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n. 12/2003 - ©
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Manuel De Monte (*)
L'inquinamento elettromagnetico
derivante dalla telefonia mobile
ripartizione dei poteri tra Stato, Regioni e Comuni.
SOMMARIO: 1. Il quadro di riferimento normativo statale e regionale. 2. Il riparto di competenze tra Stato e Regioni e Comuni prima dell’entrata in vigore del D.Lgs 198/2002 (decreto Gasparri). 3. L’entrata in vigore del Decreto Gasparri. 4. L’operatività del Decreto Gasparri. 5. Profili di illegittimità costituzionale del Decreto Gasparri. 6. Le sentenze della Corte costituzionale n. 303 dell’1.10.2003 e del 7.10.2003. 7. Considerazioni finali.
1. Il QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO STATALE E REGIONALE
Per affrontare correttamente il problema dell’inquinamento da campi elettromagnetici derivante dalle diffusione del sistema di telefonia mobile, si impone una necessaria ricognizione del quadro normativo statale e regionale in tema di "installazione di stazioni radio base "sia sotto l’aspetto delle competenze, sia sotto l’aspetto della tutela della salute, sia sotto l’aspetto urbanistico-edilizio.
Normativa Statale
La L. 15 marzo 1997 n. 59. L’art. 1 della detta legge, nello stabilire le funzioni e compiti delle Regioni e degli Enti Locali, ha riservato all’Amministrazione statale i compiti di rilievo nazionale del sistema della protezione civile, per la difesa del suolo, per la tutela dell'ambiente e della salute (art. 1 n. 4 lett. C);
Il D. Lgs. 31 marzo 1998 n. 112, emanato in attuazione della citata l. 59 del 1997. L’art. 69 ha stabilito che, ai sensi dell'art. 1, comma IV, lettera c), della l. 15 marzo 1997 n. 59, sono compiti di rilievo nazionale per la tutela dell'ambiente quelli relativi alla determinazione di valori limite, standard, obiettivi di qualità e sicurezza e norme tecniche necessari al raggiungimento di un livello adeguato di tutela dell'ambiente sul territorio nazionale (lett. e).
L’art. 83 del D.Lgs. 112/98 ha poi specificato che, ai sensi dell'art. 1, comma IV, lettera c), della l. 15 marzo 1997 n. 59, hanno rilievo nazionale i compiti relativi:
- alla disciplina del monitoraggio della qualità dell'aria: metodi di analisi, criteri di installazione e funzionamento delle stazioni di rilevamento; criteri per la raccolta dei dati (lett. a);
- alla fissazione di valori limite e guida della qualità dell'aria (lett. b);
- alla fissazione e aggiornamento delle linee guida per il contenimento delle emissioni, dei valori minimi e massimi di emissione, metodi di campionamento, criteri per l'utilizzazione delle migliori tecnologie disponibili e criteri di adeguamento degli impianti esistenti (lett. e);
- alla determinazione dei criteri per l'elaborazione dei piani regionali di risanamento e tutela della qualità dell'aria (lett. h);
- alla definizione di criteri generali per la redazione degli inventari delle fonti di emissione (lett. i).
La L. 31 luglio 1997 n. 249 disciplina l’istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo. L’art. 1 , comma n. 6 lett. a n. 15, ha disposto che:
- l'Autorità "vigila sui tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana e verifica che tali tetti, anche per effetto congiunto di più emissioni elettromagnetiche, non vengano superati, anche avvalendosi degli organi periferici del Ministero delle comunicazioni" (il rispetto di tali indici rappresentano condizione obbligatoria per le licenze o le concessioni all'installazione di apparati con emissioni elettromagnetiche);
- "il Ministero dell'ambiente, d'intesa con il Ministero della sanità e con il Ministero delle comunicazioni, sentiti l'Istituto superiore di sanità e l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA), fissa entro sessanta giorni i tetti di cui al presente numero (comma 6 lett. a n. 15), tenendo conto anche delle norme comunitarie".
Il Decreto Ministeriale n. 381 del 10.9.1998 ha fissato:
- i valori limite di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici connessi al funzionamento ed all'esercizio dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell'intervallo di frequenza compresa fra 100 kHz e 300 GHz (art. 1);
- i limiti di esposizione (art. 3, con rinvio alla Tabella 1);
- le misure di cautela e gli obiettivi di qualità (art. 4);
- le azioni di risanamento (art. 5);
Il II e il III comma dell'art. 4 del citato Decreto hanno inoltre precisato che:
- in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore non devono essere superati i seguenti valori, indipendentemente dalla frequenza, mediati su un'area equivalente alla sezione verticale del corpo umano e su qualsiasi intervallo di sei minuti: 6 V/m per il campo elettrico, 0,016 A/m per il campo magnetico intesi come valori efficaci e, per frequenze comprese tra 3 Mhz e 300 GHz, 0,10 W/m2 per la densità di potenza dell'onda piana equivalente;
- "nell'ambito delle proprie competenze, fatte salve le attribuzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, le Regioni e le Province autonome disciplinano l'installazione e la modifica degli impianti di radiocomunicazione al fine di garantire il rispetto dei limiti di cui al precedente articolo 3 e dei valori di cui al precedente comma, il raggiungimento di eventuali obiettivi di qualità, nonché le attività di controllo e vigilanza in accordo con la normativa vigente, anche in collaborazione con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, per quanto attiene all'identificazione degli impianti e delle frequenze loro assegnate".
La Legge 22 febbraio 2001 n. 36, (legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) :
Il Decreto Legislativo 4.9.2001 n. 443 ( Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma dell’art. 1, comma 2 , della legge 21.12.2001 n. 443 ) .
- All’art. 3 stabilisce quanto segue:
La L. Cost. 18.10.2001 n. 3 (in Gazzetta ufficiale n. 248 del 24.10.2001) di modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione.
