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DIEGO FODERINI
(Segretario e Direttore Generale del Comune di Affi – VR)
Rinascita del federalismo territoriale, riforma dell’ordinamento delle autonomie locali e ridefinizione del ruolo del segretario comunale
Par. 1 I principi ispiratori della riforma delle autonomie locali. L’assetto odierno delle autonomie locali non è probabilmente quello definitivo. Troppo numerosi ed evidenti sono gli scompensi che la concreta applicazione della recente normativa ha determinato. L’individuazione dei principi ispiratori dell’attuale processo di riforma e l’esame degli effetti negativi prodottisi, mediante una panoramica ampia ma nello stesso tempo anche sintetica della situazione attuale, può costituire la base utile all’individuazione dei possibili correttivi da introdurre.
I principi in questione sono così sintetizzabili (trattandosi di principi, si eviterà il rinvio alle eventuali specifiche norme che ne sono espressione):
- attribuzione di nuovi e più ampi poteri a Province e Comuni. Il riconoscimento di maggiori poteri deriva in gran parte dall’introduzione dell’elezione diretta del Sindaco e del Presidente della Provincia (i quali divengono così immediata espressione della volontà popolare), e dalla previsione di un sistema elettorale che premia la lista o le liste vincenti in termini di assegnazione di seggi nel Consiglio comunale o provinciale. Il notevolissimo rafforzamento della capacità rappresentativa del Sindaco e del Presidente della Provincia, unitamente alla maggiore governabilità derivanti dalla riforma del sistema elettorale, costituiscono fattori che Comuni e Province utilizzano come leve per l’attribuzione di sempre maggiori poteri e competenze;
- assegnazione di un ruolo centrale, tra gli organi politici (Sindaco o Presidente, Giunta e Consiglio), al Sindaco ed al Presidente della Provincia, intendendosi così favorire un’attività indirizzata con decisione al raggiungimento degli indirizzi e degli obiettivi stabiliti e quindi alla soddisfazione dell’interesse della collettività locale. Gli organi collegiali, per loro stessa natura, non sono invece ritenuti idonei allo scopo. La Giunta comunale adempie ad un semplice ruolo di collaborazione con il Sindaco e con il Presidente della Provincia nel governo dei rispettivi enti ed è composta di Assessori nominati, e revocati, dal capo dell’amministrazione secondo criteri di carattere fiduciario. Il Consiglio comunale possiede invece una competenza ristretta limitata agli atti fondamentali espressamente enumerati dalla legge. Il capo dell’amministrazione, in forza del sistema elettorale relativo agli enti locali, potrà comunque contare sull’appoggio del Consiglio;
- centralità del Comune e della Provincia nell’organizzazione pubblica, al fine di favorire la realizzazione del principio di sussidiarietà verticale ed orizzontale. Tali enti, in virtù della loro maggiore vicinanza con i cittadini, infatti, sono in condizione di coglierne meglio i bisogni e le esigenze e di sollecitarne la partecipazione e l’intervento attivo in ambiti tradizionalmente pubblici;
- limitazione dei mandati a Sindaco o Presidente della Provincia. Le stesse persone fisiche non possono occupare la medesima carica per più di due mandati consecutivi. La limitazione assolve ad una duplice finalità, intendendo da una parte impedire il consolidarsi di posizioni di potere eccessive conseguenti all’elezione diretta e dall’altra favorire il ricambio dei vertici locali contro il professionalizzarsi dell’attività politica. Il divieto è dunque principalmente ideato e strutturato come un contrappeso alla crescente autonomia di Comuni e Provincie, a garanzia dell’unitarietà ed indivisibilità dell’ordinamento;
- responsabilizzazione delle autonomie locali sotto il profilo economico e finanziario. La finanza degli enti locali è sempre più basata su entrate proprie, di natura sostanzialmente tributaria, piuttosto che su trasferimenti erariali, provenienti cioè dallo Stato. Quanto più l’ente sarà gestito in modo efficace, efficiente ed economico tante più risorse saranno disponibili per la realizzazione di opere pubbliche e per il perseguimento degli obiettivi prospettati con il programma elettorale. Gli amministratori locali dovranno rispondere di fronte alla collettività che li ha eletti dei tributi e delle aliquote imposte in rapporto ai risultati ottenuti in termini di servizi resi e di prestazioni erogate;
- abrogazione delle norme che imponevano, con carattere generale, modelli organizzativi predefiniti, assegnando ai singoli enti il compito di predisporre l’organizzazione interna ritenuta maggiormente idonea al perseguimento degli interessi della collettività locale e quindi dei programmi risultanti dal programma elettorale. La legge si limita a stabilire solamente gli elementi essenziali che debbono caratterizzare tutti gli enti locali, qualunque sia la struttura organizzativa adottata. Così, ad esempio, tutti gli enti debbono obbligatoriamente possedere un Segretario comunale o provinciale, per l’assolvimento dei compiti che la normativa gli assegna. Per il resto, Comuni e Province non rinvengono praticamente altra limitazione che quella derivante dalle proprie disponibilità e capacità finanziarie. La competenza alla definizione dell’organizzazione dell’ente spetta principalmente alla Giunta comunale, che vi provvede attraverso il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi. L’assegnazione della competenza alla Giunta, anziché al Consiglio, consente di introdurre nell’organizzazione, in modo rapido ed agevole, gli adeguamenti ed anche le modifiche sostanziali che si ritengano necessarie od opportune. La struttura organizzativa adottata dall’ente acquisisce quindi carattere flessibile;
- soppressione pressoché totale dei tradizionali controlli amministrativi di legittimità sugli enti locali mediante l’abolizione del visto di legittimità del Segretario comunale ed il ridimensionamento della competenza dei Comitati Regionali di Controllo. Ciò sul presupposto che il riscontro della legittimità sui singoli atti e provvedimenti amministrativi competa all’autorità giudiziaria e non alla struttura burocratica, la quale ha invece il diverso compito di raggiungere in modo legittimo gli obiettivi stabiliti dall’autorità politica dell’ente di appartenenza per il soddisfacimento degli interessi della collettività amministrata. Si afferma in questo modo molto chiaramente il primato degli organi rappresentativi, in quanto democraticamente eletti o comunque espressione della collettività di riferimento, su quelli burocratici. E’ l’autorità politica a porre gli obiettivi ed a verificarne il raggiungimento da parte della dirigenza;
- introduzione del controllo di gestione, dei controlli interni e di altri strumenti di verifica e monitoraggio dell’attività svolta dai dirigenti, mutuandoli dall’esperienza privatistica ed adattandoli alle specificità del contesto pubblico. La verifica di legittimità degli atti e dei comportamenti adottati non assume rilievo autonomo ma si svolge nel contesto della valutazione dell’attività di perseguimento degli obiettivi assegnati, acquisendo così un significato sostanziale diverso da quello attribuitogli dalla precedente normativa. Un atto od un comportamento perfettamente legittimo potranno così essere valutati negativamente qualora siano stati la causa o la concausa del mancato raggiungimento dell’obiettivo, sempre che il funzionario avesse la possibilità di adottare un diverso atto o comportamento anch’esso perfettamente legittimo ma maggiormente idoneo al raggiungimento dello scopo. La legittimità degli atti adottati e dei comportamento tenuti sono dunque il presupposto indefettibile per la valutazione positiva dell’operato del dirigente;
- garanzia della legittimità dell’azione amministrativa degli enti locali, a seguito della soppressione delle tipologie di controlli previsti dalla normativa precedente, mediante l’affermazione e la traduzione in numerose normative di settore, del principio di netta separazione tra funzioni di natura gestionale, di competenza dei dirigenti, e funzioni di indirizzo e controllo, spettanti agli organi rappresentativi della popolazione. La gestione riguarda le attività e gli atti che debbono essere posti in essere in forza di legge o per il perseguimento degli indirizzi e degli obiettivi assegnati. Gli unici apprezzamenti discrezionali ammessi sono quelli finalizzati a stabilire l’opportunità di adozione dell’atto, quando lo stesso non risulti necessario in forza di legge, nonché la ricorrenza dei presupposti e dei requisiti prescritti dalla normativa. Mediante l’attività di indirizzo, invece, gli organi politici scelgono gli obiettivi da perseguire tra quelli possibili e legittimi (ad es. la realizzazione di una strada piuttosto che di una palestra), assegnandoli ai dirigenti per il concreto perseguimento. L’attività gestionale è riservata alla competenza esclusiva dei dirigenti, senza possibilità di intervento sostitutivo del Sindaco, del Presidente o degli Assessori delegati. Si vuole in questo modo garantire che la gestione, vale a dire l’attività amministrativa specifica e concreta avente incidenza sulla sfera giuridica dei singoli, si svolga in modo neutrale ed imparziale. I dirigenti, infatti, si qualificano innanzi tutto per le loro competenze specialistiche, accertate mediante il corso-concorso, il concorso o la selezione che è necessario aver superato per acquisire la qualifica. La conformità a legge ed alla normativa applicabile del loro operato dovrebbe inoltre essere assicurata dalle numerose responsabilità (disciplinare, amministrativa, civile, contabile e penale, oltre a quella per mancato raggiungimento degli obiettivi), ad essi riferite;
