in economia di cui all’art. 24, comma 6”.

Con la deliberazione n. 145 del 23.09.2004, l’Autorità, tuttavia, pur non rinnegando il principio di esclusività del ricorso alle previsioni normative in materia di realizzazione di lavori pubblici, riconobbe l’ammissibilità di una deroga a tali procedure ove norme speciali, dettate dalla necessità e l’urgenza, consentissero di optare al ricorso a strumenti alternativi.

Da menzionare, altresì, la decisione 13 aprile 2005, adottata in merito alla costruzione di un parcheggio interrato da realizzarsi nel centro storico di Lucca utilizzando il leasing in costruendo, per il quale non vi era alcuna normativa di deroga, con la quale l’Autorità, anticipando in modo innovatore rispetto a quanto poi previsto dal legislatore, considerò detta opera un contratto misto, con prevalenza della parte dei lavori e conseguente applicazione della Legge 109/194.

I dubbi, almeno con riferimento alla ammissibilità del ricorso a tale strumento, furono poi fugati dalla Legge 27 dicembre 2006, n. 296, legge finanziaria per l’anno 2007.

I commi 907, 908, 912 e 913 della citata legge, infatti, consentirono l’utilizzo della locazione finanziaria in via generale per la pubblica amministrazione per la “realizzazione, acquisizione e il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità” [9].

Il 31 gennaio 2008 con parere n. 24, l’Autorità, infine, prima della definizione normativa dell’istituto compiuta dal terzo decreto correttivo al Codice dei contratti si espresse in merito anticipando quanto poi sarebbe stato introdotto con gli ultimi aggiustamenti al Codice dei contratti.

Il contratto, infatti, venne qualificato come appalto pubblico di lavori, salvo che gli stessi abbiano carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto principale del contratto medesimo.

Tale è stata la definizione cristallizzata dal D.Lvo 152/2008.

4. L’art. 160 bis, introdotto dal D.lgs n. 152/2008, ad integrazione e modifica del D.lgs 163/2006, Codice dei contratti pubblici, ha sostanzialmente consacrato con talune modifiche quanto già disciplinato con la legge finanziaria per l’anno 2007 – Legge 296/2006 –in tema di leasing in costruendo ed ha conferito copertura normativa alle previsioni già inserite nello schema di regolamento di attuazione ed esecuzione del Codice [10].

L’analisi della norma evidenzia come primo e rilevante elemento di novità la definizione della locazione finanziaria quale appalto pubblico di lavori.

Essa, infatti, recita: “Per la realizzazione, l’acquisizione ed il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità i committenti [11] tenuti all’applicazione del presente codice possono avvalersi anche del contratto di locazione finanziaria che costituisce appalto pubblico di lavori, salvo che questi ultimi abbiano un carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto principale del contratto medesimo”.

La ratio che ha indotto il legislatore all’adozione di tale ultima formulazione trova il suo fondamento nelle numerose osservazioni critiche che sia la dottrina quanto le associazioni di categoria dei costruttori avevano espresso circa la frequente confluenza dell’istituto, a causa di un inquadramento parziale dell’operazione, nel differente appalto di servizi che evidenziava più il profilo finanziario dell’operazione che quello sostanziale della realizzazione di un’opera pubblica.

Più precisamente, il dibattito circa la natura giuridica dell’istituto tendeva secondo alcune opzioni ermeneutiche a ricostruire lo stesso in termini di appalto di servizi con conseguente legittimazione a partecipare alle gare delle sole imprese che svolgono servizi finanziari e con esecuzione dei lavori affidate alle imprese di costruzione scelte direttamente dalle prime.

Orbene, la neo qualificazione giuridica dell’istituto in termini di appalto di lavori, confermando l’orientamento già maturato a seguito della introduzione del comma 908 della legge finanziaria per l’anno 2007,[12] per cui il leasing in costruendo è uno strumento di natura finanziaria, ma comunque finalizzato alla realizzazione di un’opera pubblica, esclude che la gara possa essere gestita come una gara per l’affidamento di un appalto di servizi.

