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Giurisprudenza
n. 2/2007 - © copyright

STEFANO GLINIANSKI*

Collaborazioni coordinate e continuative, alta qualificazione
della prestazione ed esperti di provata competenza

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SOMMARIO: 1. Premessa; 2. La collaborazione coordinata e continuativa quale ipotesi specifica di lavoro autonomo. Considerazioni critiche; 3. Il ricorso alle CO.CO.CO. alla luce dell’art. 32 del Decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 convertito con modificazioni dalla Legge 4 agosto 2006, n. 248. Precisazioni in ordine all’alta qualificazione della prestazione da parte dell’esperto di provata competenza.

1. La circolare del Dipartimento della Funzione pubblica n. 5 del 21 dicembre 2006 indicante le linee di indirizzo per la pubblica amministrazione in materia di affidamenti di incarichi di collaborazione sia occasionale che coordinata e continuativa pone all’attenzione dell’interprete e degli operatori diverse problematiche sovente di non facile ricostruzione.

Più precisamente, avendo la citata circolare precisato che gli incarichi individuali, conferiti con contratti di lavoro autonomo, sia di natura occasionale che della tipologia inquadrabile nella fattispecie della collaborazione coordinata e continuativa, possono essere conferiti solo ad esperti di provata esperienza e alla presenza di determinati presupposti, tra cui l’alta qualificazione della prestazione richiesta temporaneamente, ha sostanzialmente avallato la tesi interpretativa per cui la lettera dell’art. 32 del Decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 convertito con modificazioni dalla Legge 4 agosto 2006, n. 248, ha limitato il ricorso alle CO.CO.CO. solo per prestazioni qualificate di elevata specializzazione.

E’ evidente che la circolare in esame, definibile quale circolare di tipo interpretativo, assume quale logico presupposto alle sue argomentazioni l’adesione alla tesi per cui le collaborazioni coordinate e continuative sono, utilizzando un termine sovente abusato, ma sempre efficace, una peculiare species del più ampio genus del lavoro autonomo.

Ed è proprio questa equiparazione, a parere dello scrivente, il punto quanto meno discutibile.

2. La normativa vigente infatti, avendo disciplinato in modo descrittivo soltanto le due tipologie del lavoratore subordinato (art. 2094 c.c.) - che è definito colui che si impegna, a fronte di una retribuzione, a prestare il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore - e del lavoratore autonomo – (prestatore d’opera, materiale ed intellettuale articoli 2222 c.c. e ss) - descritto come colui che senza vincolo di subordinazione rende un’opera, materiale o intellettuale o un servizio con la prevalenza del proprio lavoro – ed essendosi limitata ad un mero richiamo (art. 409 del c.p.c. n. 3) alle CO.CO.CO quali rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione continuata e coordinata, prevalentemente personale, ha, ormai da tempo, determinato il dibattito, rimasto insoluto, almeno sino ad oggi, sul se le CO.CO. CO. siano o no assimilabili al lavoro autonomo o rappresentino un tertium genus di inquadramento professionale a metà tra l’autonomia e la subordinazione e su quali siano gli elementi di distinzione rispetto al lavoro subordinato.

Utile, ai fini della presente analisi, è il richiamo ad alcuni interventi giurisprudenziali in materia tendenti ad inquadrare alcuni elementi tipici della subordinazione la cui presenza è stata ritenuta non contrastante con la ricostruzione di un rapporto quale di CO.CO.CO.

La giurisprudenza, infatti, esclude dal qualificare rapporti di lavoro subordinato le ipotesi di collaborazione coordinata e continuativa i cui contratti di lavoro dispongano previsioni di orario di servizio, la possibilità di ricevere da parte del collaboratore direttive specifiche da parte dei diversi componenti l’amministrazione, l’ insediamento stabile nell’ambito della struttura secondo orari determinati e in genere altri oneri contrattuali che, a ben vedere, tendono, a volte anche in modo pregnante, a ridurre il grado di autonomia del lavoratore nell’esercizio delle sue prestazioni professionali [1].

