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Articoli e note

n. 12/2003  - © copyright

ANDREA FERRUTI (*)

La conferenza di servizi

Prime osservazioni sul progetto di riforma

SOMMARIO1. Premessa; 2. Il disegno di legge n. C-3890 della XIV legislatura; 3. Breve nota metodologica; 4. Articolo 14, legge 241/1990; 5. Articolo 14-bis, legge 241/1990; 6. Articolo 14-ter, legge 241/1990; 7. Articolo 14-quater, legge 241/1990; 8. Articolo 14-quinquies, legge 241/1990; 9. Ulteriori osservazioni.

 

1. Premessa

La conferenza di servizi (d’ora in avanti denominata anche, per brevità, “conferenza”) è attualmente disciplinata, in via generale, dagli artt. 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater, legge 7 agosto 1990, n. 241, modificati da ultimo dagli artt. 9, 10, 11 e 12, legge 24 novembre 2000, n. 340.

Ulteriori disposizioni di rilievo sono contenute nell’art. 14, legge 340/2000 che, nel primo comma, provvede all’abrogazione dell’art. 7, commi da 7 a 14 (relativi alla conferenza), della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni e, nel secondo comma, generalizza la pubblicità dei lavori di conferenza sia nella fase iniziale sia in quella finale.

2. Il disegno di legge n. C-3890 della XIV legislatura

L’insieme di tali disposizioni e, più in generale, l’intera legge 241/1990 sono oggetto di un disegno di legge di riforma. Il Senato della Repubblica, infatti, ha approvato, in data 10 aprile 2003, il disegno di legge di iniziativa governativa n. S-1281 denominato “Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa”. Tale disegno di legge è oggi all’esame della Camera dei Deputati (dove ha assunto il n. C-3890) e segnatamente in Assemblea [1] ed incide in maniera profonda sulla legge 241/1990 e sulla conferenza, la cui disciplina viene modificata allo scopo di semplificarne ed accelerarne i lavori e adeguarla al nuovo titolo V della parte II della Costituzione.

Giova quindi rammentare che, ai limitati fini che qui interessano, sono oggetto di modificazione oltre alle disposizioni indicate nel “testo coordinato” della legge 241/1990 (articoli da 14 a 14-quater legge 241/1990, ai quali è aggiunto l’art. 14-quinquies), anche l’art. 14, comma 1, legge 340/2000. A ciò si aggiunga che sono oggetto di modificazioni o di inserimento ex novo altre disposizioni in tema di: a) principi del procedimento amministrativo; b) ampliamento per le pubbliche amministrazioni delle possibilità di utilizzare gli strumenti del diritto privato; c) compressione delle aree di invalidità giuridiche degli atti amministrativi.

3. Breve nota metodologica.

La presente analisi, tuttavia, si limita a formulare talune osservazioni sulla conferenza di servizi, tenendo conto delle prime indicazioni giurisprudenziali emerse sul testo della legge 340/2000 che, come visto nel punto 1, ne ha ridisegnato la disciplina.

Per agevolare la lettura delle considerazioni qui di seguito formulate, si precisa che: a) la numerazione degli articoli è già riferita alle proposte di modifica di cui al disegno di legge n. C-3890 al cui testo coordinato si intende far rinvio; b) la descrizione degli articoli tiene ampiamente conto della relazione della 1^ Commissione Permanente “Affari costituzionali, affari della Presidenza del Consiglio e dell’Interno, Ordinamento generale dello Stato e della Pubblica amministrazione” al medesimo disegno di legge [2].

4. Articolo 14, legge 241/1990.

Rammentato che le modificazioni non riguardano i commi 1 e 4 dedicati rispettivamente alla conferenza istruttoria e alla conferenza convocata su istanza del privato, si evidenzia che, con le sostituzioni operate nel comma 2, è in primo luogo precisato l’esatto momento di decorrenza del termine previsto per l’obbligatoria indizione della conferenza di servizi, prevedendo a tal fine che esso decorra non già dall’inizio del procedimento, ma, più propriamente, dalla ricezione della richiesta da parte dell’amministrazione invitata; tale termine, inoltre, viene opportunamente riportato a quello generale di trenta giorni della legge 241/1990.