Tale orientamento trova, infatti, la sua argomentazione nella analisi della giustificazione causale prevalente dell’operazione negoziale.

Quest’ultima, infatti, non è limitata come nel tradizionale leasing alla mera acquisizione della disponibilità di un bene per un determinato periodo di tempo, avvalendosi di un finanziamento da parte di una società finanziaria, ma è un leasing finalizzato anche alla realizzazione dell’opera a carico della stessa società finanziaria, salvo il caso in cui i lavori abbiano un carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto principale del contratto medesimo [13].

Si recepisce, dunque, l’orientamento giurisprudenziale che, muovendo dalla configurazione dell’operazione negoziale quale contratto misto, ha ritenuto prevalente la causa della realizzazione dei lavori rispetto a quella del finanziamento ritenendo, pertanto, il leasing solo un mezzo negoziale per conseguire risorse finanziarie [14].

A fronte, tuttavia, di tale chiara definizione numerose restano le perplessità in ordine alla corretto inquadramento dell’istituto.

Se, infatti, il comma 2 dell’art. 160 bis nel disporre che il bando, ferme le altre indicazioni previste dal presente codice, determina i requisiti soggettivi, funzionali, economici, tecnico – realizzativi ed organizzativi di partecipazione, le caratteristiche tecniche ed estetiche dell’opera, i costi i tempi e le garanzie dell’operazione, nonché i parametri di valutazione tecnica ed economico finanziaria dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in coerenza con il principio, oggi introdotto con il comma 4 del novellato articolo 160 bis, per cui a base di gara deve esservi una progettazione almeno preliminare [15], dubbi interpretativi di non facile soluzione emergono dalla lettura del comma successivo.

Ove, infatti, la norma dispone che l’offerente può essere anche una associazione temporanea costituita dal soggetto finanziatore e dal soggetto realizzatore [16], sembra che il legislatore abbia reso ammissibile anche la partecipazione dei soli soggetti finanziatori che sceglieranno, poi, i soggetti realizzatori dell’opera.

Orbene, al di là della circostanza che la disciplina di vigilanza nazionale della Banca d’Italia non sembra consentire a banche e/o intermediari finanziari di assumere rischi atipici rispetto alla loro attività[17], emerge dal contenuto della disposizione una evidente distonia rispetto al comma 1 dell’art. 160 bis che qualifica l’operazione di locazione finanziaria quale appalto pubblico di lavori e una forte contraddizione con il regime degli appalti pubblici ove si legittima, in caso di partecipazione del solo finanziatore, l’affidamento di un lavoro pubblico ad un soggetto svolgente attività diversa rispetto all’oggetto contrattuale.

Sul delicato tema della responsabilità vi è poi da evidenziare come la stessa non sia qualificabile in termini di solidarietà avendo la disposizione mantenuto la responsabilità di ciascuno, soggetto finanziatore e soggetto realizzatore, in relazione alla specifica obbligazione assunta.

Ciò potrà, dunque, determinare che in caso di inadempienza da parte del soggetto finanziatore, ove il suo obbligo è versare il corrispettivo per gli stati di avanzamento del costruttore, sarà il costruttore a dover sostituirsi al pagamento verso se stesso.

Tale regime della responsabilità, tra l’altro, risulta ancor più contraddittoria, in considerazione della novità introdotta dal terzo decreto correttivo, ove si prevede la facoltà per il soggetto finanziatore di avvalersi della capacità di altri soggetti, anche in associazione temporanea con un soggetto realizzatore, dei mezzi necessari per eseguire l’appalto.[18]

Il dubbio, infatti, nasce dal regime giuridico dell’avvalimento di cui all’art. 49 del Codice dei contratti la cui disciplina risulta non propriamente compatibile con la disciplina dettata dall’art. 160 bis.

Nell’avvalimento, in primo luogo, il regime della responsabilità è solidale, mentre nel caso in esame, si è detto, vige il principio per il quale ciascuno è responsabile in relazione alla specifica obbligazione assunta.

