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Articoli e note

n. 12/2005 - © copyright

 GIOVANNI FANTINI*
e
VITO BELLADONNA**

Prime note sulla nuova disciplina dei rifiuti
prevista nello schema di “Testo unico” ambientale
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Premessa: il percorso istituzionale del “testo unico”.

Il processo di riordino della legislazione ambientale voluto fortemente dal Ministero dell’Ambiente continua celermente il proprio iter di approvazione, pur in presenza di un composito fronte istituzionale che, come vedremo, si oppone a vario titolo a questo maxi Decreto.

Pertanto prima di entrare nel merito del tema specifico che si intende trattare in questo contributo, ovvero quello della gestione dei rifiuti, pare di utilità fare il punto sul percorso fin qui seguito dal discusso provvedimento e sulle tappe che dovranno essere percorse nei prossimi mesi.

Come noto il processo ha preso il via con l’approvazione da parte del Parlamento della Legge 15 dicembre 2004 n. 308, che ha conferito al Governo la delega ad emanare entro diciotto mesi dall’entrata in vigore della stessa (e pertanto entro giugno 2006) uno o più Decreti Legislativi finalizzati a riordinare, coordinare ed integrare la normativa su tutte le materie di maggiore rilevanza ambientale.

Peraltro la legge delega, utilizzando una tecnica normativa alquanto discutibile, conteneva anche delle disposizioni di diretta applicazione, tra l’altro su temi estremamente “puntuali” che probabilmente sarebbe stato più opportuno trattare nei Decreti delegati

Successivamente il Ministro dell’Ambiente ha costituito con proprio Decreto del 21 gennaio 2005 una Commissione composta da ventiquattro membri scelti tra professori universitari, dirigenti della pubblica amministrazione ed esperti nelle materie oggetto della delega, con il compito di elaborare gli schemi dei richiamati Decreti Legislativi.

Il 3 ottobre 2005 la Commissione ha terminato i propri lavori approvando lo schema di cinque Decreti Legislativi relativi rispettivamente a: 1) rifiuti e bonifica dei siti contaminati, 2) difesa del suolo, tutela e gestione delle risorse idriche, 3) aria ed emissioni in atmosfera, 4) danno ambientale 5) VIA, VAS e IPPC.

Non è stata pertanto esercitata la delega in materia di aree protette e conservazione della flora e della fauna, mentre la rivisitazione della materia dell’inquinamento acustico era già esclusa a priori dalla Legge n. 308/2004.

Successivamente il 24 ottobre il Ministero dell’Ambiente ha accorpato i 5 schemi di Decreti licenziati dalla Commissione in un unico “mega provvedimento” composto di 318 articoli e 45 allegati, che, dopo aver avuto il concerto dei Ministeri interessati, ha ottenuto una prima approvazione formale da parte del Consiglio dei Ministri lo scorso 18 novembre (il testo ufficiale è reperibile sul sito www.comdel.it).

Ora l’iter istituzionale dovrebbe prevedere il confronto presso la Conferenza Unificata Stato-Regioni-Autonomie Locali ed un primo esame presso le Commissioni Ambiente di Camera e Senato che avranno trenta giorni tempo per esprimere il proprio parere.

Successivamente il Governo, entro quarantacinque dell’espressione del primo parere parlamentare, dovrà ritrasmettere alle Camere lo schema di Decreto con le eventuali modifiche, ed entro i 20 giorni successivi il Parlamento dovrà esprimere il proprio parere definitivo.

A seguire quindi l’approvazione finale da parte del Governo.

E’ peraltro in dubbio se il Decreto debba essere esaminato anche dal Consiglio di Stato per il parere di legittimità.

Evidentemente il passaggio più critico dell’intera procedura è quello parlamentare in quanto in questo finale di legislatura l’attività delle assemblee pare particolarmente “ingolfata” nell’esaminare altri impegnativi provvedimenti.

E’ probabilmente proprio in ragione dei tempi tecnici piuttosto stretti che il Ministero ha deciso di unificare in un unico testo i cinque decreti precedentemente separati.

Come si diceva lo schema del “testo unico” è oggetto di forte critiche soprattutto da parte del sistema di governo regionale e locale che ne contesta sia aspetti di metodo che di merito.