- introduzione dell’amministrazione per attività. La gestione deve svolgersi in modo efficace, efficiente ed economico. Il dirigente non deve preoccuparsi esclusivamente della legittimità dei singoli atti adottati ma deve coordinare la propria azione in modo da perseguire gli obiettivi posti dall’autorità politica. La dirigenza deve quindi poter disporre in autonomia di adeguate risorse umane, finanziarie e strumentali, da organizzare e dirigere. Il mancato raggiungimento degli obiettivi imputabile al funzionario, ne comporterà responsabilità di differente entità sotto il profilo economico e giuridico, in rapporto alla gravità dell’inadempimento. Il rispetto della legge e della norma cessa dunque di costituire il fine esclusivo delle strutture pubbliche per divenire la modalità obbligatoria di erogazione delle prestazioni e dei servizi da fornire all’utenza o comunque il mezzo necessario per perseguire tale fine. Ciò determina il superamento della tradizionale e rigida strutturazione degli apparati pubblici per competenze (mediante la distinzione in settori, aree, ripartizioni od altre articolazioni aventi attribuzioni specifiche in relazione ad ambiti predefiniti di attività), in favore di modelli organizzativi molto più flessibili ed elastici in quanto orientati a fornire al cittadino utilità certe, ovvero prodotti completi e definiti, ovvero ancora risposte completamente esaurienti. E’ nell’ambito di tale logica che nascono prima gli Uffici Relazioni con il Pubblico e poi gli Sportelli Unici (per le attività produttive, per gli espropri, per l’edilizia, ecc.). L’attività degli Sportelli Unici, in particolare, si caratterizza per la trasversalità rispetto alle competenze delle aree, dei settori, delle unità o delle ripartizioni del singolo ente;
- correlazione di una parte considerevole della retribuzione della dirigenza alla capacità di perseguire gli obiettivi assegnati. Tale logica è riferita, mutatis mutandis, anche al personale non dirigenziale. Il ruolo della contrattazione collettiva integrativa, a livello di singolo ente, sotto tale profilo, ne risulta notevolmente ampliato. Tutto il personale diviene così oggetto di processi valutativi di carattere permanente al deliberato scopo di agganciare la progressione giuridica ed economica alle capacità ed ai risultati prodotti nell’esercizio dell’attività lavorativa. Ciò unitamente ad una ulteriore spinta verso la privatizzazione e ad una maggiore flessibilità del rapporto di lavoro. Con riferimento al personale non dirigenziale, in particolare, i contratti collettivi eliminano le precedenti otto qualifiche funzionali ed introducono quattro categorie (A, B, C e D), prevedendo l’esigibilità di tutte le prestazioni riconducibili alla categoria di appartenenza . La catena di comando viene così notevolmente appiattita e semplificata allo scopo di predisporla al raggiungimento degli obiettivi stabiliti, secondo i modelli aziendali. Le piante organiche, per le quali aveva competenza il Consiglio comunale, sono soppresse e sostituite dalle dotazioni organiche, di competenza della Giunta. I dirigenti gestiscono i rapporti con i lavoratori con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro. Circa le forme di reclutamento, il concorso pubblico cessa di essere la regola generale. Gli enti locali possono stabilire discipline differenziate per l’accesso all’impiego vincolate solamente al rispetto dei principi stabiliti dalla legge. La previsione, all’interno di ciascuna categoria, di numerose classi stipendiali, alle quali il lavoratore potrà accedere previa periodica valutazione positiva da parte degli organi preposti, unitamente all’eliminazione dei precedenti impedimenti normativi e contrattuali all’effettuazione di concorsi interni e di selezioni riservate al personale dipendente, rappresentano fattori che dovrebbero contribuire all’incentivazione permanente del personale;
- conferimento al Sindaco ed al Presidente della Provincia della competenza alla nomina dei dirigenti responsabili degli uffici e dei servizi ed al controllo del loro operato, in modo da assicurare il raccordo tra attività di indirizzo e programmazione ed attività gestionale. Il capo dell’amministrazione può sanzionare il dirigente che non sia capace di realizzare gli obiettivi, o che non voglia farlo, con misure diversificate, dal mancato rinnovo dell’incarico, alla mancata attribuzione della retribuzione di risultato, sino ad arrivare, nei casi di particolare gravità, al licenziamento. Al fine di evitare interferenze ingiustificate sull’esercizio dell’attività dei dirigenti, compromettendone l’imparzialità e la legittimità, tuttavia, il Sindaco od il Presidente della Provincia non potranno far valere direttamente la responsabilità dirigenziale ma dovranno basarsi sulle verifiche compiute da organi e servizi di controllo aventi natura tecnica, primo fra tutti il nucleo di valutazione;
- applicazione del principio di separazione tra compiti di indirizzo e controllo e compiti di carattere gestionale anche negli enti privi di dirigenza. Le funzioni dirigenziali saranno in tali enti esercitate dai dipendenti apicali, indipendentemente dalla categoria di inquadramento, nominati dal capo dell’amministrazione. Il Sindaco potrà anche decidere di attribuire la responsabilità gestionale, con riferimento ad uno o più servizi, al Segretario comunale, in coerenza con il ruolo a geometria variabile ad esso assegnato dall’ordinamento. La legittimità e la neutralità dell’azione amministrativa che la separazione tra funzioni gestionali e di indirizzo e controllo dovrebbe garantire inducono invece ad escludere, pur in assenza di una espressa disposizione, che il Direttore Generale possa svolgere attività di natura gestionale. Ciò a meno che le funzioni di Direttore non siano svolte dal Segretario comunale, a motivo delle competenze specialistiche e delle capacità tecniche proprie di quest’ultima figura. A tutela del suddetto principio la legge esclude, ma solo in un primo momento, che il Sindaco o gli Assessori possano assumere la responsabilità degli uffici e dei servizi;
- notevole ampliamento della possibilità di ricorrere a professionalità esterne o ad incarichi dirigenziali a tempo determinato, in relazione alla disciplina contenuta nel regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi e nei limiti posti dalla legge, al fine di agevolare l’attività di perseguimento degli obiettivi stabiliti in caso di carenza all’interno dell’ente di figure idonee;
- obbligatorietà della presenza del Segretario comunale o provinciale presso ciascun ente locale. La legge, tuttavia, gli assegna espressamente funzioni generiche ed indeterminate e, tutto sommato, marginali, comportandone, di fatto, il congelamento. Se ne garantisce, in altri termini, la sopravvivenza ma si attribuisce al Sindaco ed al Presidente della Provincia il potere di riservargli una posizione centrale nell’organizzazione dell’ente e nel perseguimento degli obiettivi localmente determinati o di relegarlo ai margini della struttura, privandolo di qualunque compito significativo, con tutta una gamma di soluzioni intermedie rimesse sempre alla volontà del capo dell’amministrazione. Il Segretario è nominato dal Sindaco e dal Presidente, che lo scelgono tra gli iscritti in un Apposito Albo gestito dall’Agenzia Autonoma per la Gestione dei Segretari comunali e provinciali;
- riconoscimento al Sindaco dei Comuni di media e grande dimensione, con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, ed al Presidente della Provincia della possibilità di nominare un Direttore Generale avente lo specifico compito di realizzare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell’ente. E’ per tale motivo che la nomina è diretta, fiduciaria e non richiede il preventivo esperimento di un concorso o di una selezione. La legge non prescrive alcun requisito minimo, né d’età, né di titolo di studio, né d’esperienza, né di preparazione. Ciò sul presupposto inespresso che eventuali scelte errate comportino la mancata realizzazione del programma elettorale e saranno quindi adeguatamente sanzionate dall’elettorato al quale Sindaco e Presidente sono chiamati a rispondere. Il capo dell’amministrazione può decidere, se lo ritiene, di conferire le funzioni di Direttore Generale al Segretario, indipendentemente dalla popolazione del Comune.