- all’art. 3 riconosce alla Stato la legislazione esclusiva in determinate materie, tra le quali rientra la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali ( art. 3 n. 1 lett. s) .
Il medesimo articolo attribuisce alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
- all’art. 4 dispone che le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni, salvo che, per assicurare l’esercizio unitario, siano conferite a Provincie, Regioni e Stato sulla base dei principi della sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
La Delibera CIPE 21.12.2001 n. 121 (in G.U. del 21.3.2002 n. 51 S.O.) ha approvato il programma delle "infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi" ed in particolare il Piano degli interventi nel comparto delle telecomunicazioni (all.to 5)..
Il Decreto Legislativo 4.9.2002 n. 198 (Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443. in G.U. del 13.9.2003 n. 215)
(Dichiarato incostituzionale con la sentenza della Corte 203/2003 ) .
All’art. art. 3 stabiliva che:
1) che le categorie di infrastrutture di telecomunicazioni, considerate strategiche ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, sono opere di interesse nazionale, realizzabili esclusivamente sulla base delle procedure definite dal presente decreto, anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 8, comma 1, lettera c), della legge 22 febbraio 2001, n. 36;
2) che le infrastrutture di cui all'articolo 4, ad esclusione delle torri e dei tralicci relativi alle reti di televisione digitale terrestre, sono compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e sono realizzabili in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento.
Il D.P.C.M. 8.7.2003 (in G.U. n. 199 del 28.8.2003) ha fissato i limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obbiettivi di qualità per la protezione dalle esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenza compresa tra 100 KHZ 300 GHZ.
Il D. Lgs 1.8.2003 n. 259 "Codice delle comunicazioni elettroniche" (in G.U. del 15.9.2003 n. 214 ), agli artt. 86,87,88 e 89 contiene la disciplina relativa alle " reti e impianti" ed in particolare l’art. 87 detta regole relative ai " Procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici " .
Normativa Regionale Abruzzese
La L.R. 4.6.1991 n. 20 detta norme in materia di prevenzione dell’inquinamento elettromagnetico.
Con tale legge è stata subordinata ad autorizzazione regionale l’installazione di impianti fissi oppure mobili, nuovi e già esistenti, con potenza massima immessa in antenna superiore a 5 Watt, per gli impianti fissi, oppure superiore a 25 Watt, per gli impianti mobili. Allo stesso regime autorizzatorio sono stati assoggettati gli impianti esistenti su cui si intende intervenire con modifiche tali da determinare il superamento dei limiti di cui sopra.
La L.R. 2.8.1997 n. 77, ha introdotto modificazioni ed integrazioni alla L.R. 4.6.1991 n. 20, estendendo l’autorizzazione agli impianti mobili con potenza superiore a 7 Watt (dagli originari 25 Watt).
Sono state dettate nuove prescrizioni per la localizzazione di impianti con potenza superiore a 350 Watt e, fra l’altro, è stata imposta una fascia di rispetto costituita da una zona inabitata avente un raggio determinato in funzione delle potenze e delle frequenze da istallare, comunque non inferiore a 1.000 metri, misurato a partire dall’area individuata.
E’ stata disposta l’inedificabilità delle zone di rispetto.
La L.R. 15.5.1999 n. 27, ha provveduto semplicemente al recepimento del D.M. n. 381 del 10.9.1998
La L.R. 21.7.1999 n. 42 ha introdotto alcune integrazioni alla L.R. 10.5.1999 n. 27 relative alla espressa abrogazione di alcune norme della L.R. 4.6.1991 n. 20 come modificata dalla L.R. 2.8.1997 n. 77 (art. 3, art. 5 comma 1, art. 6 comma 1, art. 6 comma 2, art. 6 comma 3; art. 7 comma 3).
La L.R. 14.1.2000 n. 3, ha disposto ulteriori modifiche alla normativa esistente. In particolare sono stati sostituiti gli artt. 2 e 5 della L.R. n. 20 del 4.6.1991 relativi al sistema autorizzatorio per l’installazione di nuovi impianti fissi con potenza superiore a 5 W oppure mobili con potenza superiore a 7 W nonché alla modifica di quelli esistenti.
La L.R. 7.4.2000 n. 56 ha disposto modifiche ed integrazioni alla L.R. n. 20 del 4.6. 1991.
In particolare l’art. 1 dispone che "L'istallazione di impianti fissi oppure mobili, nuovi e degli impianti esistenti, con potenza massima immessa in antenna superiore a 5 W, per gli impianti fissi, oppure superiore a 7 W, per gli impianti mobili è subordinata ad autorizzazione regionale".
La L.R. Abruzzo 6.7.2001 n. 22 (" Norme di prima attuazione del disposto del comma 6, dell’art. 8 della Legge 2.2.2001 n. 36 ") .
L’art. 1 dispone quanto segue:
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Per completezza di esposizione, occorre richiamare:
La L.R. 23.9.1998 n. 89, con la quale in adempimento agli obblighi previsti dalle Leggi 10/1977 e 537/93, la Regione Abruzzo ha provveduto a rideterminare i contributi per le concessioni edilizie in generale.
- l'art. 2 , commi 3°-4°, ha stabilito :
2. IL RIPARTO DI COMPETENZE TRA STATO, REGIONI E COMUNI PRIMA DELL’ENTRATA IN VIGORE DEL D.L. 198/2002 (DECRETO GASPARRI).
La complessa normativa susseguitasi nel corso degli anni ha determinato notevoli dubbi e difficoltà interpretative sia per quanto attiene alla ripartizione delle competenze tra Stato, Regioni ed Enti locali, sia per quanto attiene alle concrete e reali competenze regolamentari attribuite agli Enti Locali.
