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DIEGO
DE CAROLIS
(Ricercatore
di diritto amministrativo nell'Università di Teramo)
Il CONI e le Federazioni nel quadro normativo nazionale (*)
SOMMARIO:
1. La nascita dell’ordinamento sportivo italiano; 2. La disciplina statale ed
i rapporti tra ordinamenti; 3. La Natura giuridica del CONI e delle Federazioni
sportive; 4. La giurisdizione “domestica” e la garanzia della tutela
giurisdizionale dello Stato; 5. il vincolo di giustizia 5. Considerazioni
conclusive alla luce dei recenti progetti di riforma.
1.- La nascita dell’ordinamento sportivo italiano.
Le origini dell’ordinamento
sportivo italiano, ed il processo evolutivo dei rapporti con l’ordinamento
statuale sono stati oggetto attenzione da parte degli studiosi[1].
In questa sede va
ricordato che l’ordinamento sportivo italiano sorge in modo spontaneo,
attraverso un autonomo modulo organizzativo.
Caratteristica fondamentale
dell’associazionismo sportivo è l’ampia autonomia (economica e normativa)
è il fenomeno associativo rappresenta la struttura portante da cui dipende la
diffusione della pratica sportiva.
Lo sviluppo di tale fenomeno
sociale è iniziato a partire dalla seconda metà dell’800, periodo nel quale
si assiste ad un primo processo di autonormazione e disciplina dello sport,
indirizzata esclusivamente a migliorare l’esercizio dell’attività
ludico-sportiva ed il risultato agonistico degli atleti.
Con il diffondersi del fenomeno
sorse l’esigenza di dettare regole per garantire la valutazione comparativa
dei risultati ed una graduatoria di valori, oltre che quella di prestare
attenzione al fenomeno che stava sempre più diffondendosi per entrare nei
gangli vitali del mondo economico.
In questa fase, l’ordinamento
statale[2]
si è disinteressato completamente del progredire degli ordinamenti dello sport,
in quanto i comitati sportivi che si formavano vengono ricompresi nella figura
delle organizzazioni non governative di carattere sovranazionale[3];
l’organizzazione sportiva veniva qualificata come un vero e proprio
ordinamento, avente carattere originario e superstatale[4].
Si ricorda che, superata la prima
fase di scarso interesse, seguiva il formarsi del CONI ed il suo costituirsi in
organizzazione più complessa, di carattere permanente con funzioni di
coordinamento e controllo dell’attività sportiva[5].
L’ingerenza dello Stato, nel
passato regime, si fa sempre più penetrante fino all’istituzione del CONI con
L.16 febbraio 1942, n. 426 che anche nel nuovo ordinamento diventa la legge
fondamentale, ovviamente prima della recente normativa di riordino[6].
2. La disciplina statale ed i rapporti tra ordinamenti.
E così,
la rilevanza del fenomeno dell’associazionismo sportivo, unitamente ad
altre vicende storico-politiche, hanno imposto la regolamentazione legislativa
della la materia con la legge 16 febbraio 1942, n.426[7],
istitutiva appunto del C.O.N.I. e con il regolamento di attuazione approvato con
D.P.R. 28 marzo 1986, n. 157 [8].
L’ordinamento sportivo viene a
caratterizzarsi come ordinamento giuridico di settore il quale, se non dotato di
sovranità originaria è caratterizzato da un’ampia sfera di autonomia[9].
Peraltro, tale autonomia non
impedisce all’ordinamento positivo nazionale di considerare il C.O.N.I. in
modo sostanzialmente non difforme da qualsiasi altro Ente pubblico parastatale,
come tale, tenuto ad osservare le norme dell'ordinamento in cui esso è
inserito.
Infatti, con tale legge il C.O.N.I.
assume la veste di ente pubblico senza con ciò diminuire la piena libertà
d’azione dell’ente stesso[10].
Le disposizioni della L.426/42,
quindi, fanno assumere ed acquistare piena e concreta rilevanza per
l’ordinamento statale alle attività poste in essere dai soggetti
dell’ordinamento sportivo.
Quest’ultimo dunque assurge ad
“ordinamento particolare o di settore” oggetto di una norma statale di
azione che regola l’esercizio del potere amministrativo[11]
e che consente, ad esempio, al Governo di vietare la partecipazione a
competizioni sportive per ragioni di politica estera[12];
di stabilire certe modalità di partecipazione, senza rappresentanti ufficiali e
senza bandiera ed inno nazionale; la facoltà di emanare direttive al C.O.N.I.
Queste
circostanze consentono di ricavare le regole di coordinamento tra i due
ordinamenti che si fondano su di una tendenziale compatibilità, talché in caso
di conflitto la prevalenza deve essere data a quell’ordinamento i cui principi
sommi vengono messi in discussione, sempre tenendo presente la inviolabilità
dei principi costituzionali.
Quello che emerge,
come sarà evidenziato e come si evince anche nel progetto di legge di riforma e
nell’analisi della giurisprudenza formatasi in materia, è la grande difficoltà
di individuare criteri univoci di risoluzione dei conflitti.
Una soluzione teorica viene vista
nel compimento di procedimenti di valutazione comparativa dei valori e degli
interessi reciproci al fine di valutarne la rilevanza nei rispettivi
ordinamenti.
Da un lato, si individuano gli
interessi insopprimibili dell’ordinamento statale, che si rifanno sia ai
principi fondamentali[13]
che informano l’organizzazione amministrativa per la cura concreta di un
interesse pubblico e sia soprattutto ai principi costituzionali
della tutela della salute[14]
e della alla tutela di interessi legittimi e diritti soggettivi.
Dall’altro, emergono i principi
dell’ordinamento sportivo[15]
ed entrambi vanno comparati senza che sia implicita la prevalenza
dell’ordinamento statale, soprattutto per quanto attiene alle regole
di stretta natura tecnico- sportiva.
Peraltro,
tale necessità di bilanciamento tra principi dell’ordinamento statale con
quello sportivo si mostra sempre più
tendenzialmente indirizzata verso la prevalenza del primo per la evidenziata rilevanza economica del fenomeno
calcistico.
Un esempio concreto è fornito
dalle problematiche che emersero allorquando la FIGC impose alle società
affiliate di assumere la veste giuridica di SPA per ragioni di trasparenza e di
controllo dei bilanci, ma lo statuto delle stesse doveva espressamente
indicare che non si perseguivano scopi di lucro[16].
Più di recente, basti pensare ai
disegni di legge[17]
per introdurre disposizioni per la lotta alla diffusione del doping[18]
che, nel tentare di arginare un
fenomeno che ha assunto una notevole rilevanza, ha previsto, da un lato,
sanzioni penali solo a carico di chi sottopone o determina all’uso di sostanze
dopanti, con l’individuazione anche di pene accessorie
dell’interdizione temporanea dalla professione, dagli uffici direttivi
del CONI, delle Federazioni sportive e degli altri enti di settore[19].
Inoltre, ha stabilito che il
doping, anche nel caso in cui ne sia responsabile esclusivo l’atleta, è
sempre considerato “atto fraudolento” ai fini dell’applicabilità delle
disposizioni penali di cui alla l. n 401 del 1989[20].
Dall’altro,
dispone che gli statuti federali riconosciuti dal CONI prevedano le sanzioni e
le procedure disciplinari nei confronti dei tesserati in determinati casi.
3.
La natura giuridica del CONI e
delle Federazioni sportive.
Conseguenza
dell’intervento del legislatore è che il
CONI, a differenza di altri omologhi organi di altri paesi,
viene configurato come un ente pubblico al quale è stato attribuito un
determinato potere[21].
Detto potere si estrinseca
nell’organizzazione e nel potenziamento dello sport nazionale che mira al
perfezionamento atletico degli associati ed è possibile che tali fenomeni di
potenziamento ed indirizzo dello sport siano “delegati” alle singole
Federazioni[22].
Il CONI, ente pubblico soggetto
alla disciplina del parastato ( L. n 70 del 1975), viene
comunemente considerato[23]
ente federativo a base associativa in quanto ricomprende enti che non hanno
delimitazioni territoriali di competenza.
In buona sostanza il CONI è una
Federazione delle Federazioni in cui gli interessi originari delle federazioni
si esprimono attraverso la presenza del Presidente di ciascuna federazione in
seno al Consiglio Nazionale del CONI.
Al CONI spetta associare le
Federazioni Sportive, che raggruppano associazioni o associazioni di persone e
che hanno la caratteristica di occuparsi di una sola disciplina sportiva.
La legislazione più recente ha
sancito in via definitiva il carattere privatistico[24]
delle federazioni sportive nazionali indicando che queste hanno natura di
associazione con personalità giuridica di diritto privato, intendendole
definitivamente assoggettare al diritto comune[25],
anche se occorrerà approfondire, in taluni casi, la possibilità di permangano
ancora connotazioni pubblicistiche tali da farle rientrare nella più ampia
categoria degli organismi di diritto pubblico di derivazione comunitaria.
Tuttavia, come abbiamo visto, la
pubblicizzazione del CONI, ha determinato una estensione dei poteri pubblicistici anche
alle Federazioni[26].
Sin
ora, infatti, e fin tanto che la riforma non entrerà a regime, la
giurisprudenza è costante nel ritenere che le Federazioni sportive nazionali
riconosciute, in quanto operano per la finalità proprie dell’C.O.N.I., sono
organi in senso tecnico di tale comitato e quindi partecipano della sua natura
pubblica[27]
Di talché queste ultime, quali
organi dell’ente pubblico di riferimento, pongono in essere anche un’attività
di natura pubblicistica, come tale rilevante per l’ordinamento statale,
massimamente sotto due direttrici.
La prima attiene all’esercizio di
potere regolamentare[28]
quando disciplinano normativamente le attività suddette.
La seconda
attraverso l’estrinsecazione di potere di emanare provvedimenti
amministrativi tutte le volte che materialmente svolgano tali attività[29].
Accanto a questo riconosciuto
potere pubblico, come accennato, esiste un’ampia sfera di autonomia riservata
all’Ordinamento sportivo che esula dalla rilevanza generale
per l’ordinamento statale.
Si tratta di tutta quella materia
dell’ordinamento sportivo che disciplina l’attività sportiva ed agonistica
vera e propria, nonché il potere disciplinare che non rileva per
l’ordinamento statale per il suo peculiare contenuto, salvo che non si porga
in contrasto con il medesimo ordinamento statale e non vada ad incidere sullo
“status” di membro
dell’ordinamento sportivo.
Da questa rapida rassegna emerge
allora che l’ordinamento sportivo, pur essendo stato definito “ordinamento
derivato di settore” e conseguentemente non dotato di sovranità, gode
comunque di una vasta autonomia sotto il profilo dell’organizzazione e della
normazione interna.
Peraltro, va sottolineato che è
assai arduo, una volta riconosciuta la coabitazione tra i due ordinamenti,
stabilire con esattezza i limiti delle reciproche interferenze, in una parola
tra gli ordinamenti stessi[30].
La discussione teorica sui rapporti
tra ordinamento giuridico statuale e ordinamento giuridico sportivo non è mai
riuscita a tracciare in modo rigoroso ed univoco i confini tra i due
ordinamenti.
In realtà, alla fine, occorre
riconoscere l’impossibilità di individuare criteri univoci per distinguere
gli ambiti dei due ordinamenti e per risolvere eventuali conflitti di norme.
Forse solo attraverso un’attenta
opera di valutazione e ponderazione degli interessi di volta in volta in gioco
appare possibile stabilire, pur con tutte le incertezze e l’opinabilità di
questo tipo di operazioni, la preminenza dell’uno o dell’altro ordinamento[31].
Tuttavia il diritto vivente si è
sforzato e si sforza continuamente di cercare punti fermi, che oggi
probabilmente andranno rivisitati alla luce della recente normativa.
In ogni caso, sino a questo
momento, dottrina e giurisprudenza
hanno individuato una serie di aspetti generali che possono essere riassunti in
quattro diversi profili, ferma restando l’assoluta
autonomia dell’ordinamento
sportivo in merito ai provvedimenti emanati in applicazione delle regole
tecniche per lo svolgimento dell’attività agonistica
e la omologazione dei risultati [32].
In primo luogo, si prende atto che
la legislazione del settore sportivo non si limita a riconoscere l’ordinamento
sportivo, ma attribuisce ad esso la propria funzione amministrativa nella
materia sportiva.
A sua volta a sua volta
l’ordinamento giuridico sportivo, quale insieme di norme distinto, è
strumentale per l’ordinamento statale al fine di esercitare in via indiretta
le funzioni amministrative nel settore sportivo, di modo che gli atti
amministrativi e regolamentari estendano i loro effetti, rectius fanno ricadere
gli effetti anche nell’ambito dell’ordinamento statale.
