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Articoli e note

 

LUCIO DE MARINIS
(Segretario Generale della Provincia di Chieti)

Ancora sull’abrogazione dei controlli sugli atti degli ee.ll.

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Alla vigilia  della entrata in vigore (8 novembre 2001) della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,recante modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, assume assoluta rilevanza il dibattito che si è acceso su una delle problematiche di maggior rilievo  per gli enti locali, segnatamente la sorte dei controlli di legittimità sugli atti.

Nella specifica materia si sono formate due (potremmo così definirle) “scuole di pensiero”.

Una che sostiene l’implicita abrogazione dei controlli a decorrere dalla data di entrata in vigore della l. n°3/2001, l’altra che sostiene la necessità di un espresso intervento del giudice delle leggi, a seguito di giudizio incidentale di legittimità costituzionale, ovvero l’intervento del legislatore (regionale) per dare applicazione ai nuovi principi costituzionali (1).

La tesi dei sostenitori della immediata abrogazione dei controlli si basa,in buona sostanza, sulle seguenti argomentazioni:

1) con l’abrogazione dell’art. 130 della Costituzione è venuta meno la copertura costituzionale ai controlli sugli enti locali;

2) l’articolo 126, comma 1, del D.Lgvo 267/2000, nello stabilire quali atti  sono assoggettati al controllo di legittimità, fa espresso riferimento all’art. 130 della Costituzione;

3) nel nuovo Titolo V della Costituzione è contenta tutta una serie di principi con i quali le norme statali in materia  di controllo sarebbero assolutamente incompatibili,donde la loro abrogazione implicita.

Si sostiene dall’altra parte (2) che,secondo il costante orientamento del Giudice delle leggi:

1) Costituisce fondamentale principio di diritto costituzionale  quello secondo il quale la circostanza che una legge sia sospetta di incostituzionalità ovvero si ponga in rotta di collisione con i principi della Costituzione, non rende ex se inoperante o abrogata la norma stessa, ma presuppone una esplicita pronuncia da parte del Giudice delle leggi;

2) L’orientamento costante della giurisprudenza in base al quale, fra le diverse interpretazioni possibili di una norma deve preferirsi quella conforme alla Costituzione, non esime lo stesso giudice,nel caso di contrasto tra norme e trincio costituzionale,dal sollevare n via incidentale questione di legittimità costituzionale.

Conseguentemente, l’entrata in vigore della legge costituzionale non comporterà “alcuna implicita abrogazione delle norme in materia”.

A questo punto la domanda se le deliberazioni degli enti locali, dopo l’8 novembre 2001, sono ancora assoggettate al controllo di legittimità e,quindi, devono essere ancora inviate all’organo di controllo che seguiterà ad esercitare sulle stesse il controllo, resta senza una risposta univoca.

Si deve,pertanto,ritenere che l’approccio alla problematica  che ne occupa debba effettuarsi partendo da un diverso ordine di considerazioni,vale a dire che  per sostenere la tesi della immediata cessazione dei controlli di legittimità sugli atti degli enti locali, più che far leva sull’istituto della abrogazione implicita delle disposizioni di legge previgenti alla riforma della Costituzione per incompatibilità delle stesse con i nuovi principi costituzionali (argomento, peraltro, che seppure non irrilevante può essere, come visto, confutato), si debba, piuttosto, ragionare, in ordine all’esercizio del controllo di legittimità, in termini di effettività di potere e ricercare quale sia la fonte attributiva del potere stesso.

Vale a dire che deve essere stabilito se  l’imputazione della funzione di controllo di legittimità sugli atti degli enti locali ad un organo della regione (il cui carattere regionale rileva esclusivamente al fine della sua ascrizione all’Ente Regione sotto il profilo strettamente organizzativo), sia da ascriversi all’art. 130 della Costituzione, ovvero alle leggi statali emanate in materia di controlli.