La legge quadro 36/ 2001, prima dell’entrata in vigore del D.Lgs 198/2002, sembrava potersi porre quale coerente punto d'arrivo di tale complesso di disposizioni, non sempre succedutesi con carattere di organicità, anche in relazione al rapido sviluppo di forme di comunicazione (e connesse tecnologie) in precedenza non diffuse. Nell'ambito di tale quadro normativo sono ravvisabili due coerenti - e costantemente ribaditi dalla giurisprudenza - principi di carattere generale e cioè:
a) l'esclusiva attribuzione allo Stato della funzione di fissazione dei criteri e dei limiti rilevanti al fine della protezione della popolazione dalle potenzialità nocive insite nell'esposizione a campi elettromagnetici (funzione che, significativamente, la legge quadro ricongiunge ad un'esigenza di attuazione dell'art. 32 della Costituzione);
b) il conferimento alle Regioni - con il vincolo del rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, nonché dei criteri e delle modalità fissati dallo Stato - dell'esercizio delle funzioni relative all'individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile, con il compito di definire le competenze che spettano alle Provincie ed ai Comuni; l’attribuzione ai Comuni del potere, ex art. 8 ultimo comma, di adottare, nel rispetto di quanto stabilito dal primo comma lett. a, un regolamento per il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti .
Con la L.R. 6.7.2001 n. 22 (" Norme di prima attuazione del disposto del comma 6,art. 8 della Legge 2.2.2001 n. 36") La Regione Abruzzo ha espressamente riconosciuto ai Comuni, nel rispetto delle norme vigenti in materia, il compito di individuare aree, criteri e parametri per le installazioni di cui al comma 1 ovvero in tal senso di apportare le opportune modifiche al regolamento edilizio e di adottare, fino alla definizione di tale regolamentazione, un Regolamento per stabilire criteri e parametri che consentano in via transitoria l'installazione nel rispetto dei principi di tutela di cui al 2° comma..
All’esito della adozione della legge quadro 36/2001 e della legge regionale 22/2001, molti Comuni , spinti da pressioni legate a diffuse preoccupazioni di natura sanitaria per il crescente fenomeno della installazione di antenne, hanno adottato "regolamenti" attinenti più a questioni relative alla salute che alle modalità urbanistiche di sistemazione delle stazioni radio base.
Si è cosi assistito ad un proliferazione di regolamenti comunali con conseguenti ricorsi dinanzi ai Giudici Amministrativi da parte dei gestori delle concessioni delle telefonia mobile che sostanzialmente lamentavano l’incompetenza delle amministrazioni locali a disciplinare materie ( tutela della salute e dell’ambiente ) riservate allo Stato.
I Giudici Amministrativi di primo e secondo grado, hanno sistematicamente accolto i ricorsi annullando i regolamenti regionali e comunali (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 3.6.2002 n. 3095; 3.8.2002 n. 4096; Cons. Stato sez. V 18.11.2002 n. 6391; Cons. Stato sez. VI 30.5.2003 n. 2997; TAR Toscana sez. I, 16.1.2003 n. 12; TAR per l’Abruzzo sez. di Pescara 23.1.2002 n. 170; TAR Veneto sez. III 28.10.2002 n. 6118; TAR Lazio Roma sez. II 4.7.2001 n. 7015).
La giurisprudenza e la dottrina hanno riconosciuto però ai Comuni il potere di adottare regolamenti al fine di individuare specifiche zone in cui posizionare gli impianti e di dettare precise norme al fine di regolamentare l’installazione dei predetti impianti, sempre che tale potere regolamentare sia finalizzato al corretto uso del territorio ed alla minimizzazione della esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici senza incidere sui parametri fissati dallo Stato.
(in dottrina: Elettrosmog: Regole E Linee Di Condotta, D’Angelo e Montemurro, SOLE 24 ORE, 2002, 231 e segg; Le competenze delle Regioni e dei Comuni in materia di installazione delle stazioni radio base per la telefonia mobile, avv. Nicola Lais, nella rivista web www.lexitalia.it; La tutela dall’inquinamento elettromagnetico nell'evoluzione giurisprudenziale, Ruggiero Tumbiolo, in Rivista Giuridica dell’ambiente, n. 3-4/2001; La Normativa in materia di inquinamento elettromagnetico, Giovanna Landi e Rosanna Miccichè, in Rivista Giuridica dell’Ambiente, n. 6/2001; in giurisprudenza: TAR Veneto sez. II, 14.6.2000 n. 1010 con ampia nota di Matteo Ceruti in Rivista Giuridica Ambiente n. 2/2001; TAR Lombardia, Milano I, 21.11.2000 ord. N. 3765; TAR Puglia, Lecce, Sez. I, Ordinanza 8.11.2001 n. 1392; TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 24.10.2001 n. 2007; TAR Abruzzo, sez. Pescara, 23.1.2002 n. 170 che riconosce ai Comuni il compito di individuare nell’uso del territorio i siti più idonei per gli impianti di telefonia mobile; TAR Lazio sez. II 25.1.2002 n. 678 e TAR Veneto sez. II, 4.2.2002 n. 347 che riconoscono ai Comuni il compito della regolamentazione sotto il profilo urbanistico ed edilizio con adeguata istruttoria) .
3. L’ENTRATA IN VIGORE DEL DECRETO GASPARRI .
L’approvazione del D.Lgs 4.9.2002 n. 198 (c.d. Decreto Gasparri) aveva introdotto una nuova e consistente normativa inerente la "installazione di stazioni radio base per telefonia mobile" ed in genere quella riguardante la realizzazione delle "reti di telecomunicazione" , andando ad incidere su quella che sembrava aver stabilito un grado accettabile di chiarezza, per quanto attiene al riparto delle competenze e alla natura dei poteri attribuiti agli enti locali.