Di poi, la “potestà normativa”
viene attribuita all’ordinamento sportivo nei limiti dell’esercizio della
funzione amministrativa riconosciutagli ai sensi dell’art.5, L. 426/42.
Infine, il potere attinente alla
regolamentazione dei rapporti intersoggettivi privati, il quale deve essere
esercitato con atti aventi l’efficacia di legge, non rientra quindi tra le
potestà riconosciute all’ordinamento sportivo nell’ambito
dell’ordinamento dello stato, esistendo al riguardo una riserva di legge.
Riserva che è stata esercitata,
come è noto, con la L. n.91 del 1981, che reca norme in materia di rapporti tra
la società e sportivi professionisti.
Accanto a tali principi regolatori
dei rapporti tra ordinamenti, assume parimenti rilevanza la normativa
comunitaria.
Infatti, come ha avuto modo di
precisare la Corte Costituzionale, le norme di diritto comunitario direttamente
applicabili sono destinate a prevalere sulle disposizioni di diritto interno
anche successive, dovendo queste ultime, in caso di contrasto con le prime,
essere disapplicate dai giudici nazionali e dalle stesse amministrazioni.
La parte che più direttamente ci
interessa, regolamentata dal diritto comunitario, è quella relativa al divieto
di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità dei lavoratori degli
stati membri.
Per quanto riguarda specificamente
il trasferimento dei giocatori, l’Assemblea di Strasburgo, a seguito delle
sentenze della Corte di Giustizia del 1974 e del 1976, ha approvato una
risoluzione sulla libera circolazione dei calciatori[33]
professionisti della CEE, la n.A2-15/88, depositata il 1/3/1989.
Tale risoluzione sostiene
l’illegittimità dei limiti alla libera circolazione in base alle sentenze
citate affermando che gli artt.7, 48 e 59 del Trattato sul divieto di
discriminazione basato sulla cittadinanza, si applicano anche ai giocatori.
E ciò ancor prima della più nota
sentenza Bosman[34]
i cui effetti, condivisibili o meno, hanno toccato l’assetto organizzativo
delle federazioni sportive e delle Leghe.
4. La giurisdizione “domestica” e la garanzia della
tutela giurisdizionale dello Stato;
Ciò posto, in via generale,
occorre ora porre l’attenzione al
grado di autonomia della giustizia sportiva rispetto alla giustizia ordinaria
intesa in senso lato, e cioè a quella amministrata dallo Stato.
Infatti, si deve subito sottolineare che l’ordinamento
sportivo, pur nella sua innegabile autonomia normativa e regolamentare, non può
precludere a chi ne entra a far parte il diritto costituzionalmente garantito di
adire il giudice statale ogni qualvolta si lamenti la lesione di diritti
soggettivi[35]
o di interessi legittimi ( artt. 24
e 113 Cost,).
Invero, l'accertato inserimento dell'ordinamento sportivo
e del suo Ente esponenziale, il CONI, nell'ordinamento giuridico statale
italiano, anzi la sua dipendenza da quest'ultimo, comporta che il soggetto
inserito in tale ordinamento sia titolare nei suoi confronti delle stesse
situazioni, siano esse di diritto soggettivo o di interesse legittimo che ogni
cittadino è suscettibile di assumere di fronte alla Pubblica amministrazione.
L'accertamento quindi dell'esistenza di una situazione di
interesse legittimo o di diritto soggettivo di uno sportivo discende quindi
dalla normativa sia generale che particolare che si riferisce a quella
situazione di fatto in cui si trova ad essere il soggetto[36].
Perciò, una rinuncia alla tutela giurisdizionale da parte dello Stato si
porrebbe in aperto contrasto con fondamentali principi di ordine pubblico,
andando a comprimere irreversibilmente, diritti fondamentali ed indisponibili
per ogni cittadino, al quale non è consentito di rinunciare volontariamente
alla suddetta tutela
prima che sia sorto il diritto di azione[37].
A questo va aggiunta la necessaria
ed ineliminabile preminenza del controllo sul C.O.N.I. e sulle Federazioni da
parte dello Stato sotto il profilo amministrativo, in senso lato, penale e
contabile attraverso gli Organi Giurisdizionali limitando anche in tal modo la
“giurisdizione domestica” riservata alle singole Federazioni anche
nell’esercizio della propria autonomia organizzativa.
Tale
esigenza, in relazione ai sempre più crescenti interessi economici, giustifica
altresì l’intervento della Autorità preposta alla tutela del rispetto delle
regole della concorrenza[38]
che vanno comunque rispettate da tutti coloro che fanno parte dell’ordinamento
giuridico statale[39].
Di
talché si tenta di limitare sempre più i casi in cui
i due ordinamenti possono essere reciprocamente indifferenti anche quando
si tratta di estrinsecazione dell’autonomia privata delle singole federazioni
e dei propri affiliati[40].
E ciò emerge, ad esempio,
dall’affermazione che il giudice sportivo potrà non riconoscere il contratto[41]
e prendere tutti i provvedimenti disciplinari ritenuti opportuni per la
violazione dei principi sportivi, ma il giudice civile non può non riconoscere
validità al contratto se trattasi di convenzione stipulata fuori del puro
ambito sportivo ed anche se contraria a principi giuridici della
regolamentazione federale[42].
Un altro esempio si ricava dalla
dichiarazione di nullità del contratto di cessione di titolo sportivo per
l’impossibilità dell’oggetto del contratto stesso derivante dalla
disciplina interna di una federazione[43].
Da ultimo è stato precisato che
la clausola compromissoria per
arbitrato irrituale
prevista nel contratto
di prestazione sportiva
stipulato ai sensi dell'art. 4 l. 23
marzo 1981 n. 91 non ha
effetto nei confronti dei terzi estranei ai quali non è precluso di adire il
giudice ordinario[44].
Riguardo ad altri profili di
tutela, è stata affermato che gli atti di affiliazione alle federazioni
sportive, come gli atti di esclusione o sanzionatori nell’esercizio della
cosiddetta giustizia sportiva, hanno natura provvedimentale con conseguente
sindacato giurisdizionale da parte del giudice amministrativo[45].
E ciò dopo avere ribadito che le
federazioni sportive, aventi
geneticamente natura privatistica di associazioni non riconosciute,
assumono la posizione di organi del
Comitato olimpico nazionale
italiano-CONI e partecipano della natura pubblicistico-autoritativa
(e non economica) di
quest'ultimo, allorché operano
nell'esercizio di
poteri di organizzazione
e disciplina di attività
sportive inerenti alle funzioni del CONI[46].
Più di recente,
il giudice amministrativo si è occupato anche dell’attività
contrattuale svolta dalle federazioni sportive nel perseguimento dei fini
istituzionali di diffusione dello sport, nonché dalle associazioni sportive
nell’esercizio dell’attività di utilizzo
editoriale dell’immagine di sportivi professionisti.
Nel primo caso,
seguendo l’impostazione tradizionale, pur rilevando la natura
privatistica delle federazioni, è stato evidenziato che le attività della
federazioni stesse coincidenti con quelle istituzionali di diffusione dello
sport proprie del CONI mutuano da quest’ultimo la relativa disciplina, con la
conseguenza che le controversie inerenti a tali attività rientrano nella
giurisdizione del giudice amministrativo[47].
Per cui è stata ritenuto di
competenza del giudice amministrativo la controversia instaura da un soggetto
che non è stato posto in grado di partecipare alla procedura relativa
alla aggiudicazione di un contratto a trattativa privata indetta da una
Federazione sortiva, soggetta, in questi casi, alle procedure di evidenza
pubblica[48].
Nel secondo caso, occupandosi
direttamente dell’attività di vigilanza sul mondo economico e della tutela
avverso intese restrittive ed eventuali abusi di posizione dominante, il
Consiglio di
Stato[49]
ha affermato la illegittimità del provvedimento dell'Autorità Garante della
Concorrenza che ha qualificato alla stregua di accordi restrittivi della
concorrenza due contratti stipulati nel 1992 e nel 1995 tra l'Associazione
Italiana Calciatori (AIC) e la Panini S.p.A., aventi ad oggetto la cessione, da
parte dell'AIC alla Panini, del diritto di riprodurre le immagini dei calciatori
professionisti in tenuta da gioco al fine di fabbricare e commercializzare album
di figurine e relative figurine autoadesive nonché altri prodotti appartenenti
al collezionabile editoriale.
Infatti, in questo caso si ritiene
che non possa rilevare una limitazione dell'assetto concorrenziale allorquando la
concorrenza sia in radice esclusa ossia la situazione monopolistica preesista
sia pure in forma virtuale mercé la mancata intrapresa dell'iniziativa
economica diretta da parte del titolare del diritto allo sfruttamento e venga
solo trasferita con l'accordo.
In linea generale il nostro
ordinamento, salvo che non si verta in tema di settori vitali e di interessi
generali, considera l'esercizio del diritto di esclusiva[50]
come legittima forma di sfruttamento di un bene (intellettuale o industriale) da
parte del titolare.
La
titolarità del diritto implica in via strutturale la possibilità, in capo al
titolare, di orientarsi nell'esercizio della politica imprenditoriale reputata
più conveniente, circa la forma di sfruttamento più redditizia.
Di qui la praticabilità di una
scelta in linea tendenziale insindacabile tra le varie modalità rappresentate
dalla produzione o gestione diretta del bene economico, dalle cessioni plurime,
dalla cessione in toto dell'esclusiva ovvero[51],,
in ipotesi, dalla rinuncia allo sfruttamento.
Questa decisione, tuttavia,
conferma, qualora ce ne fosse stato bisogno, che
nella nostra società e quindi nel nostro ordinamento il fenomeno
sportivo si sta sempre più discostando dalle originarie finalità per assumere
una importanza fondamentale nel campo nella economia nazionale [52].
5. Il c.d. “vincolo di Giustizia”[53].
Tornando alla analisi in via generale dell’ordinamento
giuridico sportivo e del suo modo di operare, occorre sottolineare che le carte
federali contengono, a riguardo della tutela dei diritti e degli interessi del
singolo affiliato alla “federazione”, una norma che impone alle persone
fisiche tesserate ed ai gruppi minori affiliati alla federazione, per un verso
l’obbligo di adire gli organi di giustizia interni a ciascuna federazione, o
ad un collegio arbitrale costituito
secondo criteri prestabiliti, per la tutela dei loro diritti ed interessi e per
la risoluzione di tutte le controversie, insorte tra loro o tra soci e organi
federali, attinenti allo svolgimento dell’attività sportiva, e per altro
verso, l’obbligo di accertare le decisioni con esclusione di ogni altra
giurisdizione in materia.[54]
Non si può accettare con certezza la validità di tali
norme dal punto di vista dell’ordinamento statale[55],
considerando che essa intende creare una vasta area di esenzione
dall’applicazione del diritto comune, sottraendo alla cognizione del giudice
statale una serie indefinita di controversie relative a rapporti non privi di
rilevanza giuridica per questo ordinamento[56].
È quindi importante che tale libertà normativa debba
necessariamente soggiacere ai limiti propri dell’autonomia privata, e cioè
rispettare “i principi costituzionali posti a garanzia del privato”[57].
Infatti, l’obbligo assunto dagli associati di adire gli
organi della giustizia sportiva non può riguardare in nessun caso i diritti
inviolabili dell’uomo, che debbono essere direttamente tutelati
dall’ordinamento statale anche all’interno delle formazioni sociali e non
possono costituire oggetto di accordi tra gli associati.
Così come sarebbe priva di rilevanza giuridica la
rinuncia alla tutela giurisdizionale di tali diritti di fronte all’autorità
giudiziaria Statale [58].
Allo stesso modo, la rinuncia preventiva dei singoli
consociati, può operare solamente nell’ambito strettamente tecnico-sportivo,
come tale irrilevante per l’ordinamento dello Stato, ovvero nell’ambito in
cui ciò sia consentito dalla natura giuridica degli interessi coinvolti: gli
interessi legittimi, in particolare, a causa del intrinseco collegamento con un
interesse pubblico, ed in forza dei principi sanciti dall’art. 113 Cost., sono
insuscettibili di oggetto di rinunzia preventiva, generale e temporalmente
illimitata alla tutela giurisdizionale, e devono quindi essere tutelati innanzi
al giudice amministrativo[59].
Il giudice amministrativo, nelle ipotesi in cui a lui è
devoluta la risoluzione della controversia, viene definito come
“insostituibile”[60], in quanto addirittura
difetta la potestas iudicandi degli
arbitri[61].
Invero, la ripartizione delle competenze tra organi
federali e collegi arbitrali, viene tradizionalmente definita mediante
suddivisione per materia e cioè effettuata tra la giustizia “tecnica”, una
giustizia “economica”, una “disciplinare” ed una “amministrativa”.