E poi, in tal modo, anche ove si volesse ritenere il richiamo all’avvalimento in senso atecnico, ritenendo, al più la norma disciplinante una ipotesi di delega ad eseguire, detta facoltà rende marginale il ruolo dell’impresa confermando l’opzione ermeneutica per cui il soggetto finanziatore potrà concorrere anche individualmente rendendo concrete tutte le perplessità prima avanzate.

Sarà preferibile, pertanto - ammettendosi, dunque, la duplice opzione per l’amministrazione aggiudicatrice di adire una gara diretta o alla individuazione del solo finanziatore, che poi si avvarrà di capacità di altri soggetti, o alla selezione di una ATI verticale - che la stazione appaltante veicoli già in sede di predisposizione del bando la gara per l’affidamento della locazione finanziaria ad una associazione temporanea di imprese di tipo verticale.

Ciò, almeno, in attesa di chiarimenti interpretativi in materia.

La norma, ancora non offre chiarimenti sulla portata dell’assenso che il committente deve esprimere ai sensi del comma 3 dell’articolo in esame.

Si dispone, infatti, che in caso di fallimento, inadempimento o sopravvenienza di qualsiasi causa impeditiva all’adempimento dell’obbligazione da parte di uno dei soggetti costituenti l’associazione temporanea di imprese, l’altro può sostituirlo, con l’assenso del committente, con altro soggetto avente medesimi requisiti e caratteristiche.

Orbene, alla domanda posta da alcune associazioni di categorie, se il rilascio di detto assenso sia totalmente libero o, in coerenza con i principi dell’ordinamento, deve, in caso di diniego essere motivato, ove l’altro soggetto presenti i requisiti richiesti ex lege per il subentro, non si è data risposta.

Un cenno merita, poi, il comma 4 bis, anche per il riferimento al c.d. contraente generale.

Il legislatore ha, infatti, precisato il richiamo all’art. 162, comma 1, lett g), chiarendo che il contraente generale che partecipa alla locazione finanziaria è quello qualificato con il sistema di qualificazione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per le infrastrutture strategiche che può, in tal modo, partecipare anche all’affidamento di lavori non confluenti nella richiamata tipologia.

Altro chiarimento offerto dal nuovo comma 4 quater dell’ art. 160 bis è che l’opera oggetto del contratto di locazione finanziaria può seguire il regime di opera pubblica ai fini urbanistici, edilizi ed espropriativi e può essere realizzata su area nella disponibilità dell’aggiudicatario.

La norma, dunque, consacra il principio per cui anche se l’opera è qualificabile di proprietà privata, fino all’esercizio del diritto di opzione essa è già qualificabile sostanzialmente pubblica ai fini urbanistici, edilizi ed espropriativi [19].

Con riferimento, poi, al regime dei controlli, il comma 4 dell’art. 160 bis, dispone che l’adempimento degli impegni della stazione appaltante resta in ogni caso condizionato al positivo controllo della realizzazione ed alla eventuale gestione funzionale dell’opera secondo le modalità previste.

L’amministrazione, dunque, potrà prima del collaudo e durante tutta la esecuzione dei lavori, espletare il suo controllo attraverso un proprio direttore dei lavori anche se, a parere dello scrivente, ciò, ancorché presenti l’indubbio vantaggio di evitare il sorgere di contenziosi a seguito dell’ultimazione dell’opera, potrà determinare una eventuale corresponsabilità della stazione appaltante in caso di difetto dell’opera.

Ricordiamo, infatti, che essendo il direttore dei lavori un mandatario della amministrazione, quest’ultima non potrà invocare la sua estraneità alla realizzazione dell’opera riducendo così in parte il vantaggio del ricorso al privato per il conseguimento di una opera pubblica chiavi in mano e soggetta solo a verificazione della sua rispondenza a quanto in sede di aggiudicazione richiesto dalla stazione appaltante.

5. Se finora si è analizzato quanto espressamente disciplinato dal codice, così come modificato dal Terzo decreto correttivo, riflettendo su ciò che, invece, non è stato oggetto di definizione normativa, non si può negare che sarebbe stato opportuno da parte del legislatore prevedere una disciplina normativa compiuta relativamente all’esecuzione dei lavori, anche e soprattutto in virtù della trilateralità del rapporto.