Il D.Lgs 198/2002 era stato presentato come normativa di semplificazione per la installazione di stazioni radio base per telefonia mobile nonché di superamento dei ruoli e delle competenze delle regioni e dei comuni nella gestione urbanistica dell’insediamento delle infrastrutture.
Il problema che si era posto all’attenzione degli operatori ma, soprattutto alle amministrazioni locali, è se il decreto Gasparri avesse soppresso o meno la competenza del Comune in materia di individuazione dei siti riconosciuta dal n. 6 di cui all’art. 8 della L. Quadro 22.2.2001 n. 36 e dall’art. 1 della L.R. 6.7.2001 n. 22 ed avesse, quindi, abrogato i Regolamenti Comunali precedenti.
L’unico riferimento alla legge quadro 36/2001 contenuto nel D.lgs 198/2002 era quello operato dall’art. 3.
L’art. 3 del detto decreto stabiliva al comma 1 che l’installazione delle infrastrutture di telecomunicazioni, o la loro modifica, era assoggettata ai procedimenti amministrativi previsti dal decreto medesimo, anche in deroga alle disposizioni di cui alla lett. c dell’art. 8 della L. 36/2001.
L’art. 8 della L. 36/2001 stabilisce, al n. 1, le competenze riservate alle Regioni . In particolare alla lett. c veniva riservato alle Regioni il compito di stabilire le " modalità per il rilascio delle autorizzazioni alla installazione degli impianti di cui al presente decreto .. ".
Il D.Lgs 198/2002, oltre alla modifica sopra evidenziata, non conteneva alcun altro richiamo alla legge quadro.
Contrariamente alla tesi dell’abrogazione tacita dei regolamenti comunali, dal combinato disposto delle norme citate sembrava potersi desumere che i poteri stabiliti dalla L. 36/2001 riconosciuti alle Regioni e ai Comuni erano rimasti immutati anche a seguito del D.Lgs 198/2002.
Non va tuttavia sottaciuto che il comma n. 2 dell’art. 3 del Decreto Gasparri aveva previsto che le infrastrutture di cui all’art. 4 ( tra le quali le stazioni radio base per reti di telecomunicazioni mobili GSM/UMTS n.d.r.), ad esclusione delle torri e dei tralicci relativi alle reti di televisione digitale terrestre, erano compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e realizzabili in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento.
Alcuni commentatori avevano interpretato tale disposizione nel senso che doveva considerarsi esclusa qualunque possibilità per i Comuni di concorrere alla definizione del fenomeno insediativo attraverso l'adozione di regolamenti previsti dall'art. 8’ della L. 36/2001 (cfr. Vittorio Triggiani, Il Decreto Gasparri ed i principi fondamentali di politica ambientale comunitaria, in sito web lexitalia.it).
Da un approfondito esame della complessa normativa in materia, sembrava più corretto ritenere che la disposizione del D.Lgs 198/2002 non determinasse la soppressione del potere regolamentare attribuito ai comuni dalla L. 36/2001 e dalla legge regionale 22/2001 e come abrogazione delle norme locali vigenti.
Alla contraria interpretazione e cioè alla tesi "abrogatrice" dei regolamenti si opponeva la struttura della norma del D.lgs . Se il Decreto Gasparri avesse voluto superare il potere normativo regionale e comunale specificatamente stabilito per siffatta materia dalla L. 36/2001, avrebbe espressamente previsto o l’abrogazione dell’art.8 della predetta legge o , quanto meno, la possibilità di derogare anche al comma n. 6 dell’ art. 8 (potere regolamentare del comune) e non solo alla lett. c del medesimo articolo in tema di procedure per il rilascio.
La "relazione governativa" al Decreto Gasparri confermava i potere regolamentari regionali e comunali. Infatti, nell’illustrare l’art. 3, la relazione così si esprimeva: "Quanto alla puntuale individuazione delle infrastrutture, la conoscenza degli interventi viene consentita ai livelli interessati (Regioni, Enti Locali) attraverso le domanda di autorizzazione ovvero le denunce di inizio attività, fermi restando i poteri regionali di cui alla L. 36 del 2001 e l’individuazione a livello locale delle aree in cui vanno raggiunti gli obbiettivi di qualità per le emissioni elettromagnetiche".
Occorre aggiungere che il componente della Giunta Regionale D’Abruzzo per l’Ambiente, con nota del 9.12.2002 prot. n. 1168/SEGR, riferendosi al D.Lgs 198/2001 in relazione alla L.R. 22/2001, aveva sollecitato le Amministrazioni locali a provvedere alla individuazioni di aree e alla fissazione di criteri e parametri secondo la previsione di cui alla L. R. 22/2001. Ciò ai fini del rilascio delle autorizzazioni alla installazione delle infrastrutture.
In realtà, la previsione di cui al comma n. 2 dell’art. 3 del D.Lgs 198/2002 secondo cui le infrastrutture dovevano considerarsi compatibili con tutto il territorio comunale , indipendentemente dalle previsione degli strumenti urbanistici e regolamentari, stava a significare che il Comune non poteva prevedere un divieto generale alla installazione di infrastrutture in considerazione di una particolare destinazione urbanistica dell’area nella quale l’impianto deve essere insediato. Non avrebbe potuto stabilire, ad esempio, il Comune che una "antenna" era incompatibile con la zona destinata a verde pubblico attrezzato secondo la previsione di piano o che "l’antenna" non può distare meno di 250 metri da un ospedale.
In definitiva il decreto Gasparri poteva essere interpretato nel senso che esso prevedeva deroghe a norme urbanistiche e regolamenti generali ma non alle regolamentazioni specifiche in materia di installazione di stazioni radio base.