Tra queste soltanto le controversie di carattere economico
vanno deferite ai collegi arbitrali, per le altre sono istituiti appositi organi
di giustizia all’interno della federazione.
In questo contesto si inserisce il progetto di legge
presentato al Senato sul c.d. “vincolo di giustizia”, il quale vuole
modificare in modo essenziale il principio cardine del sistema della giustizia
sportiva e cioè quello , finora delineato, in forza del quale le società ed i
tesserati sono costretti ad escludere ogni ingerenza da parte dell’autorità
giudiziaria statale nella risoluzione di qualsiasi controversia nascente
dall’attività sportiva, a pena dell’espulsione dalla federazione, salvo
specifica autorizzazione.
Una posizione che consenta al cittadino, ancorché
affiliato o tesserato di una federazione, una scelta tra la giustizia sportiva e
quella statale, è avallata anche da dottrina e giurisprudenza, che da tempo
avanzano fondate perplessità sulla legittimità del vincolo di giustizia.
Tale disegno di legge intende garantire l’esercizio
della tutela[62],
da un lato rimettendo la volontà delle parti la piena facoltà di demandare la
risoluzione di una controversia sorta fra le stesse, ad un organo interno
all’ordinamento, ad un arbitro, ovvero all’autorità giudiziaria Statale,
escludendo qualunque effetto preclusivo, all’opzione contraria, connesso al
tesseramento[63].
Dall’altro consente alle parti di contestare,
proponendo formale domanda giudiziaria al giudice statale, le decisioni emanate
dagli organi federali di giustizia[64].
In ultimo prende in considerazione le controversie di
carattere economico, che hanno ad oggetto la risoluzione di controversie di
contenuto patrimoniale insorte tra associazioni, società e persone fisiche
iscritte alla federazione[65].
In questi casi il vincolo di giustizia si atteggia
essenzialmente come clausola compromissoria, per quanto riguarda la giustizia di
tipo economico deve ammettersi che l’obbligo di adire gli organi di giustizia
sportiva assunto dagli associati al momento del tesseramento o
dell’affiliazione, è valido nei limiti in cui è ammesso il ricorso alla
procedura arbitrale nell’ordinamento statale[66].
Il nuovo progetto di legge dispone un esplicito richiamo
alla normativa del codice di procedura civile riguardo la devoluzione di
controversie ai collegi arbitrali[67],
rimandando in toto all’art. 808 c.p.c., il quale sancisce la forma scritta
“ad substantiam” per la validità della clausola compromissoria[68].
5. Considerazioni conclusive
La materia della
tutela giurisdizionale consente di compierà alcune rapide
considerazioni finali.
Infatti, va ribadito che gli
ordinamenti giuridici sportivi nulla possono dire e disporre sulla tutela
giurisdizionale, posto che i giudici statali conservano tutti i loro poteri e
tutte le prerogative ad essi riservate.
Si può così asserire che gli atti
generali ed astratti e quelli puntuali e concreti emanati dai soggetti
dell’ordinamento sportivo non possono ledere situazioni giuridiche degli
sportivi - contemporaneamente soggetti dell’ordinamento generale – da
quest’ultimo tutelate[69].
Tuttavia, è parimenti noto come
quasi tutte le federazioni internazionali e nazionali
abbiano previsto organi per
la risoluzione di controversie costituendo quella che è denominata la “
giustizia sportiva”.
Questo
evidenzia la carenza di norme statali generali sull’ordinamento sportivo e,
quindi, sulle giurisdizioni sportive.
Questo, come è stato acutamente
osservato, implica che le pronunce
del giudice sportivo non possono mai essere riconosciute
come pronunce giurisdizionali nell’ordinamento statale, non esiste cioè
un giudizio di delibazione di sentenza di altro ordinamento.
Corollario è che le decisioni dei
giudici sportivi, in pratica, sono tali solo per gli appartenenti agli
ordinamenti sportivi, mentre non hanno nessun valore al di fuori di tali
ordinamenti.
Questo potrebbe implicare che, in
ipotesi, di una questione importante il
giudice statale non abbia strumenti per
deciderla e il giudice sportivo emetta una pronuncia alla quale non può essere
applicato il regime delle pronunce arbitrali[70].
Allora, quella
prevista nella proposta di legge sul
cd. ”vincolo di giustizia“ potrebbe essere una soluzione prospettabile in
una legge di riordino che disciplini i rapporti tra ordinamenti in maniera
organica ed in ogni suo profilo.
Infatti, il continuo mutamento di
interessi connessi con il fenomeno sportivo ed il sempre più crescente valore
economico del fenomeno sportivo hanno
comportato il moltiplicarsi delle occasioni di contrasto tra la disciplina
sportiva e principi riconosciuti dall’ordinamento non solo dello Stato, ma
anche dell’Unione europea.
A tal proposito va sottolineato che
merito del recente Decreto legislativo conferma il carattere strumentale
dell’ordinamento sportivo, ma per la prima volta usa direttamente tale
locuzione sia per indicare “
l’ordinamento sportivo internazionale” e sia per
indicare “l’ordinamento sportivo” nazionale ( art. 2, comma 1,
D.Lgs n. 242 del 1999).
Ma la legge di riordino ha
trascurato l’occasione favorevole, e nulla
dispone in merito ai profili evidenziati e soprattutto in materia di tutela
giurisdizionale.
Anzi, propone legislativamente
delle soluzioni in materia di natura giuridica della Federazioni sportive
definendole “associazioni con personalità giuridica di diritto privato” che
se, da un lato, potrà risolvere i dubbi in merito alla cognizione
del giudice ordinario di determinate controversie con gli affiliati,
dall’altro non fanno venire meno
le altre questioni relative alla permanenza, in taluni casi, della posizione di
organo indiretto dell’Ente di riferimento ovvero alla loro possibile
classificazione nella categoria di organismo di diritto pubblico di derivazione
comunitaria.
Probabilmente occorrerà iniziare una nuova stagione e riformulare meglio la disciplina di settore ed i rapporti tra ordinamenti.
appendice i
Disegno di legge
sul vincolo di giustizia
(progetto Senato n. 3922)
Presentato da: On. Eugenio Filograna il 30.03.1999
Art 1
Modifica del
vincolo di giustizia
1. Le restrizioni al diritto alla tutela giurisdizionale
dei diritti ed interessi legittimi degli affiliati e dei tesserati, individuate
come vincolo di giustizia nel vigente ordinamento sportivo, sono modificate
secondo i principi che la presente legge determina.
2. gli affiliati ed i tesserati possono adire le autorità
federali, previste dai rispettivi statuti approvati dal CONI, per la tutela dei
loro diritti ed interessi, nonché per la risoluzione di controversie, che siano
connesse all’attività espletata all’interno della federazione. In giudizio
vanno osservate le regole di giustizia di riferimento.
3. i provvedimenti adottati dagli organi delle
federazioni sportive nazionali hanno piena efficacia nell’ambito
dell’ordinamento sportivo e nei confronti di tutti i soggetti, società,
associazioni, e persone fisiche, tesserati ed affiliati alla federazione.
4. una volta divenuta definitiva ai sensi delle
disposizioni contenute nei regolamenti federali citati, entro il termine di 60
giorni dal ricevimento della pronuncia motivata, è possibile contestare la
decisione di cui al comma precedente, intentando regolare azione giudiziaria
dinanzi all’organo giudiziario competente. Il giudizio così instaurato si
svolge, in ogni stato e grado, secondo il rito relativo.
5. al di fuori del caso previsto nel comma 2 della
presente legge, gli affiliati e i tesserati, per la tutela dei loro diritti e
interessi legittimi, nonché per la risoluzione di controversie anche attinenti
all’attività espletata all’interno della federazione e controversie insorte
tra associati e fra questi e la federazione stessa, possono direttamente adire
l’autorità giudiziaria.
Il giudizio instaurato si svolge, in ogni suo stato e
grado, secondo il relativo. Le sentenze passate in giudicato non sono
impugnabili dinanzi agli organi di giustizia sportiva, interni alle federazioni
sportive nazionali.
6. salvo quanto disposto dal comma 4 le due azioni,
sollevate rispettivamente dinanzi all’organo federale e all’autorità
giudiziaria competente sono incompatibili. L’azione promossa in data anteriore
prevale su quella promossa successivamente.
Art. 2
Clausola
compromissoria
1. Al di fuori dei casi di cui ai commi 2 e 5
dell’articolo 1, le controversie di natura economica insorte fra i diversi
soggetti aderenti alla federazione, possono essere, di comune accordo fra le
controparti, deferite a collegi arbitrali, a norma dell’articolo 808 e
seguenti del codice di procedura civile.
2. Le federazioni sportive nazionali devono adeguare il
loro ordinamento alle norme della presente legge entro sei mesi dall’entrata
in vigore della legge stessa.
Art. 4
Entrata in vigore
Omissis
APPENDICE II
DECRETO LEGISLATIVO 23 luglio 1999,
n.242
Riordino del Comitato olimpico nazionale italiano - CONI,
a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
in vigore dal: 13- 8-1999
Pubblicato in G. U. n. 176 del
29-07-1999
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della
Costituzione;
Vista la legge 23 agosto 1988, n.
400;
Vista la legge 16 febbraio 1942, n.
426, e successive modifiche ed integrazioni;
Vista la legge 23 marzo 1981, n.
91;
Vista la legge 15 marzo 1997, n.
59, ed in particolare gli articoli 11, comma 1, lettera b), e 14;
Visto il decreto legislativo 20
ottobre 1998, n. 368;
Ravvisata l'esigenza di operare il
riordino del Comitato olimpico nazionale italiano, rimanendo necessaria, per
l'espletamento dei suoi compiti, la personalità' giuridica di diritto pubblico,
al fine di un migliore e più' razionale svolgimento delle funzioni dell'ente;
Vista la preliminare deliberazione
del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 29 gennaio 1999;
Acquisito il parere della
Commissione parlamentare bicamerale istituita ai sensi dell'articolo 5 della
legge 15 marzo 1997, n. 59; Acquisito il parere della Conferenza unificata
istituita ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Viste le
deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 9 luglio e
del 23 luglio 1999; [71]
E
m a n a
il seguente decreto legislativo:
[72]
Art. 1.
Comitato olimpico nazionale italiano
1. Il Comitato olimpico nazionale
italiano, di seguito denominato CONI, ha personalità giuridica di diritto
pubblico, ha sede in Roma ed è posto sotto la vigilanza del Ministero per i
beni e le attività culturali.
Art. 2.
S t a t u t o
1. Il CONI si conforma ai principi
dell'ordinamento sportivo internazionale, in armonia con le deliberazioni e gli
indirizzi emanati dal Comitato olimpico internazionale, di seguito denominato
CIO. L'ente cura l'organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale, ed
in particolare la preparazione degli atleti e l'approntamento dei mezzi idonei
per le Olimpiadi e per tutte le altre manifestazioni sportive nazionali
internazionali finalizzate alla preparazione olimpica. Cura inoltre, nell'ambito
dell'ordinamento sportivo, l'adozione di misure di prevenzione e repressione
dell'uso di sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti
nelle attività sportive, nonché la promozione della massima diffusione della
pratica sportiva, nei limiti di quanto stabilito dal decreto del Presidente
della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
2. Lo statuto è adottato a
maggioranza dei componenti del consiglio nazionale, su proposta della giunta
nazionale, ed è approvato, entro sessanta giorni dalla sua ricezione, dal
Ministro
per i beni e le attività
culturali, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica.
3. L'organizzazione periferica del
CONI è disciplinata dallo statuto dell'ente.
4. Restano ferme le competenze
riconosciute alle regioni a statuto speciale e quelle attribuite alle province
autonome di Trento e Bolzano, in base al decreto del Presidente della Repubblica
28 marzo 1975, n. 475.[73]
Art. 3.
O r g a n i
1. Sono organi del CONI:
a) il consiglio nazionale;
b) la giunta nazionale;
c) il presidente;
d) il segretario generale;
e) il comitato nazionale per lo
sport per tutti;
f) il collegio dei revisori dei
conti.
2. Gli organi del CONI restano in
carica quattro anni. I componenti che assumono le funzioni nel corso del
quadriennio restano in carica fino alla scadenza degli organi. Il presidente ed
i componenti della giunta nazionale indicati nell'articolo 6, comma 1, lettera
c), non possono restare in carica oltre due mandati.
Art. 4.
Consiglio nazionale
1. Il consiglio nazionale è
composto da:
a) il presidente del CONI, che lo
presiede;
b) i presidenti delle federazioni
sportive nazionali;
c) i membri italiani del CIO;
d) atleti e tecnici sportivi in
rappresentanza delle federazioni sportive nazionali, a condizione che non
abbiano subito sanzioni di sospensione dall’attività sportiva conseguente
all'utilizzo di sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche nelle
attività sportive;
e) un membro in rappresentanza dei
presidenti degli organi periferici di livello regionale ed un membro in
rappresentanza degli organi periferici di livello provinciale del CONI.