Sempre in tale comma, viene precisato che il dissenso preventivo al di fuori della conferenza (che, per effetto delle modifiche, è quello formulato da una P.A. entro trenta giorni dalla richiesta) non può avere effetti preclusivi e, dunque, non impedisce all’amministrazione procedente di convocare la conferenza. In questo modo vengono superati i dubbi interpretativi emersi in materia (che cosa fare in presenza di un diniego, per così dire, tempestivo) e viene ripristinato il parallelismo con il dissenso all’interno della conferenza. In presenza di questo dissenso “preventivo”, inoltre, l’indizione della conferenza diviene facoltativa, posto che l’amministrazione proponente potrebbe condividere le valutazioni espresse da quella dissenziente e non trovare utile il ricorso alla conferenza.

Eliminando il terzo periodo del comma 3, si risolve poi l’incongruenza determinata dal coordinamento tra l’articolo 14 della legge n. 340 del 2000 (che, come detto, ha abrogato i commi da 7 a 14 dell’art. 7, legge 109/1994) e l’articolo 9, comma 1, della medesima legge (che, invece, richiama l’applicazione dell’art. 7, legge 109/1994).

Le previsioni del comma 5 (modificato) attribuiscono al concessionario la facoltà di convocare la conferenza, previo consenso e in sostituzione del concedente al quale resta, comunque, riservato il diritto di voto. Sotto questo profilo, inoltre, si segnala l’inserimento dell’art. 14-quinquies relativo alla partecipazione, con diritto di voto, dei soggetti aggiudicatari di concessione individuati all’esito della procedura di cui all’art. 37-quater, legge 109/1994 o delle società di progetto di cui all’art. 37-quinquies, medesima legge.

5. Articolo 14-bis, legge 241/1990.

L’articolo, dedicato alla conferenza “preliminare”, rimane sostanzialmente identico. Infatti, il comma 1 viene modificato nella parte relativa alla disciplina delle conferenze su istanze o progetti preliminari, prevedendo innanzitutto che esse possano essere convocate anche per i nuovi insediamenti produttivi di beni o servizi (con un implicito riferimento, quindi, al DPR 447/1998 in materia di sportello unico per le attività produttive), e precisando che la richiesta dell’interessato deve essere documentata con la presentazione di un progetto preliminare o, in mancanza, di uno studio di fattibilità.

Limitate modifiche sono apportate al meccanismo di approvazione delle opere pubbliche (per le quali occorre sempre indire la conferenza sul progetto preliminare). Nel comma 2, infatti, in cui sono individuate le pubbliche amministrazioni che curano interessi “sensibili”, sono inserite anche quelle che tutelano la “pubblica incolumità” (con implicito riferimento, quindi, ai Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco, al Dipartimento della Protezione Civile, ecc.).

Coerentemente a tale inserimento, è stato introdotto il comma 3-bis, che sancisce il principio secondo cui anche tale dissenso, espresso in sede di conferenza “preliminare”, segue la stessa sorte di quelli specificamente previsti per gli altri interessi sensibili (salute, patrimonio storico-artistico, ecc.), limitatamente però alle “opere interregionali”. Invero, tale locuzione che, per le amministrazioni preposte alla pubblica incolumità, relega il relativo meccanismo di superamento del dissenso alle sole opere “a rete” che interessino due o più regioni, non precisa come si superi tale dissenso in caso di opera insistente su una sola regione. È presumibile attendersi che, nel corso dei lavori parlamentari, sia eliminata questa limitazione alle sole opere interregionali.

Le (invariate) previsioni del comma 3 – rapporto fra conferenza e valutazione di impatto ambientale (VIA) – si presentano di difficile lettura.

La conferenza, infatti, dovrebbe esprimersi entro 30 giorni dalla conclusione della fase preliminare di definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale (SIA), con implicito riferimento all’art. 21, D.P.R. 554/1999. Peraltro, non è chiaro se:

a) tale fase debba precedere la redazione del SIA che, si ricorda, deve far parte del progetto definitivo ex art. 29, comma 1, D.P.R. 554/1999;

b) l’amministrazione procedente e l’autorità preposta alla VIA debbano formalmente concordare – al termine della fase a) – il contenuto del SIA;

c)             la dichiarata insussistenza di elementi di incompatibilità da parte dell’autorità preposta alla VIA conduca all’indicazione delle condizioni per ottenere – in sede di presentazione del progetto definitivo – i necessari atti di consenso (il tutto in sede di conferenza).