Nella Regione Abruzzo, in epoca antecedente alla L.R. 22/2001, era stata già emanata la L.R. 23.9.1998 n. 89 che assimilava gli impianti pubblici o di uso pubblico destinati alle telecomunicazione agli <<impianti tecnologici che (non) si rendono indispensabili sulla base di nuove disposizioni, a seguito della revisione o installazione di impianti tecnologici>> e per i quali non era richiesta la conformità urbanistica.
Ciò, non ha escluso che i Comuni, nell’ambito del proprio potere regolamentare attribuito loro dalla L. 36/2001 e dalla L.R. 22/2001, potesse individuare zone in cui prevedere l’installazione di antenne al fine di disciplinare il territorio dal punto di vista urbanistico-edilizio e di minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici (art. 6 L. 36/2001).
La sez. VI del Cons. di Stato, con la sentenza del 26.8.2003 n. 4847, nell’esaminare un vicenda anche alla luce del decreto Gasparri, ha affermato la sussistenza del potere di pianificazione urbanistica dei Comuni in relazione agli impianti di telefonia mobile nonché il potere espropriativo per la realizzazione dei siti attrezzati da destinare ad impianti di telefonia mobile, con ciò riconoscendo il potere regolamentare dei Comuni in materia di installazione di impianti per telefonia mobile.
4. OPERATIVITA’ DEL DECRETO GASPARRI
Oltre alla problematica inerente alla soppressione o meno da parte del Decreto Gasparri delle competenza degli enti locali materia di individuazione dei siti riconosciuta dal n. 6 di cui all’art. 8 della L. Quadro 22.2.2001 n. 36 e dall’art. 1 della L.R. 6.7.2001 n. 22, si era anche posto il problema della immediata operatività del D.Lgs 198/2002 in difetto della individuazioni delle strutture ritenute strategiche in base alla legge "Lunardi" dalla quale tale decreto traeva origine
La normativa dettata dal D.Lgs 198/2002 riguardava esclusivamente le "infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione de lo sviluppo del paese" e solo in parte riguardava le reti di telefonia mobile . Con riferimento a tali strutture, considerate strategiche a norma dell’art. 1 comma 1 della L. 21.12.2001 n. 443 (legge Lunardi), si prevedevano deroghe a quanto stabilito dalla normativa statale di riferimento e cioè dalla L. 36/2001 .
Occorre osservare che il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica ha adottato la delibera del 21.12.2001 n. 121 con la quale è stata effettuata una prima individuazione delle infrastrutture considerate strategiche e di preminente interesse nazionale. Tale delibera reca un allegato relativo al "piano degli interventi nel comparto delle telecomunicazioni" contenente anche l’indicazione delle "reti per terminali UMTS e completamento GSM/GPRS".
Senochè tale "piano" si limita a indicare le forme di investimento previste dagli operatori privati del settore rinviando ad una successiva delibera (mai adottata) l’individuazione delle opere strategiche (cfr. nota n. 1 in calce all’allegato n. 5).
Se ne è dedotto che, fino a quando non fosse stata adottata tale delibera, non avrebbe potuto trovare applicazione la normativa speciale dettata dal decreto Gasparri (cfr. Matteo Ceruti, Stazioni radio base in condominio: tra innovazioni vietate, consenso informale e Decreto Gasparri, in Riv. Giuridca dell’Ambiente, n. 3/ 4 2003, 596 e segg.).
Tale orientamento era stato accolto sia dal TAR Veneto – sede di Venezia – con l’Ordinanza n. 411 del 24.7.2003, sia dal TAR Abruzzo L’Aquila, con l’ordinanza n. 203 del 17.9.2002 entrambe di rigetto della domanda di sospensione avverso un diniego di autorizzazioni edilizie presentate dai gestori di telefonia mobile ai sensi del Decreto Gasparri.
In particolare il TAR Abruzzo aveva motivato il diniego della misura cautelare precisando che "dubbia appare l’applicabilità del D.Lvo 4.9.2002 n. 198 alla generalità delle strutture di telecomunicazione, il cui carattere strategico deve essere ancora determinato" .
5. PROFILI DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DEL DECRETO GASPARRI .
Il Decreto Gasparri soprattutto nella sua interpretazione più "liberalizzatrice" per gli impianti e più "centralista" per le competenza, ha suscitato rilievi di incostituzionalità per contrasto con gli artt. 3, 117 e 118 della Cost. ( come riformulati dalla Legge costituzione del 18.10.2001 n. 3 ).
Il TAR Puglia-Lecce sez. II, con ordinanza del 10.1.2003 n. 38 ha osservato che " l’installazione sul territorio delle stazioni radio base per telefonia cellulare investe, necessariamente, profili ascrivibili ad una pluralità di materie (tutela dell’ambiente, ordinamento della comunicazione, tutela della salute e governo del territorio), di cui le ultime tre rientrano, indubbiamente, tra quelle in relazione alle quali – per espressa volontà del costituente – deve potersi esplicare la potestà legislativa concorrente delle Regioni. In particolare, il menzionato art. 3 del Decreto Legislativo 4 settembre 2002 n. 198 disciplina – esaustivamente – l’aspetto attinente all’inserimento urbanistico delle stazioni radio base per telefonia cellulare sul territorio comunale. In tal modo, la norma appare porsi anche in contrasto con il generale precetto sancito dall’art. 3 della Costituzione, che impone la ragionevolezza delle scelte legislative".
Occorre aggiungere che anche le Regioni Lombardia, Basilicata, Campania, Marche ed altre hanno sollevato la questione della legittimità costituzione del Decreto Gasparri per violazione dell’art. 117 della Costituzione.
Nel sollevare la questione di legittimità costituzionale, è stato inoltre osservato che il D.Lgs n. 198/2002 è stato emanato in virtù delle delega di cui alla L. 21.12.2001 n. 443 ( in materia di infrastrutture e insediamenti produttivi strategici ) e in tale delega un così sconvolgente accentramento statale non era stato in alcun modo previsto.