2. I rappresentanti delle
federazioni di cui alle lettere b) e d) del comma 1, individuati nell'ambito
degli sport olimpici, devono costituire la maggioranza dei votanti nel
Consiglio.
3. Fermo quanto previsto
dall'articolo 9, comma 2, lo statuto regola il procedimento per l'elezione dei
soggetti di cui al comma 1,lettera d), il cui numero deve essere non inferiore
al trenta per cento dei componenti di cui al comma 1, lettera b).
4. Nell'ambito dei componenti di
cui al comma 1, lettera d), sono eletti almeno due atleti, anche non in attività,
che hanno preso parte ai giochi olimpici purché, alla data di svolgimento delle
elezioni, non siano trascorsi più di otto anni dagli ultimi giochi olimpici cui
gli stessi abbiano partecipato.
5. Lo statuto può prevedere la
partecipazione a singole sedute di altri soggetti senza diritto di voto.
Art. 5.
Compiti del consiglio nazionale.
1. Il consiglio nazionale, nel
rispetto delle deliberazioni e degli indirizzi emanati dal CIO, opera per la
diffusione dell'idea olimpica e disciplina e coordina l’attività sportiva
nazionale, armonizzando a tal fine l'azione delle federazioni sportive
nazionali.
2. Il consiglio nazionale svolge i
seguenti compiti:
a)
adotta lo statuto e gli altri atti normativi di competenza, nonché' i
relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo;
b) stabilisce i principi
fondamentali ai quali devono uniformarsi, allo scopo del riconoscimento ai fini
sportivi, gli statuti delle federazioni sportive nazionali;
c) delibera in ordine ai
provvedimenti di riconoscimento, ai fini sportivi, delle federazioni sportive
nazionali, delle società ed associazioni sportive, degli enti di promozione
sportiva, delle associazioni benemerite e di altre discipline sportive associate
al CONI e alle federazioni, sulla base dei requisiti fissati dallo statuto,
tenendo conto a tal fine anche della rappresentanza e del carattere olimpico
dello sport, dell'eventuale riconoscimento del CIO e della tradizione sportiva
della disciplina;
d) stabilisce, in armonia con
l'ordinamento sportivo internazionale e nell'ambito di ciascuna federazione
sportiva nazionale, criteri per la distinzione dell’attività sportiva
dilettantistica da quella professionistica;
e) stabilisce i criteri e le
modalità per l'esercizio dei controlli sulle federazioni sportive nazionali e
dei controlli da parte di queste sulle società sportive di cui all'articolo 12
della legge 23 marzo 1981, n. 91;
f) formula indirizzi generali
sull’attività dell'ente e sui criteri di formazione del bilancio preventivo;
esprime parere sullo schema di bilancio preventivo dell'ente e ne approva il
bilancio consuntivo;
g) esprime parere sulle questioni
ad esso sottoposte dalla giunta nazionale;
h) svolge gli altri compiti
previsti dal presente decreto e dallo statuto.[74]
Art. 6.
Giunta nazionale
1.
La giunta nazionale è composta da:
a) il presidente del CONI, che la
presiede;
b) i membri italiani del CIO;
c) dieci rappresentanti delle
federazioni sportive nazionali, almeno tre dei quali eletti fra gli atleti ed i
tecnici sportivi.
2.
Alle deliberazioni concernenti le attività di promozione dello sport per
tutti, partecipa, con diritto di voto, il presidente del Comitato nazionale
sport per tutti.
3.
Alle deliberazioni concernenti le attività della pratica sportiva dei
disabili partecipa, con diritto di voto, un rappresentante della federazione
italiana sport disabili, qualora non rientrante tra i soggetti di cui alla
lettera c) del comma 1.
4.
Alle riunioni della giunta nazionale partecipa, senza diritto di voto, il
segretario generale.
5. Non possono far parte della
giunta nazionale i presidenti delle federazioni sportive nazionali, gli altri
componenti del consiglio nazionale, nonché i componenti degli organi direttivi
delle federazioni sportive nazionali.
6. Lo statuto stabilisce il termine
entro il quale i soggetti di cui al comma 5 devono cessare dalle rispettive
cariche per poter essere eletti nella giunta nazionale.
Art. 7.
Compiti della giunta nazionale
1. La giunta nazionale esercita le
funzioni di indirizzo generale dell’attività amministrativa e gestionale del
CONI, definendone gli obiettivi ed i programmi e verificando la rispondenza dei
risultati agli indirizzi impartiti.
2. La giunta nazionale svolge i
seguenti compiti:
a) formula la proposta di statuto
dell'ente;
b) delibera sull'ordinamento e
sull'organizzazione dei servizi e degli uffici e sulla consistenza degli
organici;
c) esercita i poteri di controllo
sull'organizzazione generale dei servizi e degli uffici dell'ente;
d) approva il bilancio preventivo e
sottopone al consiglio nazionale il bilancio consuntivo per l'approvazione;
e) esercita, sulla base dei criteri
e modalità' stabilite ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera e), il potere
di controllo sulle federazioni sportive nazionali, ne approva i bilanci e
stabilisce i contributi finanziari in favore delle stesse;
f) delibera, sentito il consiglio
nazionale, sulla proposta di commissariamento delle federazioni sportive
nazionali, in caso di gravi irregolarità' nella gestione o di gravi violazioni
dell'ordinamento sportivo da parte degli organi federali, ovvero in caso di
constatata impossibilita' di funzionamento dei medesimi;
g) nomina il segretario generale;
h) svolge gli altri compiti
previsti dal presente decreto e dallo statuto.
Art. 8.
Presidente del CONI
1. Il presidente ha la
rappresentanza legale dell'ente, anche nell'ambito delle organizzazioni sportive
internazionali, svolge i compiti previsti dall'ordinamento sportivo ed esercita
le altre attribuzioni previste dal presente decreto e dallo statuto.
2. Il presidente e' individuato tra
soggetti tesserati da almeno due anni o ex tesserati per identico periodo di
federazioni sportive nazionali. Si applicano i commi 5 e 6 dell'articolo 6.
3. Il presidente, eletto a norma
dell'articolo 9, e' nominato con decreto del Ministro per i beni e le attività'
culturali.
Art. 9.
Procedimento elettorale
1. Il presidente ed i componenti
della giunta nazionale indicati nell'articolo 6, comma 1, lettera c), sono
eletti da un collegio composto:
a)
dai componenti del consiglio nazionale di cui all'articolo 4, comma 1,
lettere b) e c);
b) da quattro rappresentanti
designati dall'organo di gestione di ciascuna federazione sportiva nazionale,
dei quali almeno uno deve essere atleta ed almeno uno deve essere tecnico
sportivo;
c) dai presidenti degli organi
periferici di livello regionale del CONI.
2. I componenti del consiglio
nazionale di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), sono eletti dagli atleti e
tecnici componenti degli organi di gestione delle federazioni sportive
nazionali. Per l'elezione degli atleti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera
d) e di cui all'articolo 6, comma 1, lettera c), si applicano i requisiti
soggettivi di cui all'articolo 16, comma 2.
3. Lo statuto determina le modalità'
di convocazione del collegio elettorale e la disciplina del procedimento
elettorale, garantendo la contestualità' delle procedure elettorali, ed i
criteri di designazione dei tecnici sportivi indicati nel comma 1, lettera b).
Art. 10.
Comitato nazionale sport per tutti
1.Il Comitato nazionale sport per
tutti, al fine di conseguire la massima diffusione della pratica sportiva,
partecipa ad iniziative di promozione e propaganda a livello nazionale
cooperando con i soggetti competenti in materia, con particolare riguardo alle
istituzioni scolastiche e universitarie.
2. Fanno parte del Comitato
nazionale sport per tutti i rappresentanti del CONI, delle federazioni sportive
nazionali, degli enti di promozione sportiva, nonché' delle regioni, delle
province autonome di Trento e Bolzano, degli enti locali e del Ministero della
pubblica istruzione.
3. I compiti, la composizione ed i
criteri di funzionamento del comitato nazionale sport per tutti sono stabiliti
dallo statuto, che prevede altresì' i criteri per garantire l'adeguato raccordo
tra le attività' del comitato e le esigenze territoriali.
Art. 11.
Collegio dei revisori dei conti
1. Il collegio dei revisori dei
conti e' nominato con decreto del Ministro per i beni e le attività' culturali
ed e' costituito da tre membri effettivi e tre supplenti designati:
a) un revisore effettivo, con
funzioni di presidente, ed un supplente dalla Presidenza del Consiglio dei
Ministri;
b) un revisore effettivo ed un
supplente dal Ministro per i beni e le attività' culturali;
c) un revisore effettivo ed un
supplente dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica.
2. I componenti del collegio dei
revisori dei conti restano in carica sino alla nomina del nuovo collegio.
Art. 12.
Segretario generale
1.Il segretario generale e'
nominato dalla giunta nazionale, tra soggetti in possesso di adeguati requisiti
tecnico-professionali.
2. Il segretario generale svolge i
seguenti compiti:
a)
provvede alla gestione amministrativa dell'ente in base agli indirizzi
generali della giunta nazionale e cura l'organizzazione generale dei servizi e
degli uffici;
b) predispone il bilancio
dell'ente;
c) espleta i compiti ad esso
affidati dall'ordinamento sportivo internazionale ed esercita le altre
attribuzioni previste dal presente decreto e dallo statuto.
3. La carica di segretario generale
e' incompatibile con quella di componente del consiglio nazionale e con quella
di componente degli organi delle federazioni sportive nazionali.
Art. 13.
V i g i l a n z a
1. Il Ministro per i beni e le
attività' culturali può' disporre lo scioglimento della giunta nazionale e la
revoca del presidente del CONI per grave e persistente inosservanza delle
disposizioni di legge e di regolamento, per gravi irregolarità' amministrative,
per omissione nell'esercizio delle funzioni, per gravi deficienze amministrative
tali da compromettere il normale funzionamento dell'ente, ovvero per
impossibilita' di funzionamento degli organi dell'ente.
2. Nei casi di cui al comma 1 e'
nominato un commissario straordinario fino alla ricostituzione degli organi
dell'ente, da effettuarsi entro il termine di quattro mesi.
Art. 14.
Costituzione di società di capitali
1. A fini di snellimento
burocratico e per una migliore funzionalità' dell'ente, il CONI può
costituire, previa autorizzazione del Ministro vigilante, società' di capitali
da esso controllate per l'esercizio di specifiche attività economiche o
tecnico-economiche inerenti le proprie funzioni, fermi restando i livelli
occupazionali esistenti.
2. I rapporti tra il CONI e le
società' sono regolati con convenzioni.
3. Gli atti delle società',
compresi quelli compiuti in adempimento di convenzioni, sono disciplinati dalle
norme del codice civile, dalle disposizioni di attuazione del medesimo e dalle
leggi che regolano le persone giuridiche private.
Art. 15.
Federazioni sportive nazionali
1. Le federazioni sportive
nazionali svolgono l’attività' sportiva in armonia con le deliberazioni e gli
indirizzi del CIO e del CONI, anche in considerazione della valenza
pubblicistica di specifici aspetti di tale attività'. Ad esse partecipano
società' ed associazioni sportive e, nei soli casi previsti dagli statuti delle
federazioni sportive nazionali in relazione alla particolare attività', anche
singoli tesserati.
2. Le federazioni sportive
nazionali hanno natura di associazione con personalità' giuridica di diritto
privato. Esse non perseguono fini di lucro e sono disciplinate, per quanto non
espressamente previsto nel presente decreto, dal codice civile e dalle
disposizioni di attuazione del medesimo.
3. Le federazioni sportive
nazionali sono riconosciute, ai fini sportivi, dal consiglio nazionale.
4. Il riconoscimento della
personalità' giuridica di diritto privato alle nuove federazioni sportive
nazionali e' concesso a norma dell'articolo 12 del codice civile, previo
riconoscimento, ai fini sportivi, da parte del consiglio nazionale.
5. Il CONI e le federazioni
sportive nazionali restano rispettivamente titolari dei beni immobili e mobili
registrati loro appartenenti. Il CONI può concedere in uso alle federazioni
sportive nazionali beni di sua proprietà'.
Art. 16.
Statuti delle federazioni sportive Nazionali
1. Le federazioni sportive
nazionali sono rette da norme statutarie e regolamentari sulla base del
principio di democrazia interna, del principio di partecipazione all’attività
sportiva da parte di chiunque in condizioni di parità e in armonia con
l'ordinamento sportivo nazionale ed internazionale.