Tale assenza di disciplina determina, allora, ancor più una necessità l’inquadramento dell’ istituto in esame al fine di individuarne la normativa applicabile.

L’esame dello stesso conduce a qualificarlo conformemente alla giurisprudenza amministrativa una ipotesi di contratto misto che presenta tanto elementi del contratto di appalto tra soggetto pubblico e appaltatore quanto elementi del mutuo tra società di leasing e appaltatore con accollo dell’ onere di restituzione da parte del soggetto pubblico.

Ne consegue, pertanto, in coerenza con gli orientamenti giurisprudenziali in tema di negozio misto[20], che alla fattispecie contrattuale riconducibile all’appalto sarà applicabile la disciplina sugli appalti pubblici e al contatto di mutuo la disciplina dettata per esso con la peculiarità della presenza di un accollo dell’onere di restituzione da parte della stazione appaltante, secondo la tendenza giurisprudenziale a fondere il criterio dell’assorbimento con quello della combinazione rispettando così la reale volontà delle parti.

6. Analizzata la norma nei suoi contenuti innovativi rispetto alla precedente disciplina contenuta nelle legge finanziaria per l’anno 2007, non può negarsi che l’operazione del leasing in costruendo presenta degli innegabili vantaggi per la pubblica amministrazione in alternativa allo strumento di concessione e gestione con particolare riferimento alle c.d. opere fredde [21].

In primo luogo consente di reperire risorse finanziarie da soggetti privati con innegabili vantaggi anche per i profili finanziari ed economici con particolare riferimento ai vincoli dettata dal patto di stabilità, oltre che ricorrere a professionalità e Know how di privati per la progettazione definitiva ed esecutiva ed i servizi aggiuntivi.

Di poi, l’amministrazione riceve l’opera “chiavi in mano”, in tempi certi e ad un costo certo e definito sin dal momento della aggiudicazione, completa in ogni sua parte, agibile, funzionante, comprensiva di tutti gli impianti e gli allacciamenti, inclusi permessi e autorizzazioni varie all’uso, con la relativa manutenzione (ordinaria e straordinaria), se richiesta dall’amministrazione nei documenti di gara, per tutta la durata del leasing.

Saranno, poi, eliminati i rischi discendenti da perizie suppletive, revisioni prezzi etc. anche perché la società di leasing comincerà ad incassare i canoni solo dopo il collaudo dell’opera.

Ed ancora è innegabile che vi è un trasferimento dei rischi in capo al finanziatore su cui graveranno i rapporti con i terzi.

E’ evidente e ragionevole, tuttavia, che il reale conseguimento di detti vantaggi sarà subordinato ad un corretto esercizio del potere contrattuale da parte amministrazione pubblica che dovrà avere cura di far ricadere, nei limiti di un equilibrato rapporto sinallagmatico, taluni rischi sulla controparte contrattuale.

In tal senso anche la Corte dei Conti [22] ha avuto modo di precisare la necessità di determinare con esattezza gli importi da corrispondere in sede di esecuzione del contratto, la frequenza e la periodicità dei canoni, la durata del contratto, il canone per il riscatto del bene, i corrispettivi di natura non finanziaria, le modalità di corresponsione dei canoni periodici e il loro trattamento contabile nel bilancio dell’ente, l’introduzione di clausole di indicizzazione dei canoni, le penalità nei ritardi nei pagamenti, le modalità di esercizio del diritto di riscatto e le procedure di acquisto del bene, nonché le eventuali condizioni per il recesso unilaterale dal contratto in favore della pubblica amministrazione, nonché una attenta valutazione di ogni clausola che comporti un onere finanziario per l’ente.

Sarà, dunque, opportuno[23] che le amministrazioni facciano svolgere alle società di leasing, proprio per distinguerle dai tradizionali istituti bancari deputati alla concessione di un mero finanziamento, un ruolo di supporto e di tesoreria attraverso il pagamento ai fornitori in tempo reale.