Par. 2 Gli esiti prodotti dalla riforma nei Comuni di maggiori dimensioni e nelle Province. L’applicazione della riforma, ispirata ai principi esposti nel paragrafo precedente, ha prodotto nei Comuni di maggiori dimensioni numerosi effetti indesiderati. Si segnalano di seguito quelli che si ritengono maggiormente rilevanti:
- il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, assegnato dalla legge alla competenza della Giunta al fine di consentirne l’agevole e tempestiva adozione, modifica ed integrazione in corrispondenza con le variabili esigenze organizzative interne, si è frequentemente trasformato in uno strumento che ha consentito all’organo politico di continuare a compiere attività di gestione con riferimento alle materie oggetti di disciplina. Le disposizioni regolamentari possono infatti essere rimaneggiate integralmente od in modo parziale velocemente e senza alcuna limitazione. Tale possibilità ne ha indotto l’utilizzo quale potente mezzo di condizionamento dell’attività dei dirigenti e di tutto il personale dipendente. Il carattere generale ed astratto delle nome regolamentari è quindi non di rado solamente apparente, specie nei Comuni di medie dimensioni.;
- gli strumenti di incentivazione del personale sono stati spesso utilizzati in modo gravemente distorto, in alcuni casi consapevolmente ed a fini clientelari o ad altri scopi, in altri per l’incapacità delle amministrazioni di resistere alle fortissime pressioni sindacali. Con la deleteria conseguenza dell’avanzamento fulmineo e di massa dei lavoratori alle posizioni più elevate, senza alcuna seria verifica delle capacità e del merito e senza alcuna rilevante contropartita in termini di innalzamento della quantità e qualità delle prestazioni lavorative rese. L’interesse pubblico, costituzionalmente riconosciuto, allo svolgimento di procedure selettive comparative aperte a tutti, in modo da garantire a tutti i cittadini in possesso dei requisiti necessari la possibilità di accedere ai pubblici uffici e da consentire alla pubblica amministrazione di individuare il soggetto in possesso delle maggiori capacità ed attitudini in rapporto al posto da ricoprire, ne risulta così inutilmente sacrificato;
- l’incapacità diffusa ed evidente delle amministrazioni di gestire le logiche della contrattazione aziendale ha provocato il considerevole ed ingiustificato aumento degli oneri per il personale, con la conseguente distrazione di quote consistenti di risorse pubbliche da più proficue destinazioni. Si è inoltre riproposta, in termini particolarmente preoccupanti per la velocità di estensione, la c.d. "giungla retributiva e delle carriere", che l’ordinamento aveva cercato in precedenza di estirpare attraverso l’introduzione delle qualifiche funzionali e della regola del concorso pubblico per il passaggio alle qualifiche superiori. Il trattamento giuridico ed economico di lavoratori, pur appartenenti ad un medesimo Comparto di contrattazione ed inquadrati nella stessa categoria e profilo professionale, dipende in misura considerevole dalla semplice appartenenza ad un certo ente piuttosto che ad un altro. Ciò indipendentemente dall’effettivo merito individuale misurato mediante appropriati ed efficienti meccanismi di valutazione. L’assenza dei suddetti meccanismi, o del loro utilizzo, trasforma così le differenziazioni, da possibile potente leva di innovazione ed innalzamento delle prestazioni individuali, in ingiustificata sperequazione tra lavoratori svolgenti attività del tutto analoghe, rendendo illusoria la omogeneità di disciplina posta nel Contratto collettivo nazionale;
- la legge non ha definito gli esatti ambiti di competenza del Direttore generale, del Segretario e della dirigenza nei loro reciproci rapporti, rimettendo tale compito ai singoli enti. Le soluzioni adottate dai Comuni sono le più diverse. La legge , in particolare, attribuisce direttamente al Sindaco, senza neppure la mediazione della normativa regolamentare, il potere di attribuire al Segretario lo svolgimento dei compiti che, volta per volta, ritenga opportuni, potendo anche decidere di conferirgli la responsabilità dirigenziale di uno o più servizi. Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, d’altra parte, in numerosi enti, ha riconosciuto al Direttore Generale, in assenza di una specifica norma di legge che lo vietasse ed in ragione della sua posizione sovraordinata, la capacità di adottare atti di natura gestionale, anche in sostituzione dei dirigenti. La situazione descritta comporta che Segretario, Direttore e dirigenti potrebbero avere competenza in ordine a medesimi atti od attività, senza che tra essi intercorra un rapporto gerarchico. L’assenza di rapporto gerarchico comporta che ciascuna figura risponderà distintamente e separatamente dalle altre del proprio operato. La responsabilità dell’adozione dell’atto o del compimento dell’attività non potrà quindi essere ricondotta al soggetto che si colloca al vertice della struttura, anche se abbia provveduto altro organo ad esso formalmente sottoposto. In tale situazione l’autorità politica potrà esercitare convincenti motivi di pressione sulla figura astrattamente competente in via ordinaria. La mancata adesione alle richieste potrebbe infatti pregiudicare lo stipendio, la carriera e forse anche il posto senza impedire l’adozione dell’atto od il compimento dell’attività da parte di altro organo dello stesso ente;
- la soppressione dei tradizionali controlli di legittimità, di carattere formale, non è stata accompagnata dall’introduzione di strumenti idonei a garantire che l’attività amministrativa intesa al perseguimento degli indirizzi e degli obiettivi si svolga nel rispetto sostanziale della normativa nazionale. Il Sindaco ed il Presidente della Provincia nominano e revocano il Segretario comunale, decidono se avvalersi o meno del Direttore Generale o se conferire le relative funzioni al Segretario comunale, stabiliscono l’indennità da attribuire al Segretario in caso di conferimento delle funzioni di Direttore od il compenso da corrispondere al Direttore esterno, conferiscono ai dirigenti la responsabilità degli uffici e dei servizi e ne determinano quindi, in misura considerevole, la retribuzione. Tali poteri, se da una parte valgono a garantire che l’attività del Segretario comunale, del Direttore Generale e dei dirigenti sia effettivamente intesa al perseguimento degli indirizzi e degli obiettivi stabiliti, dall’altra determina una situazione di forte soggezione delle stesse figure, le quali non sono comprensibilmente ed evidentemente in condizione di garantire l’osservanza della normativa nazionale. Il Segretario comunale, in particolare, nel caso in cui non gli siano state attribuite dal Sindaco le funzioni di Direttore, risulta del tutto sprovvisto di qualunque strumento in grado di incidere efficacemente sull’azione amministrativa dell’ente. La sua opera, in tale ipotesi, è di semplice supporto, dovendo egli svolgere "compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell’ente in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti";
- a fronte dell’assenza di adeguati strumenti di controllo interno, i controlli esterni si riducono sostanzialmente a quelli esercitati dall’autorità giudiziaria, i quali si rivelano del tutto inadeguati. I motivi dell’inadeguatezza sono da rinvenire innanzi tutto nella loro natura successiva, non potendo essi prevenire l’atto od il comportamento illegittimo ed impedirne l’adozione. Il sistema giudiziario, in secondo luogo, è notoriamente ingolfato e con arretrati spaventosi. La prospettiva dell’avvio di un procedimento giudiziario, di natura penale, amministrativa, civile o contabile, non costituisce un deterrente efficace. I ritardi e la lentezza dei processi, unitamente alla altrettanto notoria complessità e contradditorietà della normativa italiana, agevolano anzi frequentemente comportamenti di dubbia legittimità da parte dei funzionari più spregiudicati mentre hanno un effetto paralizzante rispetto a quelli maggiormente rispettosi della normativa;
- la legge riconosce al Presidente della Provincia ed al Sindaco dei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti (salva per i Comuni con popolazione inferiore la possibilità di convenzionarsi sino al raggiungimento della popolazione richiesta), la facoltà di nomina del Direttore Generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato, secondo i criteri stabiliti nel regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi. Il Direttore Generale ha il compito di attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo e di sovrintendere alla gestione dell’ente in modo da perseguire livelli ottimali di efficacia e di efficienza. La scelta del capo dell’amministrazione deve dunque porsi in rapporto agli indirizzi ed agli obiettivi da realizzare. Anche la scelta del Segretario, tuttavia, risulta in rapporto agli stessi indirizzi ed obiettivi. L’incarico del Segretario, infatti, ha durata corrispondente a quella del mandato del Sindaco o del Presidente della Provincia e cessa automaticamente con la cessazione del mandato del capo dell’amministrazione. In questa situazione risulta altissimo il rischio di conflitto tra le due figure, anche in considerazione del ruolo di supremazia, all’interno della struttura burocratica, svolto dal Segretario in virtù della normativa precedente. Né sembra che la soluzione prevista dall’ordinamento, consistente nella disciplina dei rapporti tra Direttore e Segretario da parte del Sindaco o del Presidente della Provincia contestualmente all’atto di nomina del Direttore, possa costituire un rimedio adeguato.