Tale interpretazione, sulla quale potrebbe risultare utile nel prosieguo dei lavori parlamentari un confronto con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, però dovrebbe condurre logicamente alla modificazione del comma 5, dedicato al successivo sviluppo del procedimento [3], che rimane però immutato.

6. Articolo 14-ter, legge 241/1990

L’articolo si presenta abbastanza simile a quello attuale, anche se la scansione temporale dei termini appare improntata ad una maggiore celerità.

Il (nuovo) comma 01 conferma la distinzione fra indizione e convocazione della conferenza: collegando tale disposizione a quella dell’art. 14, comma 2 – indizione della conferenza entro 30 giorni dalla ricezione della relativa richiesta – si ritiene che la prima riunione di conferenza debba intervenire fra 45 o 60 giorni dall’avvio del procedimento.

Con le modificazioni del comma 3 e il correlato inserimento del comma 6-bis, si chiarisce che il (confermato) termine generale di 90 giorni per concludere i lavori di conferenza è di carattere perentorio.

Il comma 4 stabilisce che la pronuncia di compatibilità ambientale deve precedere la conferenza e che il termine generale di 90 giorni per la conclusione della conferenza resta sospeso “fino all’acquisizione della pronuncia di compatibilità ambientale”.

Non è tuttavia chiarito se la conferenza possa, comunque, essere indetta in attesa dell’ottenimento della pronuncia di compatibilità ambientale oppure se la conferenza abbia solo uno scopo sollecitatorio. Stando alla lettera della legge, quest’ultima interpretazione appare preferibile anche se, in questo modo, si rischia di vanificare la ratio legis della conferenza come regola per la valutazione comparativa e contestuale di tutti gli interessi pubblici (ivi compresi quelli “ambientali”).

La disciplina della conferenza, inoltre, è sensibilmente modificata nella fase deliberativa conclusiva. Infatti, il nuovo comma 6-bis stabilisce, innanzitutto che, in ogni caso, all’esito dei lavori della conferenza, e comunque scaduto il termine fissato (nella prima riunione della conferenza, con decisione assunta a maggioranza) per la sua conclusione, l’amministrazione procedente è legittimata (e tenuta) ad adottare la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede. Su questa base, la stessa amministrazione procedente adotta, subito dopo, il provvedimento finale conclusivo del procedimento, tenendo conto della predetta determinazione conclusiva della conferenza, nonché delle eventuali posizioni espresse dalle amministrazioni che non hanno manifestato la loro volontà in sede di conferenza di servizi. Si ribadisce che tale provvedimento sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare alla conferenza, ma risultate assenti.

Come osservato nella relazione parlamentare, salvo quanto previsto dal successivo articolo 14-quater in caso di dissenso delle amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili costituzionalmente protetti, la nuova disciplina garantisce dunque tempi celeri e certi al procedimento, rimettendo la decisione alla amministrazione procedente, in caso di dissenso, e vincolandola a tenere conto delle posizioni prevalenti. Ovviamente, nell’esercizio dei poteri sostitutivi, i dissensi manifestati in conferenza, qualora in posizione minoritaria, potranno essere superati dall’amministrazione procedente, ma soltanto motivatamente e ragionevolmente. Con la conseguenza che, laddove le argomentazioni del diniego si palesino come oggettivamente insuperabili – e quindi senza dubbio quando si eccepiscano fondatamente vizi di legittimità – la determinazione conclusiva positiva potrebbe essere adottata solo tenendo in debita considerazione le prescrizioni formulate in sede di conferenza di servizi.

In sintesi, si tratta di un provvedimento che presenta caratteri di obbligatorietà non scevra, però, da discrezionalità, a differenza dell’attuale sistema in cui vale il criterio della maggioranza che, secondo la relazione al disegno di legge, propone dubbi ed incertezze interpretative di difficile soluzione (come si calcola la maggioranza, in presenza di amministrazioni di diversa natura e dimensione: Regioni, comuni, province, comuni grandi e comuni piccoli, amministrazioni dello Stato, amministrazioni fortemente interessate e altre interessate solo marginalmente, ecc.?); e pone problemi assai ardui già al momento della identificazione delle amministrazioni da convocare alle riunioni della conferenza.

Il comma 7 disciplina la sola pronuncia interlocutoria delle pubbliche amministrazioni, sollecitando quindi le amministrazioni intervenute alla conferenza a provvedere in un senso o nell’altro (assenso/diniego).