Orbene, si evince dalle sentenze richiamate che, pur se nelle CO.CO. CO. è assente il fonte vincolo di soggezione presente nel lavoro subordinato comunque le stesse possono presentare previsioni di vincoli organizzativi, direzionali e funzionali anche di un certo rilievo contrastanti con una nozione di autonomia, che per definizione rifugge da forme più o meno ampie di controllo o di soggezione alle regole dettate da un datore di lavoro.

Tali motivazioni hanno indotto alcuna giurisprudenza [2] e da ultimo anche la Corte dei Conti [3] ad ipotizzare la c.d. parasubordinazione quale ipotesi distinta dal più ampio genus del lavoro autonomo e la sua identificazione come categoria mediana tra il rapporto di lavoro subordinato e le prestazioni professionali autonome.

Tesi alla quale aderisce lo scrivente.

3. Tanto premesso, il legislatore ha inteso, tuttavia, non avallare tale opzione ermeneutica e l’art. 32 del Decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 convertito con modificazioni dalla Legge 4 agosto 2006, n. 248, conferma ciò indicando la CO.CO.CO quale tipologia di lavoro autonomo e imponendo il rispetto per il conferimento anche di tali incarichi di alcuni parametri tra cui l’elevata professionalità del destinatario dell’incarico e l’alta qualificazione della prestazione a lui richiesta.

Da ciò l’interrogativo sul se le CO.CO.CO possono essere conferite anche per esigenze ordinarie o prive di specifica competenza.

E’ evidente che la risposta non può che essere negativa, stando al disposto normativo.

Tuttavia, tale negazione impone una riflessione per evitare estremizzazioni lesive poi del regolare funzionamento degli enti.

I due paletti individuati nel ricorso alle CO.CO.CO per soggetti qualificabili “esperti di provata competenza” le cui “prestazioni siano..altamente qualificate” non impone, a parere dello scrivente l’obbligatorio ricorso a soggetti che come afferma il Ministero dell’Interno – Direzione centrale - nel suo parere n. 15700 5BO 2006, 286 rappresentino profili professionali il cui ordinario accesso richieda il possesso di titoli di studio superiori (laurea) escludendo, così, tutte le categorie professionali che tale titolo di studio o equipollente non hanno conseguito.

La motivazione viene, oltre che dalla logica, altresì dalle declaratorie contrattuali.

Dalla logica, per la circostanza che l’essere particolarmente competenti e, di conseguenza, espletare prestazioni altamente qualificate non significa essere necessariamente titolari di un titolo di studio superiore (si pensi, a titolo esemplificativo, a particolari artigiani o operai o tecnici informatici specializzati in determinati settori le cui prestazioni sono caratterizzate dalla alta qualificazione).

Dalle declaratorie contrattuali del CCNL 31.03.1999, la cui lettura dimostra come sovente la specializzazione non contrasta con l’appartenenza a profili professionali il cui accesso non impone titoli di studio superiori.

Ne discende, pertanto, che fermi restando i presupposti richiesti dalla legge per legittimante arginare il ricorso a forme alternative di impiego diverse rispetto alla subordinazione, gli stessi siano interpretati in modo coerente con il sistema entro cui dovranno essere resi operativi.

 

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(*) Segretario generale e direttore generale  Comune di Sanremo (IM).

[1] Cfr Tar Molise, 19.04.1988, n. 48; Tar lazio, sez. II, 25.05.1992, n. 1383;  Cds sez. V, 15.06.1992, n. 556 e CdS, sez. V, 1.4.1993, n. 456, Cass. Sez. Un. 20.12.1993, n. 12601, CdS, sez. V, 29.10.1994, n. 1225, Tar Emilia Romagna, sez. II 21.02.1996, n. 40, CdS sez. V, 6.12.1994, n. 1459. In dottrina, cfr. R.Salomone, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni a cura di Carinci e Zoppoli, p. 621 e ss.

[2] Cfr Cass. Sez. Un. 10.04.1997, n. 3129 e Cass. 20.03.1985 n. 2033 in FI 1985, I, 1652.

[3] Cfr Corte dei Conti, Sezioni Riunite, Ad. 15 febbraio 2005, ove espressamente ritiene i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa in posizione intermedia fra il lavoro autonomo proprio dell’incarico professionale e il lavoro subordinato..rapporti quindi utilizzabili per le esigenze ordinarie proprie del funzionamento delle strutture amministrative..”

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