Par. 3 Gli esiti della riforma nei Comuni di minore entità. Le dimensioni della grandissima maggioranza dei Comuni italiani sono ridotte o ridottissime. La riforma ha prodotto su tali enti effetti indesiderati particolari, che si assommano di frequente a quelli provocati negli enti di maggiori dimensioni. In particolare:
- i Comuni di minore entità si trovano nell’oggettiva impossibilità di fruire consapevolmente ed effettivamente della più ampia autonomia riconosciuta. Ciò a motivo essenzialmente della carenza delle risorse finanziarie ed umane necessarie. La pianificazione e programmazione delle attività nel medio e lungo periodo diviene così un fastidioso adempimento imposto dalle diverse normative di settore alle quali occorre ottemperare, ad esempio, in sede di predisposizione del bilancio preventivo o della formazione del piano delle opere. Non sono invece percepite, indipendentemente dalle prescrizioni della normativa, quali fondamentali strumenti per il perseguimento degli interessi strategici, non contingenti, della collettività amministrata;
- le prestazioni finali rese al cittadino sono di qualità scadente od hanno comunque un costo eccessivo. La dimensione territoriale e demografica dei singoli Comuni è spesso insufficiente ad assicurare una gestione efficace, efficiente ed economica. Con la conseguenza che ciascun Comune è impegnato nell’erogazione di servizi e prestazioni per le quali non dispone di personale e di risorse adeguate. Lo stesso personale e le stesse risorse potrebbero invece produrre risultati ottimali laddove venissero gestite con riferimento a più ampi ambiti, producendo considerevoli economie di scala;
- la realizzazione della riforma e l’effettivo potenziamento dell’autonomia dei Comuni ad opera di numerosissime discipline di settore si realizza mediante l’abrogazione implicita di gran parte della disciplina precedente e la sua sostituzione con nuovi corpi normativi, soggetti a continui aggiustamenti. Si tratta di una situazione presumibilmente non temporanea in quanto derivante dalla incessante e rapidissima evoluzione degli interessi pubblici in corrispondenza con la altrettanto continua e velocissima evoluzione delle situazioni oggetto di regolamentazione. Ciò esige una capacità di adeguamento, di orientamento e di analisi che il personale dei piccoli Comuni non possiede né può essergli comunque legittimamente richiesta, non essendo riconducibile alle mansioni della categoria di inquadramento. L’incidenza delle nuove normative nelle realtà più piccole ha anzi prodotto una generalizzata despecializzazione del personale in servizio;
- le spese per il personale sono cresciute in modo consistente in conseguenza soprattutto dell’attribuzione delle indennità contrattuali ai dipendenti incaricati delle posizioni organizzative o della responsabilità degli uffici e dei servizi. Alle maggiori spese non corrisponde una generale ed effettiva conduzione dell’attività secondo principi di imparzialità, legalità, efficacia, efficienza ed economicità. Ne è invece derivato, quasi esclusivamente, un considerevole aumento della pressione della fiscalità locale. Al fine di assicurare anche negli enti più piccoli l’effettività del principio di separazione tra compiti gestionali e di indirizzo e controllo, la legge prescrive l’assegnazione delle funzioni di carattere dirigenziale al personale inquadrato in categoria C o D (corrispondenti alle precedenti VI, VII o VIII qualifiche funzionali). Ma l’assenza, all’interno dell’ente, di dirigenti non costituisce certo un fatto che valga da solo a conferire ai dipendenti apicali presenti, appartenenti per lo più a categorie medio-basse, le capacità necessarie allo svolgimento delle funzioni proprie della dirigenza, essendo le stesse in relazione all’individuo e non al concreto contesto organizzativo dove questo opera. L’attribuzione della responsabilità degli uffici e dei servizi, con o senza riconoscimento delle posizioni organizzative, si risolve dunque frequentemente nell’assegnazione delle funzioni proprie della qualifica dirigenziale a personale collocato in categorie anche ulteriormente inferiori a quella immediatamente sottostante, per il tempo determinato dal Sindaco e non stabilito da alcuna norma di legge o contrattuale. Ciò senza alcuna preventiva ed oggettiva verifica tecnica circa l’attitudine dei dipendenti interessati in rapporto alle funzioni dirigenziali. La procedura di reclutamento dagli stessi sostenuta per l’assunzione nell’ente risulta infatti in relazione alla categoria di effettivo inquadramento e quindi all’assolvimento di funzioni di carattere esecutivo od impiegatizio;
- il personale incaricato delle posizioni organizzative e della responsabilità degli uffici e dei servizi è spesso in possesso di competenze tecniche modeste e l’inesistente o scarsa preparazione professionale allo svolgimento di funzioni dirigenziali lo rende particolarmente sensibile alle pressioni della parte politica. Senza contare che frequentemente uno stesso lavoratore è nominato dal Sindaco responsabile di aree o settori assolutamente eterogenei, con nessun altro dipendente assegnato oltre se stesso. La ristrettezza dei contesti di riferimento, costituiti spesso da qualche centinaio di cittadini, e le scarse risorse a disposizione, rendono praticamente impossibile ogni tentativo di distinzione tra attività di indirizzo e controllo ed attività di carattere gestionale. L’autorità politica, in aggiunta, omette di esercitare l’attività di indirizzo e di controllo più che per effettiva incapacità, per mantenere un forte potere decisionale in relazione ai casi specifici e concreti. Il principio di separazione di funzioni si risolve dunque in una dispendiosa e defatigante duplicazione di atti che da una parte consegna all’autorità politica la potestà decisionale sulle singole situazioni di rilevanza gestionale e dall’altra trasferisce le responsabilità relative al dipendente incaricato, il quale si trova così a formalizzare decisioni assunte da altri ed a doverne rispondere nelle sedi legali;
- il conferimento della responsabilità degli uffici e dei servizi, e quindi l’assegnazione di funzioni di oggettivo carattere dirigenziale a dipendenti comunali inquadrati in categorie sottordinate, seppure espressamente previsto dalla legge e dalla contrattazione collettiva, determina una situazione di conflitto con i principi dell’ordinamento giuridico e con la disciplina comunitaria. In particolare:
- il lavoratore non viene adibito allo svolgimento delle mansioni per le quali è stato assunto, come prescrive la vigente normativa civilistica e la stessa specifica disciplina contrattuale applicabile, ma a mansioni che nella gran parte dei casi sono addirittura ulteriori rispetto a quelle immediatamente superiori;
- l’assegnazione delle mansioni dirigenziali a personale privo della relativa qualifica costituisce l’ordinario mezzo per assicurare la separazione dell’attività gestionale da quella politica di indirizzo e di controllo. Non è quindi in rapporto a situazioni di carattere eccezionale e contingente né è soggetta ad una durata predeterminata dalla legge o dalla normativa contrattuale. Il Sindaco decide se e per quanto tempo conferire le relative funzioni, senza che l’interessato, in alcun caso, possa acquisire definitivamente la qualifica corrispondente alle mansioni superiori attribuite;