Infatti, posto che l’attività di controllo è attività funzionalizzata il cui espletamento   si sostanzia, pertanto,nell’esercizio di una funzione (amministrativa), affinché l’esercizio della funzione stessa possa avvenire legittimamente è necessario che esista, nell’ordinamento giuridico, una norma che riconosca, vale a dire attribuisca, a quel complesso organizzatorio lo specifico potere talchè gli atti da esso posti in essere possano giungere ad effetto.

Giova, pertanto,ricordare che gli enti locali, nel sistema delle leggi comunali provinciali di cui ai testi unici del 1934 e 1915 e al Regolamento del 1911, erano sottoposti a penetranti poteri di vigilanza, di controllo e tutela da parte dello Stato che li esercitava per il tramite di organi statali decentrati quali il Prefetto  e la giunta Provinciale amministrativa,nonché a più specifici e penetranti poteri di autorizzazione e approvazione,anche questi esercitati da organi statali di amministrazione attiva.

Tale sistema di controllo era manifestamente in contrasto con il sistema costituzionale delle autonomie locali soprattutto sotto due specifici aspetti: il primo attinente alla imputazione soggettiva di tali poteri e segnatamente ad organi statali di amministrazione attiva privi,pertanto,del carattere di neutralità, il secondo concernente il tipo di funzione di controllo attribuita a tali organi, non limitata a garantire la mera legalità degli atti, ma intesa a sindacarli anche nel merito.

Questo sistema è stato profondamente modificato dalla Costituzione che, all’art. 130,  ha stabilito che il controllo di legittimità sugli atti delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali è esercitato da un organo della regione, costituito nei modi stabiliti dalla legge della Repubblica.

La norma, che comporta un duplice ordine di conseguenze circa il contenuto dei poteri di controlli e circa l’imputazione soggettiva degli stessi poteri, oltre ad aver avuto come conseguenza, per effetto delle trasformazioni apportate dal nuovo ordinamento degli enti locali, prima la trasformazione e, subito dopo, la soppressione del controllo di merito, oltre alla riduzione del controllo di legittimità alle principali deliberazioni dell’ente, ha altresì comportato la sostituzione dell’organo dello Stato con un organo della Regione al quale ha attribuito la funzione di controllo sugli atti degli ee.ll., conseguentemente radicando nel medesimo organo il correlato potere (“Un organo della Regione……….e s e r c i t a …………il controllo di legittimità sugli atti delle province,dei Comuni e degli altri enti locali”, così recita(va) l’art. 130 della Costituzione).

 A dare attuazione al precetto costituzionale ha provveduto la legge 62/53 la quale, dopo  aver disposto l’istituzione dell’organo regionale, ha dettato norme riguardanti la sua composizione nonché il procedimento di controllo. Tale normativa è stata, successivamente, ridisegnata dalla legge delle autonomie e,da ultimo, dal decreto legislativo n° 267 del 2000 recante norme sull’ordinamento degli enti locali.

Gli aspetti organizzativi sono stati disciplinati dalle leggi regionali.

Ebbene, da quanto detto, emerge con tutta evidenza che la norma che ha radicato nell’organo regionale (CORECO) il potere di controllo di legittimità sugli atti degli ee.ll. è l’art. 130 della Costituzione, atteso che alle altre leggi della Repubblica il medesimo art. 130 ha demandato il compito di dare attuazione al precetto costituzionale provvedendo alla creazione, si potrebbe dire, in astratto dell’organo, mentre alla legge regionale era riservata la disciplina del dettaglio organizzatorio, vale a dire la messa in opera dell’organo.

E’ di tutta evidenza che l’organo, una volta istituito e costituito (id est, messo in opera) ha esercitato il potere che gli era stato attribuito dall’art. 130 della Costituzione.