Sotto questo profilo, si segnala che la giurisprudenza amministrativa, sia pure con varietà di accenti e motivazioni, ha avuto modo di assimilare alla pronuncia interlocutoria le altre fattispecie di:

a) inadeguata rappresentanza o, se si preferisce, delega inidonea (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1° marzo 2001, n. 1152 e Tar Toscana, sez. III, 11 aprile 2003, n. 1387);

b) assenza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1152/2001, cit.);

c) astensione (cfr. Tar Lazio, Latina, 14 febbraio 2002, n. 147).

In secondo luogo, il disegno di legge sopprime il sistema attualmente in vigore che, in estrema sintesi, prevede:

a)  conclusione della conferenza e adozione da parte della P.A. procedente della determinazione di conclusione del procedimento;

b)  comunicazione determinazione sub a) alle amministrazioni che non hanno espresso definitivamente la volontà della P.A. rappresentata;

c)  notificazione del ricorso giurisdizionale entro 30 giorni alla P.A. procedente o, in alternativa, comunicazione entro 30 giorni alla P.A. procedente del motivato dissenso da parte della PP.AA. sub b);

d)  acquisizione assenso quando non si verifichino le ipotesi alternative di cui alla precedente lettera c), ossia notifica ricorso o comunicazione motivato dissenso.

L’esperienza maturata nella prassi, invece, dimostra che tale metodo di acquisizione dell’assenso ha dato buona prova di sé, assicurando certezza alla conclusione del procedimento della conferenza (cfr. Tar Toscana, sez. III, n. 1387/2003 e Tar Lazio, Latina, n. 147/2002, citati).

Con la sostituzione del comma 9, infine, si stabilisce il principio (ricavabile soltanto implicitamente e non senza qualche difficoltà dal testo introdotto dalla legge n. 340 del 2000) secondo il quale il provvedimento finale della conferenza di servizi non è altro che la «cristallizzazione» delle posizioni assunte in conferenza e di quelle prospettate eventualmente fuori della conferenza, ma entro il termine previsto per i suoi lavori.

7.  Articolo 14-quater, legge 241/1990

Nella relazione al disegno di legge, si dà atto che l’intero sistema delineato per il superamento del dissenso espresso dalle amministrazioni preposte alla tutela di interessi “sensibili” (alle quali sono aggiunte quelle preposte alla tutela della pubblica incolumità) è conforme al vigente titolo V della parte II della Costituzione. Sotto quest’ultimo profilo, in particolare, viene ritenuta adeguata l’identificazione degli organi di governo titolari del potere di decisione in ultima istanza al nuovo quadro costituzionale delineato dal vigente titolo V della parte II della Costituzione. Sono inoltre dettate le disposizioni necessarie a disciplinare le relative fasi istruttorie del procedimento di decisione.

Il comma 3 stabilisce quindi che, quando il motivato dissenso nei confronti del provvedimento conclusivo della conferenza è espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, l’amministrazione procedente rimette la decisione entro dieci giorni:

a) al Consiglio dei ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali;

b) alla Conferenza Stato-Regioni, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali;

c) alla Conferenza unificata, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali.

Diversamente, se il motivato dissenso è espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propria competenza (comma 3-bis), l’amministrazione procedente rimette la decisione entro dieci giorni:

a) alla Conferenza Stato-regioni, se il dissenso verte tra un’amministrazione statale e una regionale o tra amministrazioni regionali;

b) alla Conferenza unificata, in caso di dissenso tra una Regione o Provincia autonoma e un ente locale.

In entrambi i casi previsti dai commi 3 e 3-bis, verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori, la decisione è assunta entro trenta giorni, salvo che il Presidente del Consiglio, o il Presidente della Conferenza Stato-Regioni o della Conferenza unificata, valutata la complessità dell’istruttoria, decida di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni.

Quid juris se la Conferenza Stato-Regioni o la Conferenza unificata non provvedono entro i termini predetti? Il quesito è rilevante, stante i meccanismi decisionali che, per queste conferenze, impongono il voto per corpi, e quindi, nella sostanza, un’intesa fra il Governo e le rappresentanze istituzionali delle Regioni e degli enti locali (o almeno la maggioranza delle medesime). Il disegno di legge prevede (art. 14-quater, c. 3-ter) che, in tali casi, la decisione, su iniziativa del Ministro per gli affari regionali, sia rimessa al Consiglio dei ministri, che assume la determinazione sostitutiva nei successivi trenta giorni, se si tratta di una decisione vertente in materia non attribuita alla competenza statale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, e dell’articolo 118 della Costituzione. In caso contrario, la decisione è rimessa alla competente Giunta regionale ovvero alle competenti Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano, che assumono la determinazione sostitutiva nei successivi trenta giorni: ciò nel pieno rispetto del nuovo assetto costituzionale delle competenze stabilito dal titolo V della Costituzione.