- il lavoratore incaricato della responsabilità degli uffici e dei servizi non matura il diritto, neppure per il periodo di effettivo svolgimento, alla retribuzione stabilita per il personale avente qualifica dirigenziale. Ad esso compete invece solamente la retribuzione aggiuntiva onnicomprensiva prevista dalla contrattazione collettiva, per un importo complessivamente molto inferiore a quello spettante alla dirigenza e spesso di poco superiore a quello altrimenti percepito in virtù delle voci del salario accessorio previste per il personale sub-dirigenziale (straordinari, produttività, ecc.);
- il conferimento delle funzioni avviene senza previo esperimento di alcuna verifica tecnica delle attitudini e capacità dirigenziali del soggetto ma per scelta di un organo politico;
- la possibilità di mancato rinnovo dell’incarico alla scadenza, od anche di revoca in un momento antecedente, così come la possibilità di conferimento delle funzioni a soggetti esterni alla struttura comunale, nonché la variabilità del compenso aggiuntivo connesso ai compiti assegnati, da determinare entro l’ampia forbice stabilita dal Contratto, sono fattori che sottopongono i responsabili degli uffici e dei sevizi alla volontà del Sindaco e rendono la separazione di competenze di assai difficile realizzazione. I nuclei di valutazione ed i servizi di controllo interno, laddove istituti, non rappresentano un efficace scudo contro comportamenti arbitrari in quanto per lo più composti da individui di fiducia dell’amministrazione, soggetti anch’essi al mancato rinnovo dell’incarico ed alla revoca. Il compito dei componenti il nucleo consiste molto spesso nel reperire e fornire all’autorità politica gli elementi per giustificare decisioni già assunte;
- a fronte della situazione prospettata, il Segretario comunale non ha gli strumenti per svolgere un ruolo che possa rappresentare un valido correttivo ed una affidabile garanzia per i cittadini ed i dipendenti. Anche nel caso in cui gli siano conferite le funzioni di Direttore Generale, infatti, tutti i poteri gli derivano dal Sindaco, il quale nello stesso modo in cui li ha conferiti può anche decidere di toglierli. La condizione giuridica ed economica del Segretario, così come per i dipendenti, dipende in grandissima parte dalla volontà del capo dell’amministrazione. La possibilità della non riconferma a seguito del rinnovo dell’amministrazione, ed il conseguente collocamento in disponibilità, influisce pesantemente su qualunque decisione e comportamento, determinando un sostanziale ed indiscutibile allineamento con le posizioni del Sindaco;
- situazioni in tutto analoghe e disciplinate dettagliatamente dalla normativa nazionale, risultano considerate e trattate in modo anche molto differenziato in relazione al Comune nel quale si verificano. Non esiste alcun meccanismo che possa garantire l’applicazione uniforme, su tutto il territorio nazionale, di una certa disposizione di legge, neppure qualora l’ordinamento attribuisca ad essa il carattere della tassatività e dell’inderogabilità. Ciò determina a volte gravi disparità di trattamento ed evidenti violazioni del principio di eguaglianza, con nessun altro rimedio per il cittadino se non il ricorso all’autorità giudiziaria, la quale tuttavia non è in grado di fornire risposte in tempi ragionevoli e non rappresenta quindi un valido rimedio. Anche gli standard di qualità delle prestazioni rese ai cittadini variano notevolmente in relazione al Comune di residenza, creando sperequazioni che solo occasionalmente trovano corrispondenza in una pressione tributaria differenziata;
- la normativa non introduce correttivi sufficienti per recuperare l’eccessivo frazionamento delle realtà locali. Le unioni e le altre forme di gestione associata o convenzionata di servizi e funzioni risultano rimesse alla volontà dei singoli enti. La creazione di nuove, più consistenti e razionali entità, d’altra parte, diminuirebbe notevolmente il peso politico e sociale dei Comuni di minore dimensione che in esse decidessero di confluire. Ciò determina, paradossalmente, l’estrema diffidenza od avversione proprio da parte dei Comuni più piccoli e con meno risorse, i quali non rinvengono la propria ragion d’essere in nessuna particolare e fondata motivazione di carattere geografico, storico, culturale o di altra natura. Le pur cospicue incentivazioni finanziarie previste dall’ordinamento non appaiono dunque uno strumento idoneo a determinare un mutamento della situazione su larga scala.
La riforma nei Comuni di minori dimensioni ha dunque determinato un consistente aumento della potestà decisionale degli organi politici, e segnatamente del Sindaco. L’attuazione del principio di separazione tra compiti di carattere gestionale e compiti di natura politica, d’altra parte, ha parallelamente comportato l’attribuzione della responsabilità delle scelte assunte da tali organi, sotto tutti i profili legali, in capo ai responsabili degli uffici e dei servizi. Il Sindaco non rilascia più le concessioni edilizie, le autorizzazioni commerciali, le licenze per l’apertura di pubblici esercizi, né adottata i provvedimenti di aggiudicazione degli appalti pubblici o le ordinanze di demolizione degli abusi edilizi, eppure decide più di prima in quanto possiede tutti gli strumenti per convincere il soggetto competente ad assumere determinazioni conformi a quelle desiderate, senza correre il rischio di poter essere in futuro chiamato a risponderne. Né i funzionari comunali, così come i dipendenti di qualunque ente, pubblico o privato, sono eroi incuranti della propria retribuzione e carriera. La diffusa deresponsabilizzazione dell’autorità politica che ne è derivata ha determinato una pericolosa spinta verso comportamenti illegittimi per i quali, quand’anche venissero rilevati, risulterà molto difficile risalire al responsabile sostanziale al fine dell’applicazione delle sanzioni disposte dall’ordinamento. Lo stesso principio di separazione delle competenze ha subito pesanti colpi ad opera della più recente normativa. Al ricorrere di presupposti molto poco vincolanti, infatti, Sindaco ed Assessori dei Comuni con popolazione inferiore a 3000 abitanti potranno decidere di assumere la responsabilità diretta di uno o più servizi. Ciò determina una situazione gravemente incoerente anche solo sul piano normativo e formale.
Par. 4 Il tramonto del federalismo territoriale ed il sorgere di nuovi centralismi. La riforma ha fornito agli organi rappresentativi delle collettività locali gli strumenti per perseguire gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti. Non ha invece introdotto i correttivi necessari a consentire che l’autonomia di Comuni e Province si sviluppasse in modo coerente con gli interessi generali, come formalizzati nella normativa statale e regionale.