Si potrebbe peraltro aggiungere che, per il consolidato principio della "interpretazione adeguatrice" delle norme di legge ripetutamente affermato dalla Corte Costituzionale e dalla Giurisprudenza (Cort. Cost. Ord. 18.7.2002 n. 366; Ord. 19.10.2001 n. 338; 18.7.1997 n. 244) ove una normativa possa essere interpretata in conformità di principi costituzionali, non è necessario sollevare questioni di legittimità costituzionale.
Ciò risponde anche al principio generale ermeneutico di cui all’art. 1367 c.c. (conservazione delle norme) attuato nelle numerosissime sentenze "interpretative di rigetto" della Corte Costituzionale.
Del resto apparirebbe operazione legislativa priva di qualsiasi criterio logico una normativa di riappropriazione da parte dello Stato di competenze che appartengono da tempo a Regioni ed Enti locali a partire dall’originario art. 117 della Costituzione, che sono state confermate in tutte le leggi statali e regionali successive.
Ciò dopo la rivoluzionaria riforma "federalista" di cui alla legge costituzionale 18.10.2001 n. 3 e mentre si opera per attuare il principio della "devolution".
In definitiva la tesi secondo la quale, nel nuovo quadro istituzionale e costituzionale, lo Stato, con un Decreto legislativo si sarebbe appropriato di competenze mai avute addirittura abrogando o rendendo disapplicabili leggi regionali e regolamenti comunali, è priva di qualsiasi ragionevolezza.
6. LE SENTENZE DELLA CORTE COSTITUZIONE DELL’1.10.2003 N. 203 E DEL 7.10.2003 N. 307
Con la sentenza dell’1.10.2003 n. 203, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del D. Lgs. 4.9.2002 n. 198 (Decreto Gasparri) avente ad oggetto "Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche".
Le Regioni Campania, Toscana, Marche, Basilicata, Emilia Romagna, Umbria e Lombardia avevano proposto la questione di legittimità costituzionale con riferimento agli artt. 3, 9, 32, 41, 42, 44, 70, 76, 77, 97, 114, 117, 118 e 119 Cost., nonché all’art. 174 del trattato istitutivo della Comunità europea.
In via preliminare è stato osservato che legge di delega n. 443 del 2001 autorizzava l’adozione di una normativa specifica per le sole infrastrutture di telecomunicazione puntualmente individuate anno per anno, mentre nel caso di specie non vi sarebbe stata tale individuazione, ma esclusivamente una «sintesi del piano degli interventi nel comparto delle comunicazioni». Inoltre, è stato osservato che la delega sarebbe stata conferita per la realizzazione di "grandi opere", mentre tralicci, pali, antenne, impianti radiotrasmittenti, ripetitori, che il decreto legislativo n. 198 disciplinava, costituivano solo piccole opere, del tutto estranee all’oggetto della delega.
Nei ricorsi delle Regioni Campania, Toscana, Marche, Basilicata e Lombardia si è osservato, inoltre che il decreto legislativo n. 198 disciplinerebbe oggetti riconducibili alle materie "ordinamento della comunicazione", "governo del territorio" e "tutela della salute", di potestà concorrente, con disposizioni di minuto dettaglio e che nella materia oggetto del decreto legislativo n. 198 spetterebbe alle Regioni una potestà legislativa piena, salvi gli aspetti relativi alla tutela dell’ambiente, della salute e quelli collegati al governo del territorio, ossia alla localizzazione delle opere.
La Corte Costituzionale, nell’esaminare il vizio di eccesso di delega, ha osservato che tale vizio può essere dedotto solo quanto tale violazione sia potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle attribuzioni costituzionale delle Regioni o Province autonome ricorrenti (cfr. Cort.Cost. 353 del 2002, 503 del 2002, 408 del 1998).
La Corte ha riconosciuto sussistere l’eccesso di delega in quanto il decreto Gasparri conteneva un compressione delle attribuzioni regionali sotto più profili specialmente con riferimento alla previsione urbanistica di cui all’art. 3 comma 2 del D.Lgs 198/0220 che consentiva la installazione delle antenne ed in genere delle infrastrutture nel territorio comunale anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento.
La Corte ha altresì rilevato una eccesso di delega in quanto la legge 3443/2001 aveva conferito al Governo il potere di dettare una normativa specifica per le infrastrutture strategiche puntualmente individuate, a mezzo di un programma formulato su proposta dei Ministri, sentite le Regioni interessate ovvero su proposta delle Regioni sentiti i Ministri competenti. Tale programma non era menzionato nel Decreto 198/2002 ed era stata prevista la installazione delle infrastrutture in assenza di un atto che preventivamente individuasse gli impianti quali infrastrutture strategiche pubbliche e private sulla scorta di un piano di investimento delle società di comunicazioni concessionarie.
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Con la sentenza del 7.10.2003 n. 307, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di alcuni articoli della legge della Regione Marche 13.11.2003 n. 25 (Disciplina regionale in materia di impianti fissi di radiocomunicazione al fine della tutela ambientale e sanitaria della popolazione), della legge della regione Campania n. 13 del 24.11.20002 (Prevenzione dei danni derivanti dai campi elettromagnetici generati da elettrodotti), della legge della regione Puglia n. 5 dell’8.3.2002 (Norme transitorie per la tutela dall’inquinamento elettromagnetico prodotto da sistemi di telecomunicazioni e radiotelevisioni operanti nell’intervallo di frequenza fra 0 Hz e 300 GHz) e della legge della regione Umbria n. 9 del 14 giugno 2002, (Tutela sanitaria e ambientale dall’esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici).