Sotto il profilo del metodo viene tra l’altro contestata la violazione dell’accordo firmato il 4 ottobre 2001 fra il Ministro, le Regioni, l’ANCI, e l’UPI che conteneva l’impegno ad operare pariteticamente nell’elaborazione legislativa e di garantire un’interlocuzione sistematica sui singoli temi oggetto dei decreti delegati.

Molteplici sono poi gli aspetti di merito che vengono stigmatizzati; infatti oltre ad un generale abbassamento dei livelli di tutela dell’ambiente e della salute che si determinerebbe con l’approvazione del Decreto, viene denunciata la violazione dell’assetto di competenze definite dagli artt. 117 e 118 della Costituzione e dal D. Lgs. n. 112/98, il contrasto con diverse direttive comunitarie ambientali e la violazione, per eccesso di delega della stessa Legge n. 308/2004 (vedasi al riguardo l’Ordine del Giorno approvato il 24 novembre 2005 dalla Conferenza delle Regioni).

I rapporti tra il nuovo Decreto ed il Decreto Ronchi.

Come detto con il presente contributo si vuole compiere una prima lettura della parte dello schema di Decreto delegato relativo alla materia della gestione dei rifiuti, consapevoli del fatto che le osservazioni formulate non possono che essere provvisorie ed incomplete.

In ragione degli interessi professionali degli autori si è scelto inoltre di circoscrivere il campo ad alcuni temi che riguardano più direttamente le Agenzie Ambientali (ad esempio le procedure autorizzatorie ed il sistema dei controlli), non approfondendo altri aspetti più strettamente istituzionali (ad esempio il richiamato conflitto di competenze che già si sta delineando tra Stato e Regioni, ovvero l’annosa questione della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani).

Le disposizioni del Decreto relative al tema “rifiuti-siti contaminati” sono peraltro piuttosto estese, occupando tutta la Parte IV dell’articolato, dall’art. 177 all’art. 266.

Venendo al merito delle principali questioni un primo profilo interpretativo che dovrà essere risolto, riguardante in particolare la fase transitoria, è quello del rapporto di successione tra le disposizioni del nuovo Decreto e quelle del “vecchio” Decreto Ronchi.

A tal proposito la norma di riferimento è l’art. 264 dello schema approvato dal Consiglio dei Ministri del 18 novembre, dal quale pare emergere un’abrogazione per gradi successivi.

Infatti pur essendo il Decreto Legislativo n. 22/97 inserito tra le disposizione specificatamente abrogate a decorrere dall’entrata in vigore del Decreto delegato, viene prevista una clausola di salvaguardia che sostanzialmente subordina l’effetto abrogativo all’entrata in vigore ed all’effettiva operatività del nuovo Decreto.

Peraltro anche tutte le preesistenti norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore fino all’effettiva emanazione delle norme attuative del nuovo “testo unico”.

Nonostante queste precisazioni rimane forte la sensazione che per gli operatori, sia pubblici che privati, si aprirà una stagione di preoccupante incertezze normativa.

Definizioni: ritornano le materie prime secondarie.

Anche il nuovo Decreto include un articolo (il 183) nel quale sono inserite le interpretazioni autentiche delle definizioni utilizzate nel testo.

La definizione di rifiuto, dopo varie riscritture, nell’ultima versione dello schema di Decreto rimane invariata rispetto al Ronchi “qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi”.

Tuttavia in altro articolo (il 181) si delimita notevolmente l’ambito di applicazione della normativa, in quanto viene precisato che la disciplina sui rifiuti si applica fino al completamento delle operazioni di recupero, da ritenersi completato quando le sostanze, i materiali e gli oggetti ottenuti possano essere usati in un processo industriale o commercializzati.

Vengono inoltre introdotte, sempre nell’art. 183, due nuove definizioni che non mancheranno di suscitare polemiche in quanto anch’esse indirizzate a delimitare l’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti.

Quella di “sottoprodotto” cioè il prodotto dell’attività dell’impresa che, pur non costituendone l’oggetto dell’attività principale, scaturisce in via continuativa dal processo industriale dell’impresa stessa ed è destinato ad un ulteriore impiego o al consumo.

E quella di “materia prima secondaria” che troverà in particolare applicazione nelle attività siderurgiche e metallurgiche.

Invariata la classificazione dei rifiuti.

La classificazione generale dei rifiuti prevista nel nuovo Decreto (vedasi art. 184) rimane sostanzialmente invariata rispetto al Ronchi. Questo in quanto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali, e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.