In attuazione dell’articolo 120 della Costituzione, il comma 3-ter prevede tuttavia che qualora la Giunta regionale non decida entro il termine di trenta giorni, la decisione sia rimessa in via sostitutiva al Consiglio dei ministri, che delibera con la partecipazione del Presidente della Regione interessata. In tal modo il rispetto del nuovo assetto costituzionale si accompagna al rispetto dell’esigenza di pervenire ad una decisione finale in tempi certi.

Nei casi di dissenso tra amministrazioni regionali, il comma 3-quater prevede che la procedura anzidetta non troverà tuttavia applicazione se le Regioni interessate hanno previsto e ratificato, con propria legge, procedure di intesa per la composizione del dissenso ai sensi dell’articolo 117, comma ottavo, della Costituzione, anche attraverso l’individuazione di organi comuni competenti in via generale ad assumere la determinazione sostitutiva in caso di dissenso.

A meno che non intervengano ulteriori modificazioni, si ritiene che tali meccanismi non operino nel caso di provvedimento (negativo) di compatibilità ambientale. Infatti, rimane inalterato il comma 5 secondo cui il dissenso sulla V.I.A. può superarsi con il ricorso allo strumento previsto dall’articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 400/1988, vale a dire con un atto mediante il quale il Presidente del Consiglio si assume la responsabilità di andare avanti anche con la V.I.A. negativa [4].

8. Articolo 14-quinquies, legge 241/1990

Si vedano le osservazioni formulate a proposito dell’art. 14, comma 5, legge 241/1990.

9. Ulteriori osservazioni

Nell’attuale contesto ordinamentale, è sempre più frequente il ricorso alla conferenza di servizi da parte di numerose leggi di settore. Fra le altre, si segnalano il D.P.R. 383/1994 in materia di accertamento della conformità urbanistica per le opere di interesse statale; il D.Lgs. 22/1997 per l’autorizzazione agli impianti di smaltimento di rifiuti; il D.Lgs. 114/1998 per l’autorizzazione alle grandi strutture di vendita; il D.P.R. 447/1998 in materia di sportello unico per le attività produttive; il D.M. 471/1999 per la bonifica dei siti inquinati; il D.P.R. 380/2001 in materia di sportello unico per l’edilizia; il D.Lgs. 198/2002 per gli impianti di telecomunicazioni.

Tuttavia, queste disposizioni sovente fanno riferimento ad una disciplina da tempo non più vigente (ad es., DPR 383/1994 o DPR 447/1998) o appaiono carenti di coordinamento con la disciplina generale della conferenza di cui alla legge 241/1990 (es. D.Lgs. 114/1998 o D.Lgs. 198/2002).

In questi casi, nella (nuova) legge del procedimento potrebbe essere inserita una previsione che, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle Regioni e Province autonome [5], abiliti il Governo a procedere ad una sorta di ricognizione delle disposizioni che menzionano la conferenza di servizi e al loro conseguente adeguamento lessicale-sistematico alle (nuove) disposizioni recate in materia.

Qualora tale ipotesi non fosse praticabile, tuttavia, occorrerebbe rifarsi agli interventi chiarificatori della giurisprudenza o alle preannunciate ulteriori direttive della Presidenza del Consiglio dei Ministri[6]. Tale esigenza è suggerita dallo scopo di evitare che si verifichino incertezze sul:

a) carattere recettizio, formale o materiale dei rinvii operati dalle singole norme di settore alla legge 241/1990 (cfr., in termini, il recente dibattito sul rapporto fra annullamento ad opera del TAR Lazio del d.m. 4 aprile 2001 sulle tariffe professionali e la sua contestuale “legificazione” ad opera della legge 166/2002);

b) criterio da adottare per l’individuazione della disciplina applicabile (successione di leggi nel tempo, criterio di specialità, ecc.), ciò che potrebbe vanificare il principio del buon andamento dell’azione amministrativa.


 

(*) Avvocato in Roma.