In particolare sono stati dichiarate incostituzionali le norme in materia di tutela della salute, dell’ambiente e della produzione, quelle in materia di trasporto e di distribuzione nazionale dell’energia, come ad esempio, quelle che fissano il valore limite di induzione magnetica (art. 2 comma 3 della L.R. Campania n. 13/2001), quelle che estendono il divieto di localizzazione degli impianti alle aree vincolate ai sensi della legge statale sui beni culturali e ambientali, quelle relative alle aree classificate di interesse storico–architettonico, alle aree "di pregio storico, culturale e testimoniale" e alle fasce di rispetto, di alcuni immobili "protetti" (ospedali, case di cura e di riposo, scuole e asili nido) (cfr. art. 10 comma 2 lett. m L.R. Puglia 5/2002), quelle che individuano "limiti di esposizione" (cfr. art. 1 comma 2 della L.R. Umbria 9/2002).
Con tale sentenza, la Corte Costituzionale è intervenuta per delimitare ancora una volta i confini fra la competenza legislativa statale e quella regionale alla luce del nuovo titolo V della Costituzione nell’ambito delle materie per le quali è prevista una potestà legislativa concorrente.
In particolare la Corte si è posta il problema di stabilire se i valori–soglia (limiti di esposizione, valori di attenzione, obiettivi di qualità definiti come valori di campo), la cui fissazione è rimessa allo Stato, possano essere modificati dalla Regione, fissando valori–soglia più bassi, o regole più rigorose o tempi più ravvicinati per la loro adozione.
Per giungere ad una corretta soluzione del problema, la Corte ha affrontato la tematica della ratio della fissazione di tali limiti.
Se la fissazione , afferma la Corte, fosse finalizzata esclusivamente alla necessità di tutelare la salute dai rischi dell’inquinamento, dovrebbe considerarsi lecito l’intervento delle Regioni volto a prevedere limiti più rigorosi rispetto a quelli individuati dallo Stato, in coerenza con il principio, proprio anche del diritto comunitario, che ammette deroghe alla disciplina comune, in specifici territori, con effetti di maggiore protezione dei valori tutelati (cfr. sentenze n. 382 del 1999 e n. 407 del 2002).
La Corte ha però evidenziato che la fissazione di valori–soglia risponde ad una ratio più complessa e articolata in quanto essa mira da un lato a proteggere la salute della popolazione dagli effetti negativi delle emissioni elettromagnetiche e dall’altro a consentire, anche attraverso la fissazione di soglie diverse in relazione ai tipi di esposizione ma uniformi sul territorio nazionale, e dall’altro lato alla graduazione nel tempo degli obiettivi di qualità espressi come valori di campo, per la realizzazione degli impianti e delle reti rispondenti a rilevanti interessi nazionali, sottesi alle competenze concorrenti di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
L’attribuzione allo Stato della funzione di determinare i valori–soglia risponde dunque alla necessità del "preminente interesse nazionale alla definizione di criteri unitari e di normative omogenee"
In sostanza, conclude la Corte, "la fissazione a livello nazionale dei valori–soglia, non derogabili dalle Regioni nemmeno in senso più restrittivo, rappresenta il punto di equilibrio fra le esigenze contrapposte di evitare al massimo l’impatto delle emissioni elettromagnetiche e di realizzare impianti necessari al Paese, nella logica per cui la competenza delle Regioni in materia di trasporto dell’energia e di ordinamento della comunicazione è di tipo concorrente, vincolata ai principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato".
La Corte Costituzionale ha, infine, riaffermato che, nell’ambito delle discipline localizzative e territoriali, spetta esclusivamente alle Regioni e agli enti locali regolare autonomamente l’uso del proprio territorio con l’unico limite del rispetto delle esigenze della pianificazione nazionale degli impianti e con il vincolo di non impedire ed ostacolare ingiustificatamente l’insediamento degli stessi.
E’ opportuno evidenziare che, con riferimento alla legge della Regione Puglia 5/2002, la Corte ha ritenuto infondata la questione di legittimità sollevata sulla norma (art. 3, comma 1, lettera m) che definisce le "aree sensibili" e cioè quelle "aree per le quali le amministrazioni comunali, su regolamentazione regionale, possono prescrivere localizzazioni alternative degli impianti, in considerazione della particolare densità abitativa, della presenza di infrastrutture e/o servizi a elevata intensità d’uso, nonché dello specifico interesse storico–architettonico e paesaggistico–ambientale", e sulla norma (art. 4 comma 1) che stabilisce che la Regione "nel rispetto dei limiti previsti dal d.m. n. 381/1998" e " tenendo conto degli strumenti della pianificazione territoriale, paesaggistica e ambientale, a livello regionale e locale, detta i criteri generali per la localizzazione degli impianti, nonché i criteri inerenti l’identificazione delle ‘aree sensibili’ e la relativa perimetrazione".
Secondo la parte ricorrente, tale disciplina avrebbe ecceduto la competenza regionale: definendo le "aree sensibili" e prevedendo i criteri per la loro identificazione e perimetrazione, sarebbero state introdotte norme appartenenti alla legislazione statale di principio ed in contrasto con essa.
La questione non è stata ritenuta fondata.
La Corte ha ritenuto che tale disciplina non eccede la competenza regionale giacchè le "aree sensibili" sono definite dalla legge regionale con riguardo a situazioni e interessi (tutela della popolazione nelle aree densamente abitate o frequentate, interesse storico–artistico o paesistico dell’area) di cui la Regione ha certamente titolo per occuparsi in sede di regolazione dell’uso del proprio territorio. Soprattutto la definizione e la perimetrazione di tali aree, nel sistema della legge regionale, aggiunge la Corte, hanno l’unico scopo di fondare la previsione di "localizzazioni alternative", cioè un tipo di misura che, fermo restando il necessario rispetto dei vincoli della programmazione nazionale delle reti e della pianificazione del territorio, rientra appieno nella competenza regionale in tema di governo del territorio, e specificamente nella competenza regionale, riconosciuta dalla legge quadro (art. 8, comma 1, lettera a), per la "individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione".