Lo scollamento esistente tra normativa statale e regionale ed interessi reali della collettività ne ha comportato la diffusa percezione quale fattore di inutile rigidità e di ostacolo alla soddisfazione delle esigenze delle comunità locali. La svalutazione, assieme alla normativa, ha riguardato anche i soggetti aventi il compito di assicurarne il rispetto. La figura del Segretario comunale, sotto questo profilo, ha sofferto e soffre per colpe in gran parte non proprie. Anziché agire in profondità sulle cause di inadeguatezza della legge, infatti, l’ordinamento ha preferito colpirne, più sbrigativamente, i rappresentanti.
Il fenomeno di Tangentopoli, l’accelerazione del processo di integrazione dei Paesi aderenti alla Comunità Europea, l’evoluzione del senso civico e culturale medio della popolazione, nonché altri importanti fenomeni hanno determinato la necessità politica, economica e sociale di pervenire velocemente ad un’organizzazione e ad un’azione amministrativa effettivamente orientata al soddisfacimento delle esigenze dei cittadini. Tale finalità è stata perseguita attraverso il forte potenziamento dei poteri delle amministrazioni pubbliche ad essi maggiormente vicine. La riforma che avesse inteso individuare puntualmente la collocazione di Comuni e Province nell’ordinamento italiano, stabilirne esattamente le modalità del raccordo con le altre amministrazioni e disporre i correttivi opportuni per assicurare che la loro attività si svolgesse nel rispetto degli interessi generali, tuttavia, avrebbe richiesto tempi eccessivi rispetto alle attese. Sarebbe stato necessario conferire alla legge, e più in generale alla normativa, quel prestigio che aveva oramai in gran parte perduto. Il fenomeno di Tangentopoli, in particolare, aveva evidenziato il carattere puramente formale ed inefficiente di molte normative e del complesso sistema di controlli in esse previsto. Tali controlli, infatti, pur con la loro rigidità e rigorosità, non avevano impedito il dilagare di comportamenti gravemente illegittimi in numerosissimi ambiti pubblici.
La soluzione è stata rinvenuta, semplicemente, nella cesura di molte delle forme di raccordo, che pure necessitavano sicuramente di essere riviste ed aggiornate al mutato contesto, tra autonomie locali ed autorità centrali. Comuni e Province hanno così guadagnato ampi margini aggiuntivi di manovra senza che l’ordinamento prevedesse meccanismi adeguati ad assicurare la soddisfazione dell’interesse locale entro i limiti consentiti dal prevalente interesse generale, come cristallizzato nella legislazione regionale e nazionale.
Il federalismo territoriale, basato cioè su Comuni e Province, reca così sin dalla nascita il germe della propria fine. L’azione degli enti locali deve necessariamente raccordarsi ed armonizzarsi con gli interessi di rilievo più generale. Gli atti normativi (quali la legge, i decreti, i D.P.R., ecc.), non costituiscono ostacoli da aggirare ma disposizioni da osservare scrupolosamente nel loro significato sostanziale, in quanto espressione di tali interessi.
La sempre più evidente insostenibilità della situazione, che ha di fatto trasformato gli oltre 8100 Comuni italiani, in tante piccole Repubbliche limitate dalle proprie disponibilità finanziarie più che dalla legge, ha determinato la naturale reazione dell’affermarsi di nuove forme di centralismo, prima fra tutte quella di tipo regionale. Controllare 21 Regioni è sicuramente più semplice che controllare una miriade di Comuni e comunelli, molti dei quali piccoli o piccolissimi.
Par. 5 Le possibili soluzioni per impedire il fallimento del federalismo territoriale. In particolare: il ruolo chiave del Segretario comunale e provinciale. La recente riforma degli enti locali è chiaramente ispirata ad un federalismo che si ritiene possa essere a ragione qualificato come territoriale, in quanto fondato sull’azione delle amministrazioni territoriali a diretto e maggiore contatto con i cittadini, Comuni e Province. La concreta realizzazione di tale ipotesi federalista richiede quale indefettibile presupposto che esistano solidi ed efficaci strumenti idonei ad assicurare che l’operato delle autonomie locali si svolga nei limiti consentiti dalla legislazione nazionale e regionale. Occorre cioè garantire che l’interesse locale si realizzi nel rispetto di quello generale, concorrendo anzi al suo soddisfacimento. Ciò costituisce la maggiore e più solida garanzia dell’effettività dei poteri attribuiti e del consolidamento dell’autonomia riconosciuta.
Il Segretario comunale e provinciale ha da sempre costituito la chiave di volta delle amministrazioni locali. I correttivi all’attuale situazione debbono dunque passare per tale figura, a meno che non si intenda ridefinire completamente l’assetto di Comuni e Province.
E’ opportuno chiarire subito che il ruolo tradizionalmente svolto dal Segretario di garante della legittimità, e quindi di soggetto terzo ed imparziale rispetto all’autorità politica dell’ente nel quale svolge la propria attività, è da considerare definitamente superato per un duplice ordine di motivi. Da una parte la recente legislazione ha ridefinito i compiti della figura in modo oramai irreversibile in quanto coerente con i principi fondamentali dell’attuale processo di riforma ed in particolare con l’orientamento impresso all’azione pubblica verso i risultati apprezzabili dalla cittadinanza. Il conferimento di autonomia effettiva a Comuni e Province, in secondo luogo, presuppone che gli stessi enti possiedano le capacità di gestirla in modo appropriato. L’unico soggetto, al loro interno, in possesso delle competenze e delle attitudini necessarie allo scopo è il Segretario comunale. Il ruolo neutro ed imparziale di garante della legittimità svolto in precedenza si pone dunque in irrimediabile conflitto con le nuove ed ineludibili esigenze di Province e Comuni. Tali enti necessitano, non di funzionari che si limitino a riscontrare la conformità a legge dei singoli atti o provvedimenti amministrativi, ma di professionalità che consentano di fruire interamente della maggiore autonomia riconosciuta, attraverso attività sicuramente legittime, ma anche idonee a raggiungere gli obiettivi posti a tutela degli interessi della collettività di riferimento dagli organi rappresentativi (Sindaco, Giunta e Consiglio). Gran parte dei Comuni italiani è di dimensioni piccole o piccolissime, con capacità finanziarie corrispondentemente ridotte o ridottissime. Si tratta, quindi, di enti privi dei mezzi necessari per far ricorso a risorse umane altamente qualificate diverse dal Segretario comunale. Anche nel caso in cui tali risorse fossero disponibili, inoltre, l’orientamento dell’azione pubblica verso i risultati apprezzati dall’utenza ne comporterebbe il prioritario utilizzo per la soddisfazione degli interessi della collettività amministrata. Le considerazioni svolte mantengono quindi la propria validità anche nella prospettiva dell’accorpamento degli enti di minori dimensioni.
