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Articoli e note

n. 9/2004 - © copyright

MAURIZIO FERLINI
(Avvocato del Foro di Bologna)

Vizi e illegittimità nelle gare per la scelta del broker di assicurazione

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Il brokeraggio, secondo gli approdi della giurisprudenza amministrativa degli ultimi anni, va inteso come “servizio assicurativo”: la procedura per l’affidamento di tale contratto quindi deve ritenersi riconducibile all’appalto di servizi.

La prassi ha dimostrato di metabolizzare ben presto l’assunto migrando - pur nelle manifestazioni pubbliche di saudade per i tempi andati in cui l’incarico al broker era affidato direttamente in via fiduciaria (anche se rispetto al quadro attuale delle gare quella soluzione non appare certo meno dignitosa …) - in una testimonianza applicativa di un quadro di selezioni/gare contrassegnato da illegittimità, forti anomalie e marcati profili distorsivi della concorrenza.

Le gare vengono gestite dalla p.a. con le modalità più disparate e con sistemi di gara di dubbia trasparenza nei quali tendono a riprodursi – con sorprendente proprietà transitiva - alcuni vizi che presentano sequenze genetiche o quantomeno precise contaminazioni con i profili di denuncia già esposti dall’Antitrust nella segnalazione riguardante le gare per l’appalto del servizio assicurativo (segnalazione del 13 novembre 1997).

Questa impostazione delle gare, oltrechè fonte di un conflitto sempre più acceso tra gli operatori del mercato di brokeraggio comporta riflessi negativi e di pregiudizio della immagine di trasparenza e imparzialità della pubblica amministrazione.

Lo screening del campione oggetto di indagine, costituito dalle principali gare per la scelta del broker pubblicate dagli enti pubblici nell’ultimo anno [1] riflette, infatti, un contesto di confronto nel quale – molto spesso - la dinamica concorrenziale subisce una alterazione.

I fattori di anomalia riscontrati (non in ordine di importanza) sono principalmente riconducibili alle seguenti categorie.

1. Introduzione di barriere di accesso alla gara.

La discriminazione avviene mediante la previsione del possesso di sproporzionati requisiti dimensionali e numerici per la partecipazione alle gare; tra questi requisiti, in particolare, ricorrono, soprattutto:

a) il capitale sociale e/o il fatturato (ammontare delle commissioni raccolte e/o dei premi intermediati nell’ultimo triennio);

b) il numero di dipendenti iscritti all’albo dei broker,

c) il più elevato massimale della polizza di Rc professionale stipulata ai sensi della legge 792/84;

d) il possesso di una sede nella città in cui ha sede l’ente pubblico.

Tali requisiti comportano, da un lato, l'allargamento surrettizio del novero delle cause di esclusione tassativamente individuate dal legislatore all'art. 12 del decreto legislativo n. 157/95 più volte denunciato dall’Antitrust; dall’altro, la violazione del principio di proporzionalità costantemente richiamato dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale (cfr. TAR Lazio n. 1577/2002; TAR Lombardia-Brescia, ord. n. 288/2001;TAR Em. Ro., n. 100/2001; CDS n. 279/96).

2. Criteri di valutazione basati prevalentemente su requisiti dimensionali.

In via collaterale alla creazione di barriere all’accesso alle gare va riscontrata anche la tendenza alla prevalenza assegnata nella valutazione delle offerte agli stessi requisiti dimensionali, quali ad esempio:

1. il numero Enti Pubblici gestiti;

2. il volume complessivo dei ricavi;

3. l’ammontare delle commissioni incassate per attività di brokeraggio con Enti Pubblici;

4. il numero complessivo di collaboratori o dipendenti dell’impresa in Italia;

5. il possesso della certificazione di qualità ( di per sé elemento importante, ma valutata spesso senza approfondita cognizione tecnica, in maniera non corretta e con prescrizioni in contrasto rispetto alle indicazioni della giurisprudenza);

6. il numero degli anni di iscrizione all’Albo dei broker (anzianità di iscrizione);

7. il più elevato massimale della polizza di Rc professionale stipulata ai sensi della legge 792/84.