Le terre da scavo.

Nel nuovo Decreto è contemplata una disciplina analitica per quanto concerne le terre da scavo, che tra l’altro chiama direttamente in causa le Agenzie Ambientali.

Infatti viene previsto (vedasi art. 186) che le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, destinate all’effettivo utilizzo per riempimenti non costituiscono rifiuti, anche quando contaminate, e sono perciò escluse dall'ambito di applicazione del Decreto, previo parere delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.

Il quadro normativo al riguardo è peraltro ancora tutt’altro che chiaro in quanto dovrebbe essere emanato un Decreto Ministeriale che fissi limiti di ammissibilità.

Registri di carico e formulari.

Il tema dei registri di carico e scarico viene trattato dall’art. 190.

La principale novità riguarda le tempistiche per l'annotazione (2 giorni lavorativi anziché 24 ore per i recuperatori/smaltitori e 10 giorni lavorativi anziché una settimana per tutti gli altri).

Del formulario per il trasporto dei rifiuti si occupa invece il successivo articolo 193.

Al riguardo la novità più rilevante, e forse più discutibile, è quella relativa all’esclusione dell’obbligo di tenuta dei trasporti di fanghi di depurazione e di olio minerale esausto.

Il sistema delle autorizzazioni.

Punto di evidente interesse, anche per il Sistema delle Agenzie Ambientali, è quello relativo al sistema delle autorizzazioni, trattate negli articoli 208 e seguenti.

Nello schema di Decreto il soggetto individuato come quello competente al rilascio delle autorizzazioni è la Regione, tuttavia si presume che siano salvaguardate le disposizioni legislative regionali relative alla delega o al trasferimento di funzioni amministrative alle Province (come avvenuto ad esempio in Emilia-Romagna).

Viene altresì confermato che il ruolo delle Arpa è quello di fornire supporto all’Autorità competente nell’istruttoria tecnica propedeutica al rilascio dell’autorizzazione.

L’art. 208 prevede un’autorizzazione unica per il progetto, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti di smaltimento e recupero di rifiuti.

Il procedimento descritto (applicabile anche alle varianti sostanziali) non pare sostanzialmente difforme da quello delineato dal previgente art. 27 del Decreto Ronchi, e continua ad essere basato sull’istituto della Conferenza di Servizi, alla quale sono chiamati a partecipare (oltre ovviamente al responsabile del procedimento) i rappresentanti degli Enti locali e dell’impresa che richiede l’autorizzazione (quest’ultima al solo fine di fornire informazioni o chiarimenti).

Peraltro sarebbe stato, a nostro avviso, auspicabile che il legislatore avesse colto l’occasione per prevedere esplicitamente la partecipazione alla Conferenza anche degli organi tecnici (in primis Arpa e Asl) preposti alla valutazione dei profili ambientali e sanitari degli impianti.

E’ pur vero infatti che tali organi intervengono nel procedimento con atti (pareri tecnici) che hanno una natura meramente endoprocedimentale (e pertanto non immediatamente dispositiva nei confronti del soggetto che richiede l’autorizzazione), tuttavia la loro partecipazione diretta alla Conferenza garantirebbe certamente un migliore contemperamento dei molteplici interessi pubblici coinvolti nella valutazione dell’istanza.

Si deve altresì rilevare come, in nome di un principio di semplificazione amministrativa, la durata dell’autorizzazione viene portata addirittura a dieci anni, termine questo che pare francamente troppo lungo soprattutto in relazione al continuo progresso scientifico che, anche in tempi molto più ristretti, potrebbe mettere a disposizione nuove tecnologie da applicare agli impianti.

Sempre nell’ottica della semplificazione amministrativa sono poste notevoli agevolazioni per le imprese che siano registrate EMAS ed operino nell’ambito del sistema Ecolabel o ISO 14001.

Per tali imprese infatti, secondo l’art. 209, è prevista la possibilità di sostituire il rinnovo dell’autorizzazione con la presentazione all’Autorità competente di una autocertificazione.

Infine pare molto opportuno l’esplicito richiamo compiuto dall’art. 210 dello schema di decreto delegato alle disposizioni in materia di IPPC (Decreto Legislativo 18 febbraio 2005 n. 59) che rimangono applicabili agli impianti già soggetti a tale procedura.

Il sistema dei controlli.

Altro tema di estremo interesse, anche per le Agenzie Ambientali, è evidentemente quello relativo al sistema dei controlli.