La Corte ha evidenziato che la previsione di aree sensibili non prelude dunque alla fissazione di valori–soglia diversi e contrastanti con quelli fissati dallo Stato ma attiene alla indicazione di obiettivi di qualità non consistenti in valori di campo, ma in criteri di localizzazione, standard urbanistici, prescrizioni e incentivazioni all’utilizzo della miglior tecnologia disponibile, o alla cura dell’interesse regionale e locale all’uso più congruo del territorio, sia pure nel quadro dei vincoli che derivano dalla pianificazione nazionale delle reti e dai relativi parametri tecnici, nonché dai valori–soglia stabiliti dallo Stato.
Assai rilevante appare, inoltre, la decisione della Corte Costituzionale di non ritenere fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, della legge regionale pugliese, secondo cui è vietata l’installazione di sistemi radianti relativi agli impianti di emittenza radiotelevisiva e di stazioni radio base per telefonia mobile su "ospedali, case di cura e di riposo, scuole e asili nido".
Secondo la presidenza del Consiglio dei Ministri tale divieto assoluto avrebbe un contenuto diverso ed eccedente rispetto all’unico parametro del valore di campo elettromagnetico prescritto dal d.m. n. 381 del 1998, cui rinvia la norma transitoria dell’art. 16 della legge quadro.
La Corte ha invece ritenuto che il divieto di installazione riferito a specifici edifici, non eccede l’ambito di un "criterio di localizzazione", in negativo, degli impianti, e dunque l’ambito degli "obiettivi di qualità" consistenti in criteri localizzativi, la cui definizione è rimessa alle Regioni dall’art. 3, comma 1, lettera d, e dall’art. 8, comma 1, lettera e, della legge quadro. La Corte ha altresì ritenuto che tale divieto non è di per sé suscettibile di pregiudicare la realizzazione delle reti (cfr. in tal senso anche la sentenza della Corte Costituzionale 7.11.2003 n. 331 che ha ritenuto legittima la disciplina dettata dalla legge regionale della Lombardia 10.6.2002 n. 12 che vieta l’installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione «in corrispondenza» delle aree «sensibili)
7. CONSIDERAZIONI FINALI
All’esito delle due sentenza della Corte Costituzionale, appaiono più chiari e marcati i confini tra i poteri dello Stato e quelli delle Regioni, ed in genere degli Enti Locali, nell’ambito della complessa materia della installazione degli impianti di telefonia cellulare ed in genere delle problematiche inerenti l’inquinamento elettromagnetico derivante da stazioni radio mobile.
Non v’è dubbio che l’aumento delle infrastrutture per la telecomunicazione causato dalla grande richiesta e diffusione quasi capillare dei "telefonini" e degli impianti di trasporto e distribuzione dell’energia ha sicuramente determinato un maggiore livello di inquinamento elettromagnetico suscitando un forte allarme nella popolazione nonché delle amministrazioni locali.
La mancanza di uno studio scientifico chiaro ed univoco che stabilisca le reali ed effettive conseguenze dei campi elettromagnetici per la salute dell’uomo, la frammentaria e spesso non coordinata normativa in materia, hanno amplificato i numerosi problemi derivanti dalla necessità di tutelare contestualmente più diritti costituzionalmente garantiti.
Se da un lato la popolazione, le amministrazione locali e le associazioni ambientaliste rivendicano la necessità forte della tutela della salute, dell’ambiente e del corretto assetto del territorio, altrettanto forte è la spinta verso la tutela del diritto alla comunicazione collegata alla crescente tecnologia e alla forte richiesta da parte della utenza.
Non sarebbe ipotizzabile un divieto eccessivo e generalizzato di installazione di infrastrutture per telecomunicazione e quindi di generazione di campi elettromagnetici finalizzato alla tutela della salute o dell’ambiente. Parimenti il diritto alla comunicazione non potrebbe portare ad una indiscriminata installazione di antenne con relative emissioni di onde elettromagnetiche o ad un deturpamento del territorio o ad una compromissione della salute.
Appare dunque logico e ragionevole operare un corretto bilanciamento degli interessi contrastanti per raggiungere il migliore assetto nel quale far convivere diritti costituzionalmente garantiti contrapposti solo se non opportunamente dimensionati (cfr. sul punto Francesco de Leonardis Il diritto alla comunicazione nel bilanciamento di interessi in materia di emissioni elettromagnetiche, in Foro Amm. C.d.S. II, 2003 Giuffrè).
La Corte Costituzionale, con le due sentenze dell’1 e del 7 ottobre 2003, ha operato nel senso di raggiungere l’equilibrio tra due opposte esigenze da un lato attribuendo alla potestà legislativa statale il compito della fissazione dei valori–soglia, non derogabili dalle Regioni nemmeno in senso più restrittivo, e cioè dei limiti oltre i quali, precauzionalmente, non sono legittime le emissioni, dall’altro riconoscendo alle Regioni e agli Enti locali il potere di regolamentare l’uso del proprio territorio, incluso quello di individuare positivamente specifiche zone in cui autorizzare l’installazione delle infrastrutture ovvero di vietare l’installazione con riferimento ad individuate aree sensibili, con il limite di rispettare le esigenza di pianificazione nazionale e di non ostacolare ingiustificatamente l’insediamento delle stesse.
La materia dell’inquinamento elettromagnetico costituisce probabilmente il settore nel quale il sistema "federale" con la normativa "concorrente" locale può esercitare la sua positività con opportune delimitazioni. Rispondendo cioè, in modo positivo ad esigenze che, se "sregolate" hanno natura contrapposta, se opportunamente "dosate" e "disciplinate" si rivelano come complementari per gli interessi della collettività e dei singoli.
(*) Avvocato.