2. Ai fini di cui al comma 1, gli
statuti prevedono procedure elettorali che garantiscono, negli organi direttivi,
la presenza in misura non inferiore al 30 per cento del totale dei loro
componenti, di atleti e tecnici sportivi, dilettanti e professionisti, in
attività' o che siano stati tesserati per almeno due anni alla federazione per
la quale partecipano alla procedura elettorale.
A tal fine lo statuto assicura
forme di equa rappresentanza di atlete e atleti.
Art. 17.
Personale
1. Il personale del CONI impiegato
presso le federazioni sportive nazionali alla data del 20 gennaio 1999 può'
continuare ad essere utilizzato presso le predette federazioni. Tali
utilizzazioni sono determinate in base ad una convenzione quadro, approvata dal
Ministro per i beni e le attività' culturali, di concerto con i ministri del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica e della funzione pubblica.
Art. 18.
Disposizioni transitorie
1. Entro centottanta giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto e' approvato lo statuto del CONI,
ai sensi dell'articolo 2, comma 2.
2. Ove lo statuto non venga
approvato entro il termine indicato al comma 1, il Ministro per i beni e le
attività' culturali nomina a tale scopo, entro i quindici giorni successivi,
uno o più commissari, che provvedono entro sessanta giorni dalla nomina.
3. Le federazioni sportive
nazionali, riconosciute alla data del 20 gennaio 1999, acquisiscono la
personalità' giuridica di diritto privato alla data di entrata in vigore del
presente decreto, ed i loro statuti continuano ad avere efficacia sino
all'approvazione degli statuti di cui all'articolo 16, da effettuarsi entro
centottanta giorni dall'approvazione dello statuto del CONI.
4. Gli organi del CONI in funzione
alla data di entrata in vigore del presente decreto restano in carica sino alla
costituzione del consiglio nazionale e della giunta nazionale ed alla nomina del
presidente del CONI, le cui elezioni sono convocate entro il 31 dicembre 2000 e
devono svolgersi non oltre i sessanta giorni successivi.
5. Il Ministro per i beni e le
attività' culturali può' provvedere a norma dell'articolo 13 in caso di
inosservanza del termine di cui al comma 4.
6. Nulla e' innovato quanto alla
natura giuridica dell'Aeroclub d'Italia, dell'Automobile club d'Italia e
dell'Unione italiana tiro a segno.
7. Sino all'approvazione dello
statuto dell'ente a norma dell'articolo 2 e per quanto non diversamente
disciplinato dal presente decreto, continuano ad applicarsi le disposizioni del
decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1986, n. 157.[75]
Art. 19.
Abrogazioni
1. Sono abrogati la legge 16
febbraio 1942, n. 426, e l'articolo 14 della legge 23 marzo 1981, n. 91. Il
presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta
ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a
chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.[76]
(*)
Il testo, corredato delle note,
riproduce la relazione tenuta a Milano,
Forte Crest 7 luglio 1999, nell’ambito del seminario permanente
“UNIVERSITA PER LO SPORT”, orrganizzato dall’Università degli Studi
di Teramo- Scuola di specializzazione in Diritto ed economia dello Sport con
sede in Atri (Te).
[1] Gli studiosi , a vari livelli, si sono occupati della materia sono innumerevoli. Limitando le citazioni alla dottrina pubblicistica è fondamentale lo scritto di CESARINI-SFORZA, La teoria degli ordinamenti giuridici e il diritto sportivo, in Foro It. 1933, I, 1381, nonché quello di GIANNINI, Prime osservazioni sugli ordinamenti giuridici sportivi, in Riv. Dir. Sport. 1949, 10. Cfr. altresì, PIACENTINI, Sport, in Dizionario amministrativo, a cura di GUARINO, II, Milano 1983, 1147; PEREZ, Disciplina statale e disciplina sportiva nell’ordinamento dello sport, in Scritti in onore di Massimo Severo Giannini, Milano 1988, pag. 509; MORBIDELLI, Gli Enti dell’ordinamento sportivo, in Dir. Amm. 1993, 302; GIANNINI, Ancora sugli ordinamenti giuridici sportivi, in Riv. Trim. dir. Pubbl. 1996, 671; FRACCHIA, Sport, in Dig. Disc. Pubbl. , vol. XIV, TORINO 1999, 467 e ss; SANINO, Sport, in Enc. Giur. Treccani, Vol. XXX, Roma ; FRASCAROLI, Sport, in Enc. Dir., vol LXIII, Milano 1990, 513; FRATTAROLO, L’ordinamento sportivo nella giurisprudenza, Milano 1995; CAPRIOLI, L’autonomia normativa delle federazioni sportive nazionali nel diritto privato, Napoli 1997; TORTORA- IZZO- GHIA., Diritto Sportivo, in Giurispeduenza sistematica di diritto civile e commeciale, Fondata da BIGIAVI, Torino, 1998.
[2] Come rileva DE SILVESTRI, Il contesto dottrinale in tema di sport e crisi progressiva delle nozioni fondanti, intervento nel convegno di Forte Crest del 7 luglio 1999, pag. 3 del dattiloscritto spec. nota (10), quando nello sport sono confluiti interessi d’orine economico e lavoristico che ricevono tutela primaria e irrinunciabile dall’ordinamento generale, il legislatore ha dovuto inevitabilmente prende atto della impossibilità di perseguire ulteriormente la strada dell’agnosticismo.
[3] Al riguardo SAPIENZA , Sullo "status" internazionale del comitato internazionale olimpico, in Riv. dir. sport. 1997,I, 407.
[4] Nel senso che l’ordinamento sportivo sarebbe derivato da quello statale “che non si limita a tollerarlo, ma gli riconosce formalmente il carattere della giuridicità” QUARANTA, Rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento giuridico, in Riv. Dir. Sport., 1979, 29 e ss. Non dello stesso avviso F. FRACCHIA, in Dig. Disc. Pubbl., voce Sport, vol XIV, Torino, 1999, il quale sottolinea che il nostro ordinamento, a differenza di quanto accade per le confessioni religiose, non concepisce l’ordinamento sportivo come superstatale e originario, né, in mancanza di una specifica garanzia costituzionale, lo colloca al riparo dall’ingerenza della disciplina statale.
[5] FRASCAROLI, Sport, cit., 514, rammenta che nel 1907 fu costituito il CONI soltanto ai fini della partecipazione degli atleti italiani alle olimpiadi e nel 1914 veniva costituito in organizzazione più complessa a carattere permanente rivestendo nel contempo anche la qualità di soggetto nell’ordinamento sportivo internazionale.
[7] Sull’evoluzione normativa in materia di sport RIGO, Storia della normativa del C.O.N.I. dalle sue origini alla legge istitutiva del 1942, in Riv.dir.sport. 1986,565.
[8]
Oggi, la legge istitutiva è
stata abrogata e, per effetto di quanto dispone l’art. 18, comma 7, del
D.Lgs n. 242 del 1999, il regolamento di attuazione continua ad applicarsi
sino alla approvazione del nuovo statuto del CONI e disciplina la materia
per tutto quanto non diversamente stabilito nel recente Decreto legislativo.
[9]
QUARANTA, Rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento giuridico, in
Riv.
Dir. Sport., 1979, 32.
[10] La fisionomia essenziale del CONI è rimasta sostanzialmente la stessa “esso può essere qualificato come un Ente pubblico a struttura associativa; i suoi organi sono le federazioni sportive nazionali, le quali sono preposte alle varie specialità sportive”, FRACCHIA, in Dig. Disc. Pubbl., voce Sport, vol. XIV,Torino, 1999, 469.
[11] TAR Lazio, 8 marzo 1982, n. 31, in TAR 1982, I, 1111. Nella sentenza venne affermato i principi in base al quali lo sportivo tesserato di una Società aderente ad una federazione sportiva è titolare di interesse ad impugnare le deliberazioni del C.O.N.I. che egli ritenga illegittime o pregiudizievoli all'esistenza o all'onorabilità dell'ordinamento sportivo di cui il C.O.N.I. è l'Ente esponenziale. Inoltre, Il C.O.N.I. non è in posizione di subordinazione gerarchica nei confronti del Governo e pertanto è libero di determinarsi nel modo che crede più opportuno, anche in contrasto con le direttive governative, assumendosene, s'intende, in tal caso la relativa responsabilità. Infine, venne ritenuta legittima la deliberazione 20 maggio 1980 con la quale il C.O.N.I. ha autorizzato la partecipazione della rappresentanza italiana ai giochi olimpici 1980.
[12] Al riguardo BERLUCCHI, Aspetti giuridici della partecipazione italiana alle olimpiadi del 1980, in T.A.R. 1982,II,269.
[13] Si tratta, com’è noto, dei principi del giusto procedimento, di ragionevolezza e così via
[14] Di recente su tali aspetti SICLARI, Attività sportiva e diritto alla salute, nella relazione al 43° Congresso nazionale della Società italiana di ginnastica medica, medicina fisica e riabilitazione, svoltosi a Teramo- Giulianova il 30 aprile 2 maggio 1999, pag. 2 e ss. del dattiloscritto. CIANNELLA., La tutela della salute nell’attività sportiva: aspetti prevenzionali e previdenziali, in Riv.dir.sport. 1985,409.
[15] Tali principi, com’è noto, riguardano il dovere di lealtà, la raffrontabilità dei risultati, la sottoposizione delle competizioni alle decisioni immediate di un arbitro, e così via, Tuttavia non sono mancati casi eclatanti in cui il giudice si è dovuto occupare direttamente dei risultati e della classifica finale. A tal proposito ZINGALES, Provvedimenti d esclusione di società sportive da campionati agonistici e tutela giurisdizionale statale, in Riv. dir. sport. 1993,507, 275.
[16] Analizza la nuova disciplina che, di fatto, a superato tale limitazione CHIAIA NOYA, La nuova disciplina delle società sportive professionistiche, in Riv. dir. sport. 1997,I, 629
[17] Si tratta del Disegno di legge Senato 4102 presentato in data 29 giugno 1999. In realtà da circa dieci anni è stata sottoscritta a Strasburgo una convenzione internazionale, ratificata in Italia con legge 29 novembre 1995, n. 522, per ribadire la reale essenza e funzione sociale dello sport e combattere il sempre più crescente fenomeno. Su tali aspetti e su altri disegni di legge SICLARI, op. cit., 9, il quale rileva peraltro che il legislatore sembra un pò troppo risentire dell’assioma per cui la serietà dell’impegno dello Stato nell’affrontare un fenomeno lesivo di un qualche bene fondamentale si manifesti sul terreno repressivo penale e non anche sulla base di una sistematica attività preventiva.
[18] Un’analisi dell’attuale stato della legislazione in materia CIPOLLONI - GAGLIARDI, Attuali previsioni normative nella legislazione anti – doping, in Zacchia 1997,II, 167
[20] A tal proposito BOLOGNA , L'illecito sportivo nella nuova normativa, in Riv.dir.sport. 1990,143. Peraltro, parte della giurisprudenza sostiene che “i comportamenti fraudolenti previsti dalla suddetta norma invero consistono in attività proiettate all'esterno delle persone che le hanno deliberate ed in qualche modo sinallagmatiche posto che collegano alla distorsione della gara, che il soggetto esterno persegue, denaro od altra utilità perseguita dall'altro soggetto partecipante alla gara: dette caratteristiche mancano nei fenomeni autogeni di "doping" che trovano adeguata sanzione negli ordinamenti sportivi”, in Cass. Pen. sez. VI, 25 gennaio 1996, n. 3011, in Riv. pen. econ. 1997, 12.
[21] Calzone S. N., Il Coni ente pubblico nella legislazione vigente, in Riv. dir. sport. 1997,I, 439. Questa impostazione pubblicistica del CONI è stata confermata altresì anche dal D.Lgs n.242 del 23 luglio 1999, di Riordino del Comitato olimpico nazionale Italiano, il quale all’art.1 recita: “il Comitato olimpico nazionale italiano, di seguito denominato CONI, ha personalità giuridica di diritto pubblico, ha sede in Roma ed è posto sotto la vigilanza del Ministero per i beni culturali ed ambientali”.
[22] Sui poterei e sull’articolazione periferica del CONI, cfr. TORTORA-IZZO- GHIA., Diritto Sportivo, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, Fondata da BIGIAVI, Torino, 1998, 3 e ss.
[24] Sulla natura giuridica della federazioni TRIVELLATO, Considerazioni sulla natura giuridica delle federazioni sportive, in Dir.e societa 1991,141.
[25] Oggi l’art.15 del d.lgs n. 242/1999 precisa la natura privata delle Federazioni sportive nazionali .