Insomma, dovranno evitare di conferire alle società di leasing e alla relativa operazione connotazioni esclusivamente finanziarie per rendere effettivamente l’operazione una reale attività di partenariato pubblico privato coerente con la recente evoluzione legislativa in materia.


 

[1] Il terzo decreto correttivo al codice degli appalti consacra, infatti, il principio della cooperazione pubblico privato disponendo espressamente con l’integrazione dell’art. 3, (comma 15 ter) che “ Ai fini del presente codice, i “contratti di partenariato pubblico privato” sono contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un’opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso, in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti.

Rientrano a titolo esemplificativo, tra i contratti di partenariato pubblico privato la concessione dei lavori, la concessione dei servizi, la locazione finanziaria, l’affidamento dei lavori mediante finanza di progetto, le società miste. Possono rientrare altresì tra le operazioni di partenariato pubblico privato l’affidamento a contraente generale ove il corrispettivo per la realizzazione dell’opera sia in tutto o in parte posticipato e collegato alla disponibilità dell’opera per il committente o per utenti terzi. Fatti salvi gli obblighi di comunicazione previsti dall’art. 44, comma 1 bis, del Decreto legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31 alle operazioni di partenariato pubblico privato si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat.

[2] Il riferimento è all’art. 1, comma 1 bis, della Legge 241/1990 e ss.mm. che dispone che la pubblica amministrazione agisce, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, secondo le norme di diritto privato salvo che la legge non disponga diversamente.

[3] Le operazioni di leasing oltre a costituire una ulteriore fonte di finanziamento degli investimenti, sicuramente rappresentano un vantaggio per gli enti soggetti al patto di stabilità: mentre con i finanziamenti adottati in modo tradizionale le spese figurano nel loro intero ammontare nel bilancio preventivo, con l’operazione di leasing vi figurano, al contrario, solo per l’importo del canone annuale. Rappresentando, tuttavia, anche tale operazione una forma di indebitamento, la Corte dei Conti ritiene che la stessa sia soggetta ai vincoli costituzionali di destinazione a spese di investimento con conseguente applicazione della disciplina di cui all’art. 30, comma 15, Legge finanziaria 2003, oltre che alla norme sull’indebitamento di cui agli articoli 202 – 204, oltre che 206 del Tuel . Cfr in tal senso Corte dei Conti, Sez. Controllo Lombardia, Par. 87 del 13 novembre 2008, in Diritto e Pratica Amministrativa, IL Sole 24 Ore, n. 12, Dicembre 2008, con commento di G. De Marco: Opere in Leasing: regole su misura per gli enti locali.

[4] Con le pronunce 5569, 5570, 5571, 5572, 5573 e 5574 del 13 dicembre 1989, la Suprema Corte di Cassazione, infatti, individua due sottotipi di leasing: quello tradizionale o di godimento connotato oggettivamente e soggettivamente da una forte imprenditorialità e la cui causa in concreto è di finanziamento avendo il bene l’ attitudine ad esaurire le sue utilità economiche entro un periodo normalmente coincidente con la durata del contratto e il leasing traslativo che oltre a non essere più caratterizzato dall’essere un contratto in via esclusiva soggettivamente imprenditoriale, in quanto l’utilizzatore può anche non essere un imprenditore, è caratterizzato dalla circostanza che la durata del contratto non è più commisurata alla vita economica del bene ma è in funzione di un previsto effetto traslativo.

I canoni, dunque, non costituiscono più il corrispettivo di un godimento, ma rappresentano altresì un acconto del prezzo il cui saldo sarà versato alla scadenza del contratto ove si assuma la decisione di acquisire il bene che ancora residua di un valore economico apprezzabile.

[5] Cfr. Cass., sez. I, 13.12.1989, n. 5570: “ il discrimen tra le due figure di leasing è costituito dalla previsione originaria, ad opera delle parti, di quello che sarà, alla scadenza del contratto, il rapporto tra il valore residuo del bene e prezzo di opzione, in quanto, mentre la previsione di un’apprezzabile eccedenza di valore è rivelatrice di una originaria volontà delle parti volta essenzialmente al trasferimento della proprietà del bene inizialmente concesso in godimento, in presenza, invece, di una previsione opposta deve pervenirsi all’individuazione di una volontà negoziale volta essenzialmente alla sola concessione in godimento del bene.