Al riguardo purtroppo devono essere formulate osservazioni piuttosto critiche.

Coerentemente con quanto previsto dal D. Lgs. n. 267/2000 (Testo Unico sugli Enti Locali) l’art. 197 dello schema di Decreto attribuisce alle Province le funzioni di controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, ivi compreso l’accertamento delle relative violazioni.

Fin qui tutto ovvio e perfettamente in sintonia con quanto già previsto dal Decreto Ronchi.

Il problema è che rispetto al Decreto Legislativo n. 22/97 è stato completamente eliminato il comma nel quale si prevedeva che le Province, per l’esercizio di tali funzioni di controllo, si avvalessero anche delle strutture delle Arpa.

Il motivo di tale omissione è oggettivamente difficilmente spiegabile e porta a disconoscere una delle principali attività istituzionali delle Agenzie Ambientali, invero sempre incentivata prima di tutto dalle stesse Province.

Peraltro si evidenzia come nello stesso articolo 197 viene al contrario, e correttamente, richiamato in maniera esplicita il ruolo ispettivo del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri.

Infine sempre con riferimento all’attività di vigilanza e controllo si può richiamare un’ulteriore problematica.

L’art. 197 infatti, riprendendo il testo del Ronchi, prevede che gli addetti al controllo sono autorizzati ad effettuare ispezioni, verifiche e prelievi di campioni all'interno degli stabilimenti, che il segreto industriale non può essere a loro opposto e che essi sono a loro volta tenuti all'obbligo della riservatezza.

Orbene, ci domandiamo, non sarebbe stato opportuno che la legge delega, una volta per tutte, avesse conferito al Governo anche la potestà di precisare se tali operatori agiscono o meno con funzioni di polizia giudiziaria?

Questo è un tema annoso, che investe il sistema delle Agenzie Ambientali fin dalla sua costituzione.

La situazione attuale è infatti a “macchia di leopardo” in quanto mentre le Agenzie Ambientali maggiormente consolidate sul territorio (Lombardia, Veneto, Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna, etc.) hanno proceduto ad individuare i propri operatori che, svolgendo funzioni di vigilanza e controllo, rivestono la qualifica di U.P.G. (e pertanto sono investiti dei relativi poteri ispettivi), altre Agenzie considerano di fatto i propri ispettori come “semplici” pubblici ufficiali.

Si è creato quindi un sistema (per la verità non solo per questo motivo) nel quale non si può sempre parlare di livelli omogenei di tutela ambientale, determinandosi così tra l’altro possibili effetti distorsivi della concorrenza, posto che per un’impresa risulta probabilmente più oneroso “stare in regola” in quelle zone del paese ove i controlli sono più efficaci e meglio organizzati.

L’apparato sanzionatorio.

L’apparato punitivo previsto nello schema di Decreto delegato (artt. 254-263) rimane sostanzialmente invariato rispetto al Decreto Ronchi, sia con riferimento alle fattispecie previste che alle sanzioni collegate.

Ciò è evidentemente dovuto all’assenza nella legge delega di una disposizione che prevedesse il riordino di questo specifico settore della normativa sui rifiuti.

E’ tuttavia opportuno evidenziare come il disegno di legge della Finanziaria 2006 (vedasi in particolare l’art. 1, comma 312 del testo approvato dal Senato l’11 novembre 2005) preveda tra l’altro che “le sanzioni amministrative provenienti da illeciti ambientali sono aumentate di dieci volte nel minimo e di cinquanta volte nel massimo”.

Questa norma, obiettivamente difficile da gestire e probabilmente in contrasto con i principi costituzionali di adeguatezza e proporzionalità delle sanzioni, si applicherà evidentemente anche alla materia dei rifiuti.

In base a questa disposizione ad esempio l’incompleta tenuta del registro di carico e scarico dovrebbe essere punita con una sanzione da euro 26.000 a euro 775.000! Ciò senza contare la problematica delle sanzioni amministrative che si cumulano a fronte di più trasgressioni commesse dallo stesso autore.

La norma in esame più che un’applicazione del principio comunitario “chi inquina paga” sembrerebbe finalizzata a far tornare qualche tabella contabile di accompagnamento della Finanziaria 2006…

Passando agli aspetti sanzionatori legati alla bonifica dei siti contaminati si deve osservare come l’art. 257 del “testo unico” preveda una causa generale di non punibilità, peraltro anch’essa di dubbia costituzionalità, da applicare al responsabile dell’inquinamento che osservi le prescrizioni del progetto di bonifica.