[26] Un esempio della forte interferenza dell’ordinamento statale si ricava da Cons. Stato, sez. VI, 13 gennaio 1999, n. 12, in Cons. St., 1999, 94, secondo cui “l’iniziativa editoriale direttamente connessa allo svolgimento di una attività amatoriale, costituente la specifica fonte di informazione dell’organismo istituzionalmente preposto alla gestione di una certa disciplina sportiva, è oggettivamente incorporata nell’attività di promozione e diffusione dello sport istituzionalmente svolta dal CONI; pertanto la competente Federazione, nell’espletare siffatta attività editoriale, non può che inscriversi nella sua veste di organo del CONI, tesa evidentemente mediante il coessenziale bene dell’informazione, all’attività promozionale dello sport, mentre, per converso, va escluso che la detta pubblicità e le attività ad essa complementari siano esercitate a fini imprenditoriali che potrebbero giustificare il riassorbimento nello Jus commune della connessa attività contrattuale. (Nella specie, è stato affermato che il contratto con il quale è stata affidata la gestione dell’organo ufficiale di stampa alla federazione soggiace alla normativa di diritto pubblico).
[27] Cons. Stato, sez. VI, 3 dicembre 1998, n.1662, in Giur. It., 1999, p.1317 , nella quale si afferma altresì che: in quanto associazioni di soggetti privati operanti nel campo dello sport, sono dotate di capacità di diritto privato.
[28] VIDIRI , Natura giuridica e potere regolamentare delle federazioni sportive nazionali in Foro it. 1994,I, 136
dilettantistiche, T.A.R. 1987,II,169; CARINGELLA , Considerazioni in tema di "giudizio cautelare sportivo", in Riv. dir. sport. 1993,507, 304 .
[30] R.PEREZ, Disciplina statale e disciplina sportiva, in scritti in onore di M.S.Giannini, I, Milano, 1988, 513 ss ricorda come secondo M. S. GIANNINI, in un saggio che sugli ordinamenti giuridici sportivi, l’attività sportiva può essere divisa in tre zone a seconda del ruolo che la normazione statale vi svolga. Una prima zona è regolata esclusivamente dal diritto statale (edilizia sportiva, istruzione fisica nelle scuole, regime tributario, ecc.).Un’altra è regolata esclusivamente dalla normazione tecnico-sportiva (regole del gioco, punteggi, funzioni degli arbitri, ecc.). In una terza zona è quella nella quale le norme dei due ordinamenti si trovano in contatto, talora sovrapponendosi, talora ecludendosi a vicenda, talora entrando in conflitto, ed è quella con maggior numero di incertezze, soprattutto in relazione alla posizione che le due normative assumono..
[31] M. CLARICH, la sentenza Bosman: verso il tramonto degli ordinamenti giuridici sportivi, in Riv. Ital. Dir. Pubbl. Comunitario, 1996, 613.
[32] Da tempo è stato precisato che sussiste il difetto assoluto di giurisdizione in ordine alle domande con le quali si denunci l'illegittimità del provvedimento adottato da una federazione sportiva in sede di verifica (da parte dei suoi organi di "giustizia sportiva") dei risultati di una competizione agonistica, in applicazione delle regole tecniche emanate dall'ordinamento federale. Cass. Civ., Sez. Un., 26 ottobre 1989 n. 4399,in Giust. civ. 1990, I,709.
[33] GIARDINI A., Diritto comunitario e libera circolazione dei calciatori, Dir. comunitario e scambi internaz. 1988,437. Vasques L., La richiesta di informazioni d'imposta dalla commissione CE ai sensi dell'art. 11 del regolamento 17/62 (nota a sent. Trib. I grado comunita' europee Sez. I, 9 novembre 1994 n. 46, Scottish Football association c. Commiss. Ce), in Riv. dir. sport. 1995,I, 459:
[34] Sugli effetti della sentenza nel nostro ordinamento cfr. CLARICH M., La sentenza Bosman: verso il tramonto degli ordinamenti giuridici sportivi?, Riv. it. dir. pubbl. comunit. 1996, 613; VIDIRI G., Il "Caso Bosman" e la circolazione dei calciatori professionisti nell'ambito della Comunità europea (nota a sent. Corte giust. europee 15 dicembre 1995 n. 415, Union royale belge des societes de football association Aslb c. Bosman e altro, in Foro it. 1996,IV, 13
[35] Su tali aspetti VIDIRI, Potere disciplinare delle federazioni sportive e competenza dell'A.g.o.,( nota Cass., Sez. Un., 10 novembre 1994 n. 9351) in Giust. civ. 1995,I, 392
[36] Il principio è stato chiaramente affermato per la prima volta dal TAR Lazio, 22 ottobre 1979 n. 680 del in TAR 1979, I, 3447.
[37] Tale principio è meglio spiegato da Cons. St., sez. VI, 30 settembre 1995, n. 1050, in Giust. civ. 1996,I, 577 e, Foro it. 1996,III, 275
[38] Alriguardo COCCIA , Sport e diritto "antitrust": l'abuso di posizione dominante da parte di una federazione sportiva, in Riv. dir. sport. 1994,I, 90.
[39] PAOLONI L., Le figurine Panini all'esame dell'"antitrust", in Riv. dir. sport. 1997,III,1, 343; RESTA, Diritto all'immagine, "right of publicity" e disciplina "antitrust", in Riv. dir. sport. 1997,III,1, 349;
[40] Una degli esempi più evidenti di tale interferenza è rappresentato da Cass. Civ. Sez. III, 11 febbraio 1978, n. 625, in Foro It. 1978, I, 862 e ss., in base al quale il contratto tra società calcistica e giocatore professionista con il quale la prima si obbliga a corrispondere alla moglie del secondo una somma di denaro entro dieci giorni dall’accettazione, da parte del calciatore, del suo trasferimento a società appartenente alla lega semipofessionisti, sebbene contrario alla clausola federale che vieta ai calciatori professionisti di concludere direttamente contratti concernenti il proprio passaggio a sodalizi affiliati a tale Lega e di accettare compensi o liberalità per siffatto trasferimento, è valido; PACCES A., Competizioni automobilistiche: nuovo terreno fertile per il risarcimento delle chances perdute? (nota a sent. Trib. Monza 21 febbraio 1992, First Racing Team c. Bonanno); in Riv. dir. sport. 1994,II, 447.
[41] In generale sui rapporti di lavoro sportivo BERTINI , Il contratto di lavoro sportivo, in Contratto e impresa 1998,I, 743.
[42] Sul punto Cass. Civ. sez.V, 11 febbraio 1978, n. 675, in Giur. cost. e civ., 1978, 862. Più recentemente il principio è stato ribadito anche dai giudici di merito. E’ stato infatti affermato che la pattuizione, con la quale la società sportiva si impegna a riconoscere all'atleta un determinato compenso in caso di raggiungimento di un particolare risultato, è pienamente valida anche se non redatta secondo le forme previste dall'ordinamento sportivo. Tribunale Perugia, 10 aprile 1996, in Giur. merito 1996, 864. In dottrina CUCCINIELLO, Considerazioni in tema di "contratto di lavoro sportivo professionistico": prescrizioni di forma e di contenuto nell'art. 4 l. 23 marzo 1981 n. 91,in Rass. dir. civ. 1996,I,1, 449
[43] Invero è stato affermato che, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 cc. Nonché dell’art 5 della L. 16 febbraio 1942 n. 426, Il contratto tipico di compravendita del titolo sportivo da un'associazione calcistica e' nullo per impossibilita' dell'oggetto in considerazione della incedibilità del titolo sancita nei regolamenti della F.I.G.C. Tribunale Spoleto, 20 febbraio 1997, in Rass. giur. umbra 1997, 417, con nota di EROLI)
[44] La clausola compromissoria per arbitrato irrituale prevista nel contratto di prestazione sportiva stipulato ai sensi dell'art. 4 l. 23 marzo 1981 n.91, che determina l’improponibilità, per rinuncia convenzionale all'azione, della domanda relativa a diritti derivanti dal contratto stesso, esplica i suoi effetti solo tra le parti stipulanti e non può i precludere al terzo l'accertamento del proprio credito nei confronti dello sportivo professionista nel procedimento instaurato ai sensi dell'art. 548 c.p.c., in contraddittorio con le suddette parti: Cass. Civ., Sez. lav., 2 aprile 1998, n. 3420, in Mass. Giust. civ. 1998, 712.
[45] In tal senso Cons. Stato, sez. VI 7 maggio 1996, n.654, in Foro Amm. 1996, 1573. Il caso riguardava la controversia tra una arbitro e l’Associazione italiana Arbitri Federazione italiana gioco calcio.
[46] Peraltro, questo principio sin ora comunemente accettato dovrà essere riesaminato alla luce dell’art. 19 del D.Lgs n. 242 del 1999 che ha espressamente abrogato l’art 14 della legge 23 marzo 1981, n. 91 dalla quale si faceva discendere la doppia natura delle Federazioni sportive. Tuttavia tale rivisitazione non potrà non tenere conto della normativa comunitaria e della nozione di organismo di diritto pubblico da questa introdotta seppure limitatamente all’esercizio di determinate attività.
[47] E’ jus receptum il principio in base al quale , ai sensi dell'art. 14 l. 23 marzo 1981 n. 91, le Federazioni sportive hanno autonomia tecnica, organizzativa e di gestione sotto la vigilanza del Coni, con la conseguenza che presentano un duplice aspetto, l'uno di natura pubblicistica, riconducibile all'esercizio in senso lato di funzioni pubbliche proprie del Coni, e l'altro di natura privatistica, riconnesso alle proprie specifiche attività che, in quanto autonome, sono separate dalle prime e fanno capo unicamente alle federazioni medesime. Cons. di Stato, sez. VI, 18 marzo 1998, n. 313, in Rass. Cons. Stato 1998,I, 444.
[48] Cons. Stato, sez. VI, 3 dicembre 1998, n. 1662, in Giur. it. 1999, 1317. Nella nota redazionale, pag. 1319, viene posta in evidenza la necessità di rivisitare la materia alla luce delle disposizioni introdotte dal D.lvo 31 marzo 1998, n. 80.
[49] Cfr. Cons. St. , sez. VI, 17 febbraio 1999 n. 172, Est. Caringella, -Autorità Garante della Concorrenza c .Associazione Italiana Calciatori e Panini s.p.a.. Nella motivazione si legge “ 3b) Reputa il Collegio che decisiva ad assorbente ai fini dell'esito della controversia risulta, a prescindere dal carattere di novità o meno del prodotto, id est diritto, oggetto di cessione, la valutazione della ricorrenza dei presupposti oggettivi e soggettivi della fattispecie di cui all'art.2 della legge del 1990, con particolare riguardo all'emersione dei tratti distintivi, sul piano ontologico, di una restrizione in senso tecnico della concorrenza. (…) L'AIC, associazione di categoria dei calciatori interessati alla Federazione Italiana Calcistica (F.I.G.C.),nonostante la forma associativa e le finalità statutarie collegate alla tutela degli interessi morali, professionali ed economici degli iscritti, opera in subiecta materia come impresa. Giova sul punto ricordare che la normativa antimonopolistica, in armonia con gli indirizzi comunitari, recepisce una nozione di impresa più ampia di quella tradizionale sottesa all'art. 2082 c.c., comprensiva degli organismi associativi operanti come agenzie di vendita esclusiva in relazione alla gestione di diritti, come nella specie, dal contenuto tipicamente economico. Gestione i cui proventi nel concreto vengono destinati al perseguimento degli scopi statutari, con particolare riguardo ai profili mutualistici. Tanto premesso, devesi rimarcare che in linea generale il nostro ordinamento, salvo non si verta in tema di settori vitali e di interessi generali, considera l'esercizio del diritto di esclusiva come legittima forma di sfruttamento di un bene (intellettuale o industriale) da parte del titolare. La titolarità del diritto implica in via strutturale la possibilità, in capo al titolare, di orientarsi nell'esercizio della politica lato senso imprenditoriale reputata più conveniente, circa la forma di sfruttamento più redditizia. Di qui la praticabilità di una scelta in linea tendenziale insindacabile tra le varie modalità rappresentate dalla produzione o gestione diretta del bene economico, dalle cessioni plurime, dalla cessione in toto dell'esclusiva ovvero, in ipotesi, dalla rinuncia allo sfruttamento. Non è sul punto seriamente dubitabile che, nell'esercizio della libertà di impresa che le compete, l'AIC, ove lo avesse reputato conveniente dal punto di vista economico, avrebbe potuto intraprendere direttamente l'attività di produzione delle raccolte o collezioni di figurine connesse ai campionati di calcio e collocarle direttamente sul mercato. La commercializzazione del prodotto, ricavato dai diritti esclusivi oggetto di concessione da parte dei titolari originari, avrebbe costituito esercizio tipico del diritto di impresa, non limitabile, nell'ottica dell'art. 2 della legge del 1990, attraverso l'imposizione di un obbligo di divisione con altri operatori commerciali del mercato. La possibilità dell'esercizio in prima persona dell'attività di commercializzazione di un diritto di cui si vanta la titolarità esclusiva comporta, sempre in via di principio, la libertà di scelta circa l'identità ed il numero dei soggetti ai quali affidare l'opera di commercializzazione. La titolarità dell'esclusiva comporta uno jus excludendi alios dalla commercializzazione del prodotto e si condensa nella libertà di decidere se ed entro quali limiti disporre del proprio diritto in favore di terzi. In quest'ottica gli accordi che trasferiscono a terzi lo jus excludendi non configurano un'intesa restrittiva della concorrenza vietata dalla legge antitrust ma anzi risultano procompetitivi: il titolare consente uno sfruttamento del diritto che altrimenti, salva la ricorrenza di esigenze di interesse sociale, sarebbe comunque precluso ai terzi. Un obbligo di contrarre con i terzi è configurabile ove l'esclusiva, lunghi dal derivare dalla pertinenza ad un solo referente soggettivo della titolarità della risorsa, derivi da una determinazione autoritativa della P.A. e, più in generale, come si vedrà in seguito, sia imposta dalla tutela dell'interesse dei consumatori. In sostanza, così come costituisce esercizio di libertà si impresa la possibilità di gestire direttamente il prodotto piuttosto che affidarne ad altri la commercializzazione, non dissimilmente deve opinarsi in merito alla traslazione del relativo compito in capo a terzi. Nella specie, per l'appunto, l'AIC, sulla base delle risultanze di contati informali, ha reputato più conveniente, anche alla luce delle esperienze pregresse, l'affidamento in prevalenza (contratto del 1992) o in esclusiva(stipulazione del 1995) ad un unico soggetto, per via della valutazione, oltre che del corrispettivo pattuito per lo sfruttamento della posizione di privilegio, dei proventi derivanti dalla royalties calcolate percentualmente in rapporto alle vendite. Non è illogico sul punto ritenere che un soggetto che goda dell'esclusiva, in considerazione degli introiti sicuri derivanti dallo sfruttamento della posizione solitaria sul mercato, abbia la possibilità di investire in modo più massiccio, articolare in modo più variegato la politica digestione del prodotto e, per l'effetto, garantire al cedente un introito maggiore di quello assicurabile da una molteplicità di soggetto equiordinati, sottoposti alle forche caudine dell'alea della concorrenza di altri operatori.