[6] Tanto che la stessa ANCE ha definito con circolare 22.01.2007, n. 6, l’istituto, a dispetto della terminologia adottata, una tecnica di finanziamento all’appaltatore con accollo dell’onere di restituzione dell’importo finanziato da parte dell’ente appaltante.

[7] Cfr Cass. Sez. III, 19 luglio 1997, n. 6663, nonché Trib. Padova, 2 ottobre 2002, in Giur. Merito, 2003.

[8] Cfr in tal senso Corte dei Conti, Sez. Controllo Lombardia, Par. 87 del 13 novembre 2008, in Diritto e Pratica Amministrativa, IL Sole 24 Ore, n. 12, Dicembre 2008, con commento di G. De Marco: Opere in Leasing: regole su misura per gli enti locali.

[9] Con riferimento alle novità introdotte dalla legge finanziaria 2007 già l’ANCE con circolare 22/01/2007 ebbe modo di commentare la disciplina in materia che, ancorché non esaustiva, venne definita una forma di finanziamento privato di opere pubbliche che nonostante la terminologia adottata per la sua definizione – leasing – si discosta fortemente dal leasing tradizionale ove il riscatto finale del bene è una opzione, mentre nella fattispecie in esame è un dovere non potendo un’opera pubblica restare soggetta ad un diritto reale di un privato.

[10] Che, com’è noto, ha visto il suo iter di approvazione interrompersi a seguito del parere del Consiglio di Stato 3262/2007, sez. consultiva atti normativi, che eccepì, oltre che una assenza di coordinamento con il secondo decreto correttivo al Codice, altresì, previsioni normative che violavano la riserva di legge statale in materia di concorrenza che non ammette in questa materia regolamenti indipendenti. Tra l’altro la stessa Corte dei Conti evidenziò inadeguatezze formali e sostanziali con parere n. 51/I del 26 maggio 2008 come l’avere recepito, senza motivazione, numerose correzioni proposte dal Consiglio di Stato.

[11] La norma precisa, dunque, l’ambito di utilizzabilità dell’istituto esteso a tutti i committenti tenuti all’applicazione del Codice dei contratti – pubbliche amministrazioni, società a capitale pubblico, soggetti operanti nei settori speciali – risolvendo il problema dell’individuazione della nozione di pubblica amministrazione.

[12] Disposizione integralmente confermata anche a seguito del terzo decreto correttivo che così dispone: “Nei casi di cui al comma 1, il bando, ferme le altre indicazioni previste dal presente codice, determina i requisiti soggettivi, funzionali, economici, tecnico – realizzativi ed organizzativi di partecipazione, le caratteristiche tecniche ed estetiche dell’opera, i costi i tempi e le garanzie dell’operazione, nonché i parametri di valutazione tecnica ed economico finanziaria dell’offerta economicamente più vantaggiosa” .

[13] Ipotesi, questa, che oltre ad essere remota trova, comunque, un suo referente normativo nell’art. 14 del D.Lgs 163/2006 e ss.mm. che, disciplinando i contratti misti dispone, secondo un criterio funzionale, che l’oggetto principale del contratto è costituito dai lavori se l’importo dei lavori assume rilievo superiore al 50%, salvo che, secondo le caratteristiche specifiche dell’appalto, i lavori abbiano carattere meramente accessorio rispetto ai sevizi o alle forniture che costituiscono l’oggetto principale dell’appalto. Di conseguenza, la locazione finanziaria potrà ritenersi contratto di servizio se l’importo dei lavori assume rilievo superiore al 50%, ma, in base alle caratteristiche dell’appalto, essi siano comunque meramente accessori.