Tale previsione pare francamente troppo “premiante” visto che si estende anche “ai reati ambientali contemplati da altre leggi” e non risulta circoscritta, come invece avrebbe dovuto essere, ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore del Decreto (varrebbe quindi anche per gli inquinamenti futuri…).

Insomma mentre da un lato si inaspriscono tutte le sanzioni amministrative ambientali, senza fare la minima distinzione tra violazioni formali e violazioni sostanziali, d’altro lato si apre la strada, su una materia tra l’altro come quella dei siti contaminati che desta un forte allarme sociale, ad una sorta di condono penale generalizzato.

La bonifica dei siti contaminati.

Gli articoli 239 e seguenti dello schema di Decreto sono relativi alla bonifica dei siti contaminati e sono ispirati al principio comunitario di “chi inquina paga”.

In quest’ottica si può comprendere come vi sia una forte responsabilizzazione dell’inquinatore ed una corrispondente limitazione della responsabilità del proprietario incolpevole.

Questa impostazione, in termini generali condivisibile, complicherà tuttavia il lavoro di accertamento che dovrà svolgere l’Autorità competente con il supporto delle Arpa.

Infatti probabilmente all’Agenzia non sarà solo richiesto, come è stato fino ad oggi, di esaminare la natura e la gravità dell’inquinamento, ma anche una sorta di attività “investigativa” finalizzata ad individuare chi ha causato effettivamente lo stesso.

Per poter eseguire questo tipo di indagini sarà necessario svolgere ricerche di carattere archivistico sulle attività e proprietà succedutesi sul sito (indagini non propriamente peculiari per un organismo tecnico) sulle caratteristiche dei cicli produttivi di tali attività, oltre a sofisticati esami di laboratorio che permettano di mettere in relazione l’inquinamento attuale con i cicli produttivi precedenti.

Tornando al Decreto la novità più importante appare la definizione di sito contaminato (art. 240), che non si classificherà più unicamente attraverso un confronto tabellare ma anche mediante un’analisi di rischio. Per la definizione degli elementi necessari alla redazione dell’analisi di rischio sanitario-ambientale si rinvia all’Allegato 1 della Parte IV dello schema di Decreto.

Viene peraltro definito un diverso approccio d’intervento tra i siti dimessi e quelli in attività.

Interessante è poi la disposizione del primo comma dell’art. 242 la quale prevede che al verificarsi di un evento potenzialmente in grado di contaminare il sito il responsabile mette in opera senza indugio le misure di prevenzione dandone comunicazione, entro 48 ore dall’evento, al Comune ed alla Regione.

Orbene al riguardo sarebbe opportuno prevedere che questa comunicazione venisse data contestualmente anche all’Arpa territorialmente competente, ciò al fine di mettere in condizione l’Agenzia di compiere gli accertamenti urgenti di propria competenza.

Sotto un profilo procedimentale si deve evidenziare come lo strumento prescelto per l’approvazione dei progetti di bonifica sia una Conferenza di Servizi convocata dalla Regione (nel regime precedente invece la Conferenza veniva convocata dal Comune, salvo che non si trattasse di un intervento sovracomunale).

Tuttavia rispetto a quanto previsto dal D.M. n. 471/99 non viene più espressamente prevista la partecipazione dell’Arpa ai lavori della Conferenza.

Questa scelta del legislatore pare francamente incomprensibile, anche in considerazione delle nuove responsabilità attribuite alle Agenzie Ambientali dall’art. 248 relativo ai controlli sui siti contaminati.

Infatti rispetto a quanto previsto nella normativa previgente (vedasi in particolare l’art. 12 del D.M. n. 471/99) nell’art. 248 vi è la novità fondamentale costituita dalla relazione tecnica che dovrà essere predisposta dall’Arpa territorialmente competente e che verrà utilizzata dalla Provincia per accertare il completamento degli interventi di bonifica.

Si evidenzia inoltre come ancora una volta non si affronti il problema delle aree agricole, per le quali si rimanda nuovamente ad un Decreto ministeriale che da diverso tempo non vede la luce (vedasi art. 241).

In via incidentale si osserva infine come la materia della bonifica dei siti contaminati sia oggetto di alcune specifiche disposizioni contenute nel già citato Disegno di Legge della Finanziaria 2006.