[50] Prosegue la sentenza: 3c) Dalle considerazioni che precedono deriva che nella specie si verte in tema di esercizio di un diritto di privativa da parte del titolare, concretentesi nell'opzione, reputata economicamente più conveniente in un'ottica imprenditoriale, della cessione preferenziale o totale in testa ad un unico referente. Detta ricostruzione consente al Collegio di convenire con il primo Giudice in merito alla non qualificabilità degli accordi di che trattasi a guisa di intese restrittive della concorrenza ai sensi dell'art. 2 della legge n.287/1990. Per definizione l'intesa costituisce un accordo capace di creare una situazione nuova, a sua volta specificamente diretta ad impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza. Non ricorrono per motivi ontologici i requisiti dell'intesa ove l'accordo sia sprovvisto della capacità di generare un quid novi, ma miri a disciplinare il regime della medesima situazione preesistente, con il solo corollario della sostituzione di un soggetto ed altro soggetto.
Si ponga mente sul punto alla circostanza che l'infungibilità del bene oggetto di licenza, ossia la commercializzazione delle immagini dei calciatori in tenuta da gioco, comporta una sostanziale unicità e non sostituibilità del prodotto rispetto a collezioni di figurine relative a soggetti diversi e, quindi, risulta capace di determinare un contesto di separatezza in cui opera il soggetto titolare. Allo stesso modo in cui la gestione diretta del prodotto dell'AIC non avrebbe potuto creare una turbativa del mercato, e ciò in virtù della non preesistenza di un mercato e della riconduzione del diritto da commercializzare in capo ad un unico soggetto per via della pregressa esclusiva, del pari è da escludere che una turbativa della concorrenza ai sensi dell'art. 2 possa derivare dall'affidamento della gestione del medesimo prodotto a soggetto diverso dal precedente titolare del diritto, a sua volta investito dai titolari originari. Il vincolo negoziale creato nella fattispecie non fuoriesce dai binari delle concessioni di privative su beni immateriali (siano essi di proprietà intellettuale o industriale), non concretizzanti ex se intese anti concorrenziali, e segnatamente pattuizioni restrittive della concorrenza.
Non può venire in rilievo una limitazione dell'assetto concorrenziale allorquando la concorrenza sia in radice esclusa, ossia la situazione monopolistica preesista sia pure in forma virtuale mercé la mancata intrapresa dell'iniziativa economica diretta da parte del titolare del diritto allo sfruttamento e venga solo trasferita con l'accordo. Ancor più sinteticamente la posizione monopolistica non deriva dalle intese incriminate ma dalla titolarità a monte dell'esclusiva. In definitiva l'esclusiva (totale o parziale) di cui risulta titolare la Panini, lungi dall'atteggiarsi a conseguenza di un accordo idoneo ad immutare in senso negativo il gioco della concorrenza, costituisce il portato del monopolio pregresso dell'AIC, intrinseco nella titolarità del diritto, in merito alla utilizzazione giuridica di un prodotto confezionato attraverso la cessione dei diritti da parte dei titolari originari anch'essi in via esclusiva. Non assume sul punto soverchio rilievo la circostanza che nella specie il diritto non spetti in via originaria all'AIC ma si consolidi in capo a questa informa derivata per effetto degli accordi intervenuti con i titolari in partenza, ossia i calciatori. In disparte la considerazione che l'AIC si presenta quale organo esponenziale dell'interesse dei singoli atleti, va rimarcato che le modalità con le quali si costituisce il diritto di esclusiva, posta la non contestazione delle medesime e del risultato finale derivatone, nulla spostano sul punto della idoneità di un'intesa volta alla cessione dell'esercizio dell'esclusiva ad alterare un equilibrio concorrenziale in partenza inimmaginabile per difetto della concorrenza medesima relativamente al prodotto specifico.
Tali essendo le coordinate giuridiche della vicenda, può convenirsi che l'esercizio tipico del diritto di privativa, id est la cessione dell'esercizio della stessa al miglior offerente ai fini della massimizzazione del profitto, si atteggia ad espressione della libertà di impresa non suscettibile di censura o conformazione in chiave anticoncorrenziale ove non debordi nel tentativo abusivo di perseguimento di obiettivi esulanti dalla connotazione propria del diritto, ossia non riveli una distorsione funzionale etichettabile in termini di abusività e di capacità invasiva e distorsiva ai danni di altri operatori presenti sul mercato. Deve in altri termini escludersi, in conformità ai principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria, che la concessione di un'esclusiva da parte dell'unico titolare della risorsa necessaria per il confezionamento del prodotto, possa ex se innescare una violazione dell'art. 85 del trattato CE, in quanto la semplice sostituzione di un soggetto ad altro soggetto nell'esercizio di esclusiva incontestabilmente di pertinenza di quest'ultimo si riflette in un puro mutamento soggettivo che è ontologicamente idoneo a determinare un'alterazione del gioco della concorrenza. L'equilibrio generale e l'accessibilità de mercato non sono all'evidenza incisi a seconda che l'attività in via esclusiva di commercializzazione delle figurine venga esercitata da parte del titolare del diritto (nella specie dall'AIC) ovvero dal soggetto che abbia stipulato con quest'ultimo il contratto di licenza (la Panini). In ogni caso non muta il dato oggettivo della presenza di un unico referente soggettivo legittimato alla commercializzazione del prodotto. La stipulazione dell'accordo non sortisce un esito peggiorativo nel confronto tra situazione concorrenziale prodotta dall'accordo e situazione concorrenziale verificabile in assenza del medesimo.
[51] Al punto 3d) della motivazione della sentenza viene ulteriormente precisato che “ Tali essendo i presupposti della vicenda in relazione alla causa reale della limitazione concorrenziale, devesi ritenere che, esclusa l'emersione di un'intesa restrittiva a fronte della fattispecie relativa alla cessione di un diritto di esclusiva da parte del soggetto risultato unico titolare della stessa, il quesito al quale avrebbe dovuto rispondere il Garante riguarda il mantenimento della condotta tenuta dall'associazione calciatori, in sede di intese pattizie con la Panini, nei limiti fisiologici segnati dal legislatore in caso di titolarità di esclusiva o di posizione preminente sul mercato ovvero l'esorbitanza rispetto agli stessi con l'assunzione delle caratteristiche patologiche dell'abuso.
In particolare, ammesso e non concesso che il dominio insito in re ipsa nel diritto di esclusiva sia compatibile con la configurazione di un mercato di riferimento e che in particolare di abuso di posizione dominante o monopolistica possa parlarsi ove difetti il dato fattuale dell'operatività concreta del titolare sul mercato, si pone il problema, non esplorato dall'Autorità, della configurazione di una situazione di monopolio ingenerante un obbligo a contrarre.
Segnatamente, il baricentro interpretativo si sposta verso l'emersione, in caso di titolarità di un diritto esclusivo, di un obbligo a contrarre con una pluralità di interlocutori, ove si verta in tema di attività non relativa alla gestione di servizi pubblici o alla fruizione di beni essenziali, più in generale ove si tratti di attività, come nella specie, difficilmente configurabile in termine di rilevante e primario interesse collettivo. In specie, non è stata presa in considerata la cristallizzazione, in relazione ai prodotti in questione, di esigenze sociali idonee ad innescare l'abdicazione o la limitazione del diritto alla massimizzazione del profitto.
Premessa l'esorbitanza rispetto alla sfera cognitiva del Collegio della verifica della ricorrenza o meno dei presupposti dell'art. 3 della legge n. 287/1990,con specifico riguardo alla configurazione di un mercato di riferimento al quale ricondurre l'assunzione di posizione egemonica, le argomentazioni degli appellanti in punto di irrilevanza del richiamo all'art. 2 ovvero all'art.3 della legge n. 287/1990 stante l'attagliabilità delle argomentazioni del Garante anche alla fattispecie dell'abuso di posizione dominante sono in linea di principio contraddette dalla considerazione che la norma in tema di abuso, diversamente dalla disciplina in materia di intesa restrittiva, richiede, per quel che riguarda la fattispecie dell'art. 3 lett.b (impedimento o limitazione della produzione, degli sblocchi o degli accessi al mercato, allo sviluppo tecnico o del processo tecnologico), il presupposto ulteriore, non scrutinato dall'Autorità Garante, della derivazione dalla condotta abusiva di un pregiudizio ai danni dei consumatori, sub specie di variazioni peggiorative su prezzi, quantità, qualità e varietà dei prodotti immessi sul mercato.
Non è dubitabile che detto requisito aggiuntivo rispetto ai tasselli dell'intesa restrittiva, è stato contemplato dal legislatore in virtù della considerazione che la lesione della sfera dei soggetti interessati ad entrare in un mercato non sono considerati sufficienti, in un mercato già inquinato in origine dall'assenza o dalla penalizzazione della concorrenza, a far scattare la risposta negativa dell'ordinamento, ove non si profili altresì un vulnus ai danni dei consumatori.
Per converso, il provvedimento contestato, pur conducendo un'attenta indagine microeconomica in merito alla problematica sostituibilità del prodotto, non è arricchito dalla verifica degli effetti negativi a sfavore degli acquirenti delle figurine, sub specie di peggioramento, sul piano qualitativo ed economico, dall'offerta ai consumatori e delle determinazioni conseguentemente assumibili da questi ultimi.
Non è in sostanza acclarato che l'offerta del prodotto editoriale da parte di un solo titolare della licenza comporti una maggiore esosità ed un peggioramento qualitativo rispetto alle condizioni praticabili in caso di offerta promanante da una molteplicità di soggetti.
[52] Come rileva CAFFERATA R., Tendenze strutturali della crescita dello sport come "business", in Economia dir. terziario 1998,I, 7.
[53] Per una compiuta analisi dottrinaria e giurisprudenziale della giustizia sportiva e della portae del vincolo di giustizia, cfr. TORTORA-IZZO- GHIA., Diritto Sportivo, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, Fondata da BIGIAVI, Torino, 1998, 191 e ss.