[3] Ossia il passaggio dal progetto preliminare a quello definitivo similmente a quanto avviene, di regola, con il procedimento di cui al d.lgs. 190/2002 che prevede il procedimento di VIA sul progetto preliminare.

[4] Si ricorda, infatti, che in caso di valutazione di impatto ambientale negativa, l’art. 14-quater, comma 5, legge 241/1990 prevede il ricorso al meccanismo di cui all’art. 5, comma 2, lettera c-bis), legge 400/1988, ossia alla norma che assegna al Consiglio dei Ministri, su impulso del Presidente, la funzione di mediazione per il superamento dei contrasti fra amministrazioni (per un esempio di applicazione della norma, si veda il D.P.C.M. 16 maggio 2003, pubblicato in G.U. n. 129 del 6 giugno 2003, concernente la “Realizzazione del progetto dell'autostrada A31 Valdastico, completamento a Sud”).

[5] Sul punto fondamentale appare la sentenza della Corte costituzionale 1° ottobre 2003, n. 303 (in G.U., 1^ serie speciale, 8 ottobre 2003, n. 40) che, fra l’altro, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una serie di norme della legge 443/2001 e del D.Lgs. 190/2002 e, segnatamente, dei seguenti articoli:

-      art. 1, comma 3, ultimo periodo, della legge 443/2001, che attribuisce al Governo il potere di modificare il D.P.R. 554/1999 in conformità alla legge obiettivo e al d.lgs. 190/2002;

-      art. 1, comma 3-bis, della medesima legge, introdotto dall’articolo 13, comma 6, della 166/2002, che prevede, in alternativa al procedimento di cui agli artt. 3 e 4, d.lgs. 190/2002, l’approvazione dei progetti preliminari e definitivi con apposito d.P.C.M.;

-      art. 15, commi 1, 2, 3 e 4, del d.lgs. 190/2002, che attribuisce al Governo il potere di modificare il D.P.R. 554/1999, il D.P.R. 34/2000 in conformità alla legge obiettivo e al d.lgs. 190/2002, nonché di dettare norme attuative di quest’ultimo decreto (ad es. regolamento su contraente generale);

-      art. 19, comma 2, d.lgs. 190/2002, nella parte in cui, per le infrastrutture e gli insediamenti produttivi strategici, per i quali sia stato riconosciuto, in sede di intesa, un concorrente interesse regionale, non prevede che la commissione speciale per la valutazione di impatto ambientale (VIA) sia integrata da componenti designati dalle Regioni o Province autonome interessate.

Sotto quest’ultimo profilo, si segnala l’emanazione del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 315 (in G.U. n. 268 del 18 novembre 2003), recante “Disposizioni urgenti in tema di composizione delle commissioni per la valutazione di impatto ambientale e di procedimenti autorizzatori per le infrastrutture di comunicazione elettronica”, provvedimento che dichiaratamente (cfr. preambolo) trae la propria origine dall’esigenza di conformarsi alla predetta sentenza della Corte Costituzionale sulla quale si veda l’interessante contributo di M. Di Paola, Sussidiarietà e intese nella riforma del Titolo V della Costituzione e nella giurisprudenza costituzionale: la sentenza della Corte costituzionale 1° ottobre 2003, n. 303, in www.lexitalia.it, n. 12/2003.

[6] Si tratta delle “Linee guida operative per la remissione al Consiglio dei Ministri. (Legge 7 agosto 1990, n. 241, articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater)” a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per il Coordinamento Amministrativo - Ufficio Coordinamento e Monitoraggio (in G.U. n. 1 del 2 gennaio 2003).

Nella parte finale della citata Direttiva 2 gennaio 2003, infatti, si legge testualmente quanto segue: “Con successive linee guida si provvederà a fornire un più completo contributo ricostruttivo, in termini sistematici, dell'istituto in esame, anche in considerazione dei suoi aspetti generali, delle sue peculiarità, del suo rapporto con alcuni dei principali procedimenti di settore che ne richiedono l'applicazione (come ad esempio lo sportello unico per le attività produttive, la localizzazione di opere pubbliche, la realizzazione di porti turistici e la "legge obiettivo" per le opere di interesse strategico) ma soprattutto delle più importanti novità che, sotto il profilo legislativo, potrebbero medio tempore intervenire in detta materia (il riferimento è ovviamente all'A.S. 1281, «Disegno di legge recante modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull'azione amministrativa»”.


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