L’importanza determinante assegnata alla dimostrazione del possesso di tali requisiti dimensionali nella valutazione delle offerte non sembra poter avere alcun valore determinante e decisivo in un equilibrato sistema di valutazione della qualità del servizio offerto.

In una equilibrata ottica di valutazione circa le caratteristiche complessive della qualità del servizio, una importanza prevalente andrebbe attribuita alla qualità e attualità delle soluzioni proposte in tema di risparmio e di efficienza della spesa, alla costante corrispondenza dell’ analisi e del trasferimento del rischio assicurativo al contesto di azione amministrativa degli enti (in costante evoluzione normativa e giurisprudenziale), alla progettazione e gestione del programma assicurativo, al valore aggiunto rappresentato dall’obiettivo del trasferimento dei fondamentali di conoscenza sulla materia assicurativa all’interno degli enti (consulenza di processo).

Che tipo di corrispondenza può avere, invece, in un quadro valutativo della qualità del servizio di brokeraggio, il più elevato punteggio attribuibile al più alto massimale della copertura assicurativa offerto dai concorrenti?

Sul punto, peraltro, le condizioni di garanzia per i clienti sono già fissate dalla legge: l’ammontare della copertura assicurativa per la RC professionale dei broker è stabilito annualmente , per classi di volume d’affari, dall’Isvap, ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. g) della legge 792/84 (vedi da ultimo circolare Isvap n. 2222 del 13 novembre 2003).

Ancora: quale riferimento alla qualità del servizio può derivare dal possesso del più alto numero di dipendenti dell’impresa in Italia (peraltro predeterminabile ex ante dalle statistiche pubblicate nelle riviste di settore)?

Ma v’è di più. L’anomalia dell’utilizzo di certi criteri di valutazione non si ferma solo nella individuazione degli stessi, ma investe anche il sistema di attribuzione dei punteggi. Nel caso dell’ammontare complessivo delle commissioni incassate per attività di brokeraggio, ad esempio, viene previsto il massimo di attribuzione del punteggio al concorrente che vanta il migliore rapporto tra commissioni incassate su contratti con la p.a. rispetto al fatturato complessivo. Ciò può portare paradossalmente alla attribuzione del massimo del punteggio al concorrente il cui portafoglio è costituito da un solo cliente pubblico rispetto al concorrente che può accreditare venti o più rapporti contrattuali pubblici, ma che svolge anche attività professionale con il mercato delle imprese private.

3. L’uso distorto del raggruppamento temporaneo delle imprese

 Al riguardo, si deve evidenziare che nei bandi esaminati non è mai previsto alcun limite alla partecipazione di raggruppamenti temporanei d’impresa (R.T.I.) formati da soggetti che singolarmente sarebbero in grado di soddisfare i requisiti finanziari e tecnici per poter partecipare alla gara.

A tal proposito, si sottolinea come la ratio del R.T.I. sia da individuarsi nella sua capacità di ampliare – e non ridurre - il novero dei partecipanti alla gara, abbattendo le barriere costituite dai requisiti dimensionali e tecnico-finanziari di volta in volta fissati dalle stazioni appaltanti.

Questa ratio – come sostenuto dall’Antitrust - esalta le potenzialità del R.T.I. quale strumento idoneo ad accentuare il confronto concorrenziale in gara, consentendo alla p.a. di selezionare l’offerta migliore, in termini economici e tecnici, tra quelle presentate da una platea più ampia di imprese. Tuttavia, il RTI, proprio in quanto strumento di collaborazione tra le imprese, può facilmente prestarsi ad un uso restrittivo della concorrenza, attuale o potenziale, tra le imprese stesse (molto spesso si vedono R.T.I. formati dai primi soggetti del mercato: sarebbe, ad esempio, come consentire, in una gara per la telefonia, la presentazione di una unica offerta in R.T.I. da parte di Telecom, Vodafone e Wind).