Sulla base dei presupposti sopra esposti, si potrebbero ipotizzare i seguenti correttivi:
- assegnazione esplicita al Segretario comunale del compito e della responsabilità del raggiungimento degli indirizzi e degli obiettivi posti dall’autorità politica in modo conforme alla normativa vigente. Il Segretario comunale deve divenire il soggetto responsabile del complessivo andamento della gestione dell’ente, sotto tutti i profili rilevanti, di fronte agli organi politici dello stesso ente ed a tutti gli altri soggetti, interni ed esterni, pubblici e privati;
- riconoscimento espresso della qualifica dirigenziale a tutti i Segretari comunali e provinciali, indipendentemente dall’anzianità di servizio o dalle dimensioni del Comune di appartenenza. Affinché il Segretario comunale possa incidere sull’attività gestionale, assicurandone la finalizzazione al perseguimento degli indirizzi e degli obiettivi stabiliti in modo conforme alla normativa applicabile è necessario che si collochi in posizione di superiorità ma anche di continuità con la struttura burocratica. Eventuali differenti qualificazioni non possono che determinare cesure che compromettono gravemente la possibilità di intervenire efficacemente sull’attività gestionale, com’è attualmente. Il mancato riconoscimento della qualifica dirigenziale pregiudicherebbe dunque la possibilità di responsabilizzare il Segretario sotto il duplice profilo del raggiungimento degli obiettivi assegnati e della legittimità della complessiva azione amministrativa dell’ente. Le differenze nel trattamento giuridico ed economico dei Segretari non potranno che intervenire all’interno della comune qualificazione;
- soppressione della possibilità di conferire la responsabilità degli uffici e dei servizi a dipendenti privi della qualifica dirigenziale. Il Segretario, negli enti sprovvisti di dirigenza, dovrà assommare tutte le competenze e le responsabilità dirigenziali conseguenti all’attuazione del principio di separazione tra attività gestionali ed attività di indirizzo e di controllo in modo da rendere tale principio effettivo ed applicato. Allo scopo si avvarrà del personale dipendente, il quale dovrà essere opportunamente responsabilizzato ed incentivato, ciascuno in relazione alla categoria ed al profilo professionale di appartenenza, mediante l’assegnazione della responsabilità del procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 241/90. Si produrranno così consistenti risparmi di spesa e si consentirà l’introduzione di un’organizzazione più razionale e produttiva, effettivamente adeguata alle dimensioni ridotte o ridottissime di molti Comuni ed all’esiguità delle attività di carattere gestionale in essi presenti. Ciò anche in considerazione del crescente assoggettamento delle attività private non contingentate a denuncia di inizio attività. E’ il caso del commercio e dell’urbanistica, solo per ricordare due settori tra i più importanti. Negli ambiti sottoposti a denuncia, acquisisce rilievo centrale la verifica della veridicità delle dichiarazioni prodotte dagli interessati, risultando invece limitata la necessità di figure dirigenziali. L’attribuzione delle competenze dirigenziali ad un soggetto in possesso della relativa qualifica, dunque, renderà reale quel ruolo forte ed unitario di impulso e di coordinamento nella gestione del quale gli enti locali di minori dimensioni avvertono estrema necessità. Sarà così possibile attuare, tra l’altro, una efficiente ed efficace gestione delle dinamiche contrattuali relative al personale dipendente. Ciò consentirà la piena responsabilizzazione del Segretario in ordine al raggiungimento degli indirizzi e degli obiettivi posti dall’autorità politica in modo conforme alla normativa applicabile. Assumerà quindi, negli enti privi di dirigenza e con esclusivo riferimento all’attività di carattere gestionale, quel ruolo centrale che prima era svolto dal Sindaco (il quale provvedeva al rilascio delle concessioni, delle autorizzazioni, dei nulla osta, dei relativi dinieghi e di tutti gli altri atti oggi di competenza dirigenziale);
- limitazione della responsabilità penale del Segretario per fatti compiuti nello svolgimento od a motivo delle proprie funzioni ad un numero limitato di fattispecie di particolare gravità o che denotino chiaramente il dolo o la colpa grave. Ciò non certo per alleggerire il carico dei tribunali penali o per riconoscere ingiustificabili privilegi, ma per consentire al Segretario di acquisire quella serenità necessaria per operare in modo efficace, efficiente ed economico. Il rischio dell’avvio di estenuanti ed interminabili procedimenti penali, nei quali l’avviso di garanzia equivale a condanna definitiva nei confronti dei dipendenti e della collettività e dove la condanna o l’assoluzione dipendono spesso dagli altalenanti orientamenti della giurisprudenza, produce un grave effetto paralizzante rispetto all’esercizio di quell’attività decisionale connaturata ad una gestione effettivamente orientata al perseguimento degli obiettivi e degli indirizzi assegnati. La semplificazione della normativa avrebbe inoltre un maggiore effetto deterrente, in quanto alla commissione del fatto corrisponderebbe sicuramente, ed in tempi rapidi, l’erogazione della sanzione;
- accorpamento dei Comuni più piccoli, per i quali non sussistano valide ragioni di sopravvivenza, in entità di dimensioni tali da consentire una gestione amministrativa efficace, efficiente, economica ed idonea al soddisfacimento delle esigenze della collettività locale. Gli strumenti utilizzati sino a questo momento dalla normativa, basati essenzialmente sull’incentivazione finanziaria, hanno prodotto risultati del tutto insoddisfacenti. E’ necessario un intervento più incisivo che riesca a coniugare l’autonomia degli enti coinvolti con il perseguimento dell’obiettivo. Dovrà quindi essere abbandonata la strada che rimette la realizzazione degli accorpamenti alla mera volontà degli enti interessati. Si potrebbe ipotizzare, allo scopo, un processo mirato e graduale gestito e coordinato dalle autorità nazionali centrali, suddiviso in più fasi distinte consistenti nell’individuazione degli enti da unificare, nell’assegnazione alle amministrazioni così identificate di un termine per la realizzazione volontaria dell’unione (con il vantaggio di stabilire un’autonoma disciplina all’interno dei principi prestabiliti dalla normativa nazionale e di fruire dei finanziamenti pubblici), nell’intervento in caso di inadempienza di autorità centrali aventi il compito di realizzare l’accorpamento in via sostitutiva;
- riordino generale della normativa statale e regionale riguardante il Comune e la Provincia in modo che risultino con chiarezza ed esattezza i limiti posti alla loro azione, a salvaguardia dei superiori interessi della collettività nazionale e dell’unitarietà ed indivisibilità dell’ordinamento. Ciò consentirà agli enti di acquisire innanzi tutto consapevolezza dell’esatta entità dell’autonomia riconosciutagli e quindi di esercitare in modo appropriato i conseguenti poteri decisionali. Un importante passo in questo senso è stato compiuto con i testi unici in materia di ordinamento delle autonomie locali, di espropri e di urbanistica. Le contraddizioni interne a tali testi, i continui rimaneggiamenti apportati, la sopravvivenza di una miriade di leggi di settore che attendono da tempo di essere coordinate, creano però tuttora una situazione di massima incertezza che da una parte pregiudica la tutela degli interessi generali e dall’altra premia la spregiudicatezza di certi amministratori a danno di quelli rispettosi delle regole;
- eliminazione completa della possibilità di nominare un Direttore Generale diverso dal Segretario comunale nonché della possibilità di conferire le funzioni di Direttore al Segretario. La presenza di due vertici burocratici all’interno di un medesimo ente crea inevitabilmente sovrapposizioni di competenze e quindi incomprensioni e conflitti. Le ragioni profonde del contrasto sono da rinvenire nella sostanziale coincidenza del compito ultimo di entrambe le figure, consistente nella realizzazione degli indirizzi e degli obiettivi stabiliti dall’autorità politica dell’ente. Il Direttore Generale deve quindi essere soppresso perché le attribuzioni ad esso conferite dalla legge costituiscono già patrimonio del Segretario comunale, come è chiaramente denotato dalla nomina e dalla revoca ad opera del capo dell’amministrazione locale;
- contemperamento tra la necessaria dipendenza del Segretario dal capo dell’amministrazione, in relazione al perseguimento degli indirizzi e degli obiettivi, e la altrettanto necessaria autonomia affinché l’attività gestionale si svolga nell’assoluta sostanziale legalità. Tale obiettivo potrebbe essere perseguito attraverso:
- correlazione di una quota consistente della retribuzione, entro limiti minimi e massimi prestabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale, alle valutazioni periodiche compiute dalla Giunta comunale e provinciale circa il raggiungimento degli indirizzi e degli obiettivi assegnati;