Ed allora, se la norma che ha radicato nell’organo regionale il potere di controllo sugli atti degli ee.ll. è l’art. 130 della Costituzione, non può essere revocato in dubbio che per effetto della abrogazione dello stesso art. 130 l’organo regionale già titolare del potere de quo è stato privato del potere stesso atteso che è venuta meno l’imputazione, ascrivibile alla ripetuta fonte costituzionale, della funzione di controllo  all’organo regionale medesimo il quale, pertanto, in base all’ordinamento, non dispone più di alcuna forza operativa mancando di qualsiasi signoria nel settore.

La conseguenza dell’abrogazione dell’art. 130 della Costituzione, disposta dall’art. 9 della legge costituzionale n° 3/2001, è, pertanto, di tutta evidenza: è stata soppressa la fonte, di rango  costituzionale, dell’imputazione,  all’organo regionale, della funzione di controllo sugli atti degli ee.ll., vale a dire che è stata soppressa la fonte attributiva del correlato potere con la conseguenza che l’organo della regione, cioè il CORECO, di cui all’abrogato art. 130 Cost., anche a volerne ammettere la sopravvivenza,come da parte di alcuni si sostiene, in ordine alla funzione di controllo di legittimità sugli atti degli ee.ll. difetta di attribuzione, talchè,nel caso in cui dovesse continuare ad esercitare arbitrariamente detto controllo porrebbe in essere atti amministrativi inesistenti o, più correttamente, un comportamento senza potere.

Da quanto fin qui detto,pertanto,discende che con l’entrata in vigore della legge costituzionale 3/2001, cessando immediatamente di esistere nel nostro ordinamento l’istituto del controllo di cui all’abrogato art. 130 della Costituzione, cessa anche l’attività di controllo del CORECO, talchè cessa, altresì, l’obbligo di inviare allo stesso le deliberazioni degli organi collegiali degli ee.ll., le quali diverranno esecutive esclusivamente a norma dell’art. 134,comma 3, el T.U. 267/2000.

A questo punto ci si chiederà come sia possibile affermare quanto detto in presenza del corpo legislativo, statale e regionale, in materia di controlli.

Ebbene,al riguardo deve essere, innanzitutto, rilevato che tutte le  disposizioni di legge in materia di controlli si connotano come disposizioni di attuazione dell’art. 130 della Costituzione.

Si avuto modo, infatti, di rilevare che il ripetuto art. 130 demanda alla legge della Repubblica la disciplina della costituzione dell’organo regionale titolare della funzione di controllo e che, a tale compito, ha provveduto, in un primo tempo, la legge 10 febbraio 1953, n. 62, la cui disciplina è stata, successivamente, ridisegnata dalle legge delle autonomie locali (l. 142/90 e successive sue modifiche e integrazioni) e da ultimo il D.Lgvo 267/2000.

E’ innegabile,pertanto, che le predette leggi sono dirette a rendere possibile l’applicabilità del precetto costituzionale.

Ed allora, poiché il precetto costituzionale al quale le leggi in materia di controlli hanno dato attuazione è stato espunto dall’ordinamento giuridico per effetto della abrogazione della norma che quel precetto conteneva, conseguentemente cessa la vigenza delle leggi  attuative del  precetto medesimo per sopravvenuta impossibilità di dare esecuzione alle leggi stesse.

Infatti, la cessazione della vigenza di una intera legge o di sue singole statuizioni può verificarsi,oltre che a seguito di abrogazione e di dichiarazione di illegittimità costituzionale, anche per cause diverse, quali il compimento del termine o l’avverarsi della condizione (fissati nella stessa legge o in altre leggi), per la fine della sua vigenza ( il che avviene per le disposizioni legislative temporanee, tra le quali rientrano quelle comunemente denominate “transitorie”) e, appunto, per la sopravvenuta impossibilità di dare esecuzione alla legge stessa (3).

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(1) G. VIRGA, I nuovi principi costituzionali non possono abrogare per implicito le disposizioni delle leggi previgenti, in www.lexitalia.it/articoli

(2) G. VIRGA, op. cit., ivi.

(3) A.M. SANDULLI, Legge (Diritto Costituzionale), in Novissimo Digesto Italiano, ad vocem, pag. 650.


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