[54] R. CAPRIOLI, L’autonomia normativa delle federazioni sportive nazionali nel diritto privato, Napoli, 1997, p.132
[55] FRASCAROLI, voce Sport cit., 528, ribadisce che l’ordinamento sportivo, pur nella sua innegabile autonomia normativa e regolamentare, non può precludere a chi ne entra a far parte il diritto costituzionalmente garantito di adire il giudice statale ogniqualvolta ai lamenti la lesione di diritti soggettivi e di interessi legittimi
[56] “la rilevanza pratica della differente regolamentazione deriva dal fatto che, ove l’interprete ritenga applicabile la normativa statale contrastante con quella sportiva essa in via di massima si impone ai soggetti dell’ordinamento sportivo i quali fanno contemporaneamente parte dell’ordinamento statale”. F. FRACCHIA, Sport , voce Dig. Disc. Pubbl., vol XIV,Torino, 1999, 471.
[59] Cons. di Stato, sez. VI, 16 settembre 1998, n. 1257, in Giur. It., 1999, 407 dove si afferma che “la clausola compromissoria contenuta negli statuti delle federazioni sportive nazionali che impone alle società sportive di accettare la piena e definitiva efficacia di tutti i provvedimenti e le decisioni adottate nei loro confronti dagli organismi sportivi a ciò delegati, può operare solamente nell’ambito strettamente tecnico-sportivo, come tale irrilevante per l’ordinamento dello stato , ovvero nell’ambito in cui ciò sia consentito dalla natura giuridica degli interessi legittimi, in particolare a causa del loro intrinseco collegamento con un interesse pubblico, ed in forza dei principi sanciti dall’art.113 Cost., sono insuscettibili di formare oggetto di rinunzia preventiva, generale e temporalmente illimitata alla tutela giurisdizionale, e devono quindi essere tutelati innanzi al giudice amministrativo.”
[61] Coll. Arb.17 gennaio 1994, in arch, giur. oo. pp., 1996, 39, precisa che “nelle ipotesi in cui la controversia è sottratta per legge alla cognizione del giudice privato per essere la relativa materia devoluta non al giudice ordinario, bensì a quello amministrativo, difetta la potestas iudicandi degli arbitri
[62] Invero, l’art. 1, comma 1, del progetto di legge sulla riforma del vincolo di giustizia, dispone : “ 1. Le restrizioni al diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti ed interessi legittimi degli affiliati e dei tesserati, individuate come vincolo di giustizia nel vigente ordinamento sportivo, sono modificate secondo i principi che la presente legge determina.
[63]
Sempre l’art. 1, tittolato “modifica del vincolo di giustizia”,
nei successivi commi così dispone” 2.
Gli affiliati ed i tesserati possono adire le autorità federali, previste
dai rispettivi statuti approvati dal CONI, per la tutela dei loro diritti ed
interessi, nonché per la risoluzione di controversie, che siano connesse
all’attività espletata all’interno della federazione. In giudizio vanno
osservate le regole di giustizia di riferimento.
3. I
provvedimenti adottati dagli organi delle federazioni sportive nazionali
hanno piena efficacia nell’ambito dell’ordinamento sportivo e nei
confronti di tutti i soggetti, società, associazioni, e persone fisiche,
tesserati ed affiliati alla federazione.
4. una volta
divenuta definitiva ai sensi delle disposizioni contenute nei regolamenti
federali citati, entro il termine di 60 giorni dal ricevimento della
pronuncia motivata, è possibile contestare la decisione di cui al comma
precedente, intentando regolare azione giudiziaria dinanzi all’organo
giudiziario competente. Il giudizio così instaurato si svolge, in ogni
stato e grado, secondo il rito relativo.
[64]
Infatti, l’art. 1, comma 5, prevede che “ al di fuori del caso
previsto nel comma 2 della presente legge, gli affiliati e i tesserati, per
la tutela dei loro diritti e interessi legittimi, nonché per la risoluzione
di controversie anche attinenti all’attività espletata all’interno
della federazione e controversie insorte tra associati e fra questi e la
federazione stessa, possono direttamente adire l’autorità giudiziaria. Il
giudizio instaurato si svolge, in ogni suo stato e grado, secondo il
relativo. Le sentenze passate in giudicato non sono impugnabili dinanzi agli
organi di giustizia sportiva, interni alle federazioni sportive
nazionali.”
[65] CAPRIOLI, L’autonomia normativa delle federazioni sportive nazionali nel diritto privato, Napoli, 1997. La recente legislazione pare confermare le opinioni espresse dall’A. dal momento che definisce per legge le Federazioni sportive associazioni con personalità giuridica di diritto privato e le assoggetta, per quanto non espressamente previsto dal decreto legislativo, alla disciplina del codice civile e le sottopone alla procedura di riconoscimento della personalità di diritto privato prevista dall’art. 12 del codice civile.
[66]
Di questo avviso è LUISO, in La giustizia sportiva, Milano 1975, 343ss. Deve perciò ammettersi in ogni caso la
possibilità di impugnare dinanzi al giudice ordinario il lodo emesso
dall’organo giudicante sportivo nonostante qualunque contraria
prescrizione contenuta nelle carte federali essendo nullo, per questa parte,
perché contrario all’ordine pubblico, il vincolo di giustizia.
[67]
L’Art. 2 che disciplina la cd.
clausola compromissoria al primo comma così recita “ Al di fuori dei casi
di cui ai commi 2 e 5 dell’articolo 1, le controversie di natura economica
insorte fra i diversi soggetti aderenti alla federazione, possono essere, di
comune accordo fra le controparti, deferite a collegi arbitrali, a norma
dell’articolo 808 e seguenti del codice di procedura civile”
[70]
Tale necessità è sentita atteso che, come rileva autorevole dottrina, se
sinora non si sono verificati contrasti insanabili tra gli ordinamenti
questo è accaduto per la buona volontà degli interessati. In tal senso
GIANNINI, Ancora sugli ordinamenti
giuridici sportivi, in Riv. Trim.
dir. Pubbl. 1996, 671.
[71]
Note alle premesse:
- Gli articoli 76 e 87 della
Costituzione
cosi' dispongono: "Art.
76. - L'esercizio della funzione legislativa non può' essere delegato al
Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto
per tempo limitato e per oggetti definiti".
"Art. 87. - Il Presidente della Repubblica e' il Capo dello Stato e rappresenta l'unita' nazionale.
Può' inviare messaggi alle
Camere.
Indice le elezioni delle nuove
Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle
Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi ed emana i
decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indice il referendum popolare
nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla
legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i
rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa,
quando occorra, l'autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze
armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge,
dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore
della magistratura.
Può' concedere grazia e
commutare le pene.
Conferisce le onorificenze
della Repubblica".
- La legge 23 agosto 1988, n.
400, recante "Disciplina dell’attività' di Governo e ordinamento
della Presidenza del Consiglio dei Ministri" e' pubblicata nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 214 del 12 settembre 1988.
- La legge 16 febbraio 1942, n.
426, recante "Costituzione e ordinamento del Comitato olimpico
nazionale italiano (CONI)" e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.
112 dell'11 maggio 1942.
- La legge 23 marzo 1981, n.
91, recante "Norme in materia di rapporti tra società' e sportivi
professionisti" e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.
86 del 27 marzo 1981.
- Gli articoli 11, comma 1,
lettera b), e 14 della legge 15 marzo 1997, n. 59, cosi' dispongono:
"Art. 11. - 1. Il Governo
e' delegato ad emanare, entro il 31 gennaio 1999, uno o più' decreti
legislativi diretti a:
a) (omissis);
b) riordinare gli enti pubblici
nazionali operanti in settori diversi dalla assistenza e previdenza, le
istituzioni di diritto privato e le società' per azioni, controllate
direttamente o indirettamente dallo Stato, che operano, anche all'estero,
nella promozione e nel sostegno pubblico al sistema produttivo
nazionale".
"Art. 14. - 1.
Nell'attuazione della delega di cui alla lettera b) del comma 1 dell'art.
11, il Governo perseguirà' l'obiettivo di una complessiva riduzione dei
costi amministrativi e si atterra', oltreché' ai principi generali
desumibili dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni,
dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni,
dall'art. 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, ai seguenti
principi e criteri direttivi:
a) fusione o soppressione di
enti con finalità' omologhe o complementari, trasformazione di enti per i
quali l'autonomia non sia necessaria o funzionalmente utile in ufficio dello
Stato o di altra amministrazione pubblica, ovvero in struttura di università',
con il consenso della medesima, ovvero liquidazione degli enti inutili; per
i casi di cui alla presente lettera il governo e' tenuto a presentare
contestuale piano di utilizzo del personale ai sensi dell'art. 12, comma 1,
lettera s), in carico ai suddetti enti;
b) trasformazione in
associazioni o in persone giuridiche di diritto privato degli enti che non
svolgono funzioni o servizi di rilevante interesse pubblico nonché' di
altri enti per il cui funzionamento non e' necessaria la personalità' di
diritto pubblico; trasformazione in ente pubblico economico o in società'
di diritto privato di enti ad alto indice di autonomia finanziaria; per i
casi di cui alla presente lettera il Governo e' tenuto a presentare
contestuale piano di utilizzo del personale ai sensi dell'art. 12,comma 1,
lettera s), in carico ai suddetti enti;
c) omogeneità' di
organizzazione per enti omologhi di comparabile rilevanza, anche sotto il
profilo delle procedure di nomina degli organi statutari, e riduzione
funzionale del numero di componenti degli organi collegiali;
d) razionalizzazione ed
omogeneizzazione dei poteri di vigilanza ministeriale, con esclusione, di
norma, di rappresentanti ministeriali negli organi di amministrazione, e
nuova disciplina del commissariamento degli enti;
e) contenimento delle spese di
funzionamento, anche attraverso ricorso obbligatorio a forme di comune
utilizzo di contraenti ovvero di organi, in analogia a quanto previsto
dall'art. 20, comma 7, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e
successive modificazioni;
f) programmazione atta a
favorire la mobilita' e l'ottimale utilizzo delle strutture
impiantistiche".
- Il decreto legislativo 20
ottobre 1998, n. 68, recante "Istituzione del Ministero per i beni e le
attività culturali, a norma dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n.
59", è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 250 del 26 ottobre 1998.
[72]
Avvertenza:
Il testo delle note qui
pubblicato è stato redatto dall'amministrazione competente per materia, ai
sensi dell'art. 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla
promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della
Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare
la lettura delle disposizioni di legge alle quali è operato il rinvio.
Restano invariati il valore e
l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
[73]
Note all'art. 2:
- Il decreto del Presidente
della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, recante "Attuazione della
delega di cui all'art. 1 della legge 23 luglio 1975, n. 382" e'
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 234 del 29
agosto 1977. - Il decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n.
475, recante "Norme di attuazione dello statuto per la regione
Trentino-Alto Adige in materia di attività' sportive e ricreative con i
relativi impianti ed attrezzature" e' pubblicata nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 252 del 20 settembre 1975.
[74]
Nota all'art. 5:
-
L'art. 12 della legge 23 marzo 1981, n. 91, cosi' dispone:
"Art. 12 (Garanzia per il
regolare svolgimento dei campionati sportivi). - 1. Al solo scopo di
garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, le società' di
cui all'art. 10 sono sottoposte, al fine di verificarne l'equilibrio
finanziario, ai controlli ed ai conseguenti provvedimenti stabiliti dalle
federazioni sportive, per delega del CONI, secondo modalità' e principi da
questo approvati".
[75]
Nota all'art. 18:
- Il decreto del Presidente
della Repubblica 28 marzo 1986, n. 57, concernente "Nuove norme di
attuazione della legge 16 Febbraio 1942, n. 426, recante costituzione e
ordinamento del comitato olimpico nazionale italiano (CONI)" e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 13 maggio 1986.
[76]
Note all'art. 19:
- La legge 16 febbraio 1942, n.
426, recante "Costituzione e ordinamento del Comitato olimpico
nazionale italiano (CONI)" e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.
112 dell'11 maggio 1942.
- L'art. 14 della legge 23
marzo 1981, n. 91, cosi recita:
"Art. 14 (Federazioni
sportive nazionali).
- Le federazioni sportive
nazionali sono costituite dalle società' e dagli organismi ad esse
affiliati e sono rette da norme statutarie e regolamentari sulla base del
principio di democrazia interna. Alle federazioni sportive nazionali e'
riconosciuta l'autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto la
vigilanza del CONI. Per l'espletamento delle attività di amministrazione da
parte degli uffici centrali, le federazioni sportive nazionali si avvalgono
di personale del CONI, il cui rapporto di lavoro e' regolato dalla legge 20
marzo 1975, n. 70.
Per le attività di carattere
tecnico e sportivo e presso gli organi periferici, le federazioni sportive
nazionali possono avvalersi, laddove ne ravvisino l'esigenza, dell'opera di
personale, assunto, pertanto, in base a rapporti di diritto privato. La
spesa relativa graverà sul bilancio delle federazioni sportive nazionali.
Le federazioni sportive nazionali devono adeguare il loro ordinamento alle norme della presente legge entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge stessa".