[14] Il riferimento è alla sentenza, TAR Lazio, sez. I – quater, n. 5993del 4.07.2007 che testualmente dispone: “ ..Va evidenziato che “oggetto del contratto” non è il semplice leasing, bensì il leasing immobiliare, un leasing finalizzato cioè non alla mera acquisizione della disponibilità di un bene per un determinato periodo avvalendosi di un “finanziamento” da parte di una società finanziaria ma anche alla realizzazione dell’opera a carico della stessa società finanziaria. Appare evidente che il ricorso alla locazione finanziaria di per sé non consente la costruzione di un immobile; ne consegue che, ove ciò avvenga, come nel caso in esame, si realizza un indiscutibile abbinamento tra leasing e appalto di lavori. Volendo riconoscere nell’ipotesi in trattazione un “contratto misto”, alla realizzazione dei lavori dovrebbe essere attribuito un ruolo prevalente e, comunque, non potrebbe esserle attribuito un ruolo meramente accessorio…In definitiva, va riscontrato un duplice interesse dell’Amministrazione: l’interesse alla realizzazione di opere dotate di specifiche caratteristiche e l’interesse ad evitare un esborso eccessivo in un’unica soluzione, da intendersi come interesse al finanziamento.

In ogni caso, la disamina di tali interessi- strettamente connessi - non consente di attribuire al finanziamento carattere prevalente rispetto alla realizzazione delle opere”.

[15] Che presuppone l’inserimento dell’opera, con indicazione della modalità di finanziamento nella forma della locazione finanziaria di opera pubblica o di pubblica utilità, nella programmazione annuale e triennale.

[16] Sul tema, tuttavia, ancora la norma non chiarisce se nell’ipotesi di ATI ovviamente verticale che deve assumere il ruolo di mandante e mandatario della stessa.

[17] Cfr, l’art. 106, comma 2, del D.Lgs 385/1993, Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.

[18] ATI che tra l’altro, secondo la posizione di Confindustria, risulta essere l’unica forma ammissibile

[19] Con particolare riferimento al soggetto che sarà tenuto all’espropriazione è preferibile l’adesione all’opzione per cui sia la p.a. e non l’aggiudicatario ad acquisire la funzione di organo espropriante. Ciò garantisce, infatti, sia una maggiore sicurezza della tempistica dell’esproprio che una certezza nei costi dello stesso.

[20] Che secondo la nozione corrente in giurisprudenza presenta la concorrenza di elementi di più negozi tipici che si fondono in un’unica causa.

[21] Cioè le opere destinate, ai sensi dell’art. 143, comma 9 del Codice degli appalti, alla utilizzazione diretta della pubblica amministrazione, in quanto funzionali alla gestione dei servizi pubblici.

Più precisamente, distinguendo tra opere che possono prevedere l’erogazione di servizi a favore della stessa p.a. o dei cittadini utenti, ad esempio ospedali, e opere in cui sia assente o scarso l’aspetto gestionale e/o per le quali sia più complesso prevedere l’erogazione di servizi a carico del privato ( scuole, carceri, uffici pubblici), proprio per tale ultima tipologia di infrastruttura il leasing in costruendo può essere maggiormente indicato. Infatti la remunerazione del privato realizzatore dell’opera non sarà costituita dal servizio reso, ma dal canone corrisposto alla società di leasing per ottenere la proprietà definitiva della infrastruttura. Cfr. in tal senso: La locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità e il partenariato pubblico privato, Maggio 2008, a cura di UTPF (Unità Tecnica Finanza di progetto) - Comitato Interministeriale della Programmazione Economica – Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[22] Cfr parere Corte dei Conti, Sez. Controllo Lombardia, Par. 87 del 13 novembre 2008, in Diritto e Pratica Amministrativa, IL Sole 24 Ore, n. 12, Dicembre 2008, con commento di G. De Marco: Opere in Leasing: regole su misura per gli enti locali.

[23] Cfr. in tal senso: La locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità e il partenariato pubblico privato, Maggio 2008, a cura di UTPF (Unità Tecnica Finanza di progetto) - Comitato Interministeriale della Programmazione Economica – Presidenza del Consiglio dei Ministri.


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