In particolare per quanto concerne i siti di interesse nazionale per i quali è in corso una procedura fallimentare viene prevista la possibilità di sottoscrivere Accordi di Programma tra Ministero dell’Ambiente, Regione, Province e Comuni interessati al fine di individuare la destinazione d’uso delle suddette zone, anche in variante agli strumenti urbanistici, ed il soggetto pubblico al quale deve essere trasferita la proprietà dell’area.

Su questo punto le osservazioni che si possono formulare sono, più che di merito, di metodo e di tecnica legislativa.

Infatti pare piuttosto peculiare che mentre si sta redigendo un “testo unico” in materia di rifiuti e siti contaminati, contemporaneamente il Governo introduca nell’ambito della Finanziaria (e quindi in tutto altro contesto) una previsione sostanziale in materia di bonifiche come quella testè menzionata.

Sarebbe stato quindi più opportuno inserire questa norma direttamente nello schema di Decreto Delegato.

Alcuni spunti (provvisoriamente) finali.

E’ certamente difficile formulare delle considerazioni definitive su un testo di questa complessità che peraltro, anche se ciò non sembra molto probabile, potrebbe subire ulteriori modificazione nel corso dell’ iter parlamentare di approvazione.

Del resto che la materia dei rifiuti necessitasse di un’operazione di riordino e coordinamento è cosa di cui tutti gli operatori del settore hanno da tempo piena consapevolezza; la questione è piuttosto quella di capire se la scelte operate dalla Commissione sono frutto di una visione organica e coerente delle politiche ambientali, oppure rappresentano, come a volte parrebbe, il tentativo di sistemare per via legislativa una serie di singole questioni da tempo aperte (ad esempio la disciplina delle terre di scavo, dei rottami ferrosi e di altre tipologie di materiali) e finora affrontate principalmente mediante provvedimenti amministrativi.

Accanto a questa configurazione frammentata il Decreto denuncia a volte un approccio quasi “ideologico” basato sulla deregolamentazione a tutti i costi.

Esempio di questa impostazione è certamente la nuova disciplina degli Accordi di Programma prevista dall’art. 181.

Secondo questa disposizione infatti “Le autorità competenti promuovono accordi di programma con i soggetti economici interessati e con le associazioni di categorie…al fine di favorire il riutilizzo, il reimpiego e il riciclaggio dei rifiuti, detti accordi potranno attuare le disposizioni previste dal presente decreto, oltre a stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi”

Si tratterebbe pertanto di Accordi con la forza addirittura di sostituire l’attività normativa secondaria, fattispecie ben diversa da quella prevista dall’attuale articolo 4 del Decreto Ronchi.

E’ questa una problematica non da poco soprattutto per un’Autorità di controllo come Arpa, la quale, ad esempio nell’esercizio della proprio potere sanzionatorio, si dovrà porre la questione dell’efficacia derogatoria di questi nuovi Accordi rispetto alle procedure ed alle prescrizioni fissate nelle fonti primarie.

Insomma il quadro legislativo di riferimento che si troveranno di fronte da qui a poco gli operatori pare tutt’altro che definito, anche in considerazione del prevedibile contenzioso costituzionale che inevitabilmente si aprirà su molti punti del “testo unico”.

Seguiremo nei prossimi mesi l’evolversi della situazione.

Alcuni riferimenti sul web:

Il futuro della legislazione ambientale nelle previsioni del Ministero dell’Ambiente. Alcune riflessioni sullo schema di Dlgs sui rifiuti, P. Ficco e M. Santoloci in www.reteambiente.it; Testo del Decreto Unico ambientale. Il danno ambientale, F. Giampietro in www.giuristiambientali.it; Sanzioni amministrative e danno ambientale nel disegno di legge della “Finanziaria 2006”, F. Anile in www.giuristiambientali.it; Prime osservazioni sulla bozza decreto rifiuti (parte 4) da legge delega ambiente: impostazione generale, obblighi, divieti e sanzioni, G. Amendola in www.dirittoambiente.net

 

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* Avvocato, Responsabile U.O. Affari Legali Arpa Emilia-Romagna.

** Direttore Sezione Provinciale Arpa di Bologna, Componente Comitato scientifico di Ecomondo.

[1] Le opinioni espresse nel presente articolo sono riconducibili esclusivamente agli autori.

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