- soppressione della decadenza automatica del Segretario alla scadenza del mandato del Sindaco o del Presidente della Provincia. La prospettiva del mancato rinnovo dell’incarico costituisce un fattore che compromette gravemente il rispetto della normativa nazionale nel compimento dell’attività gestionale;
- possibilità per il capo dell’amministrazione di adottare motivato provvedimento di revoca in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi. La revoca, però, potrà essere disposta solamente previo nulla osta da parte di un collegio arbitrale composto da un membro nominato dal Segretario interessato, da un membro nominato dalla Giunta comunale e da un soggetto terzo di indubbia probità e competenza nominato da entrambe le parti di comune accordo o, in mancanza, dal Presidente dell’Agenzia Autonoma Segretari, con funzioni di Presidente (ma ai fini dell’individuazione del Presidente potrebbero prospettarsi numerose altre soluzioni alternative);
- revisione delle modalità di nomina del Segretario secondo quanto ipotizzato al punto successivo;
- previsione espressa e tassativa della obbligatorietà della nomina entro termini certi dalla vacanza della sede di segreteria. Al fine di rendere effettivo l’obbligo, sarà opportuna la previsione di una sanzione pecuniaria a carico del Comune inadempiente per ogni giorno di ritardo. La procedura di nomina potrebbe essere articolata secondo i seguenti passaggi essenziali:
- possibilità per il Sindaco ed il Presidente della Provincia di individuare direttamente il Segretario da nominare. La nomina sarà subordinata alla positiva verifica, in capo al Segretario individuato, ad opera dell’Agenzia, del possesso dei requisiti prescritti dalla legge e dalla contrattazione collettiva per la titolarità dell’ente in questione. L’atto di nomina dovrà essere opportunamente motivato rendendo conto della sussistenza di un adeguato rapporto di congruità tra le competenze, le attitudini e le capacità del Segretario individuato, quali risultanti dal relativo curriculum, ed i programmi e gli obiettivi da realizzare. Non sarà invece necessaria la motivazione comparativa. La responsabilizzazione di Sindaci e Presidenti di fronte al proprio elettorato costituisce un fattore che induce a ritenerla superflua;
- in caso di mancata individuazione diretta, l’Agenzia, su richiesta del capo dell’amministrazione o d’ufficio, provvederà alla pubblicizzazione della sede vacante, in modo che tutti i Segretari in possesso dei requisiti necessari per la nomina presso l’ente di cui si tratta possano proporre al capo dell’amministrazione, entro termini prestabiliti, la propria candidatura;
- in mancanza di individuazione diretta, in assenza di candidature o nel caso in cui l’ente non si decida alla nomina entro i termini prescritti, l’Agenzia nazionale o regionale, su richiesta del capo dell’amministrazione o d’ufficio, trasmetterà all’amministrazione interessata una terna di nominativi, fra i quali dovrà essere scelto il soggetto da nominare. In caso di ulteriore inadempienza, ferme le sanzioni pecuniarie del caso e le altre misure a carico degli organi responsabili, l’Agenzia provvederà alla nomina in sostituzione, la quale spiegherà gli stessi effetti di quella effettuata dal capo dell’amministrazione;
- il Segretario nominato (in modo diretto od in quanto compreso nella terna proposta dall’Agenzia ovvero ancora nominato in via sostitutiva dall’Agenzia), potrà rifiutare la nomina solamente quando la sede del Comune o della Provincia disti oltre una certa distanza, da stabilire, dal Comune di residenza. Ciò salvo il caso, da valutare da parte dell’Agenzia, di collegamenti particolarmente disagiati o di particolari situazioni personali. In assenza di validi motivi, l’Agenzia dovrà disporne la cancellazione dall’Albo;
- assoggettamento dell’attività gestionale del Comune a verifica periodica intesa ad accertarne la legittimità. La competenza al controllo potrebbe essere svolta dalle attuali Agenzie del territorio o da altri organismi da individuare, o da istituire, espressione delle autorità nazionali. Il controllo dovrà riguardare l’intera attività gestionale dell’ente, della quale il Segretario comunale e provinciale sarà il responsabile ultimo. Il controllo dovrà essere incentrato esclusivamente sulla legittimità degli atti adottati e delle attività intraprese senza alcuna possibilità di valutazione in rapporto ai programmi ed agli obiettivi stabiliti dall’autorità politica, salvaguardando così l’autonomia degli enti locali;
- responsabilizzazione del Segretario comunale per la legittimità dell’attività gestionale attraverso la previsione di sanzioni differenziate, in relazione alla gravità ed alle concrete circostanze, per il caso di riscontrate illegittimità od irregolarità. Le sanzioni potranno avere natura pecuniaria e comportare anche, nel caso di gravi o reiterate violazioni di legge, la revoca dall’incarico presso il Comune e la Provincia. La competenza alla loro erogazione non dovrà spettare al Sindaco od al Presidente della Provincia ma al soggetto pubblico avente il compito di eseguire i controlli od all’Agenzia Segretari, alla quale detto soggetto dovrà rimettere gli atti per l’adozione dei provvedimenti di competenza. Quest’ultima soluzione risulta preferibile perché riesce a coniugare la necessità del controllo con l’autonomia degli enti locali. L’Agenzia dovrà essere composta in modo paritario da rappresentanti dei Segretari e dei Sindaci e presieduta da un soggetto terzo di indubbia moralità e competenza, di nomina ministeriale. L’operato dell’Agenzia, per quanto attiene all’espletamento delle funzioni in discorso, dovrà essere soggetto a vigilanza del Ministero dell’Interno;
- incentivazione della mobilità del Segretario comunale e provinciale, anche mediante la creazione di un mercato delle professionalità che valorizzi i più capaci e costituisca motivo di miglioramento per tutti. La mobilità costituisce un mezzo che consente l’acquisizione di nuove esperienze e quindi il perfezionamento e potenziamento delle attitudini gestionali, impedendo altresì il consolidarsi di pericolose posizioni di potere. Ciò si pone in linea con la legislazione più recente, la quale sembra averne acquisito appieno il valore. Sarà semmai opportuno che la normativa incentivi il maturare di esperienze temporanee anche presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle comunali e provinciali, permettendo così un utile raffronto con sistemi organizzativi e gestionali di differente natura. Un valido strumento per rendere effettiva la mobilità potrebbe essere costituito dal riconoscimento al capo dell’amministrazione della possibilità di offrire al Segretario in carica un compenso una tantum, entro importi predeterminati dalla normativa, per incentivarne l’uscita volontaria dall’ente, e della possibilità di riconoscere al Segretario che si intende nominare, allo scopo di ottenerne l’accettazione, un compenso aggiuntivo, avente anch’esso carattere eccezionale ed una tantum contenuto entro i limiti stabiliti dalla normativa;
- potenziamento, contestualmente allo snellimento delle strutture burocratiche, della Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione Locale. L’attività della Scuola, in particolare, dovrà svolgere un ruolo strategico nell’assicurare quella formazione continua del Segretario comunale che costituisce l’indefettibile presupposto per renderlo adeguato alle nuove esigenze delle autonomie locali. Al tal fine sarà opportuno che la partecipazione dei Segretari alle attività formative condizioni, entro limiti da stabilire, le progressioni economiche e di carriera. Dovranno però essere introdotti strumenti idonei ad assicurare la qualità dei corsi organizzati;
- mutamento della denominazione del Segretario comunale e provinciale in quella di "Direttore territoriale". Una differente denominazione si rivela oramai necessaria in corrispondenza con il radicale cambiamento delle funzioni assolte. L’espressione Direttore territoriale qui proposta ha il pregio di evidenziare sinteticamente il ruolo assolto dalla figura di Responsabile della complessiva gestione degli enti territoriali, Comuni e Province. Ne renderebbe inoltre chiaro il compito di perseguimento degli indirizzi e degli obiettivi posti dall’autorità politica locale nel rispetto della normativa di rilievo regionale e nazionale applicabile.
Merita rilevare, infine, che le funzioni ed i compiti del Segretario comunale e provinciale, in quanto intesi ad assicurare che gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti da Sindaci e Presidenti per il soddisfacimento degli interessi locali si realizzino nel rispetto sostanziale della normativa nazionale, e quindi che l’autonomia di Comuni e Province si sviluppi in modo coerente e conforme agli inderogabili principi dell’unitarietà ed indivisibilità dell’ordinamento, restano soggetti alla disciplina della legge. Ciò anche a seguito della riforma costituzionale conseguente al referendum del giorno 7 ottobre 2001.