In questa prospettiva andrebbe limitata la possibilità di associarsi in R.T.I. da parte di due o più imprese che, singolarmente, sarebbero in grado di soddisfare i requisiti finanziari e tecnici per poter partecipare alla gara.

4. L’offerta del servizio assicurativo presentata dallo stesso broker dell’ente in qualità di procuratore di una compagnia di assicurazione.

La fattispecie riscontrata in particolare in bandi indetti da società pubbliche di servizi costituisce una tale anomalia in termini di violazione della legge 792/84 e del d.lgs. 157/95, del principio di trasparenza, conflitto di interessi, violazione di par condicio da non meritare ulteriori commenti.

Tenuto conto dello spettro risultante dall’analisi delle gare di brokeraggio indette dagli enti pubblici la prassi delle gare burocratiche e documentali non pare assicurare valide soluzioni circa la migliore valutazione possibile della qualità di offerta del servizio.

Gli uffici gare degli enti quindi continuano ad essere inondati di stalagmiti di riproduzione in fotocopia delle brochure di presentazione dei broker adattate volta per volta.

I meccanismi della selezione ad evidenza pubblica, si sa, per definizione, sono piuttosto rigidi e richiedono – in ossequio al principio della trasparenza - la preventiva enunciazione dei criteri e dei parametri di valutazione delle offerte.

Tenuto conto dei limiti oggettivi e delle rigidità dei meccanismi contattuali pubblici – a questo punto, però - varrebbe forse la pena di applicare il pensiero divergente anziché continuare ad avvitarsi e a complicare un quadro che sembra senza apprezzabili vie d’uscita.

5. La proposta: una selezione tra progetti di servizio realizzati appositamente per il cliente pubblico

Le situazioni sopradescritte impongono di individuare altri sistemi di contatto amministrativo tra gli enti ed i broker.

Penso ad una selezione che possa premiare in maniera meno approssimativa e burocratica la professionalità, la specializzazione, la conoscenza del sistema pubblico.

La logica di servizio deve essere transitiva: la riforma amministrativa chiede alla p.a. di collocare il cittadino-utente dei servizi al centro del sistema.

La qualità del servizio ed il grado di soddisfazione sono i nuovi parametri per valutare i risultati dell’azione amministrativa.

Allo stesso modo, dunque, la logica di servizio deve trovare corrispondenze nel rapporto con i fornitori di servizi alla p.a.

Una selezione tra progetti, valori e contenuti non tra masse di fotocopie, numeri, cifre e dichiarazioni (difficilmente verificate e verificabili): si tratta di progetti che dovrebbero essere redatti e personalizzati tenendo conto della effettiva e specifica realtà organizzativa e di servizio degli enti.

In sostanza si tratterebbe di tracciare – sulla base di informazioni, linee guida fornite dagli enti in gara, dati sui sinistri, ecc. – un programma di servizio definendo le linee di intervento e individuando le soluzioni di massima proposte.

Una sorta, quindi, se vogliamo di vero e proprio concorso di progettualità per fornire soluzioni e suggerimenti circa le caratteristiche della prestazione del servizio di brokeraggio da offrire alla committenza pubblica.

Questo tipo di selezione rappresenta l’opportunità da sperimentare in maniera sistemica ed approfondita per cercare di superare l’attuale quadro di anomalie e di distorsioni nelle procedure di gara.

 

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[1] L’archivio di informazioni sui quali è basata la presente indagine è costituito dai bandi di gara/selezione pubblicati da regioni, enti locali, aziende sanitarie ed ospedaliere, enti pubblici nella gazzetta UE, gazzetta ufficiale, bollettini regionali, siti internet degli enti, quotidiani.


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