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n. 7-8/2006 - ©
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FABIO DANI *
Massimo
ribasso: risparmio, economicità e valutazione
della qualità nel nuovo Codice degli appalti
L’entrata in vigore del c.d. “Codice degli appalti” [1] consente di riprendere, e verificare, alcune considerazioni in ordine ai criteri di aggiudicazione, o meglio, ai criteri di scelta del contraente, ed in particolare all’apprezzamento del legislatore nei confronti del criterio del “prezzo più basso” o del “massimo ribasso”.
La riflessione ci pare utile perché da essa sostanzialmente consegue la verifica dei margini di discrezionalità che residuano alla stazione appaltante nell’ambito del procedimento di scelta del contraente, e, con essi, della possibilità di adattamento dell’iter procedimentale alle effettive esigenze che l’Amministrazione stessa è chiamata a soddisfare.
Negli ultimi anni la legislazione in tema di contratti pubblici e, in particolare, la disciplina dei diversi sistemi di aggiudicazione ha avuto una significativa evoluzione in parte resa necessaria dal mutato quadro istituzionale e dalla sempre più ficcante legislazione di rango europeo, e in altra e non secondaria parte, come spesso capita in Italia, conseguente a reazioni non sempre razionalmente ponderate a episodi o a vicende che, anche se di carattere patologico, hanno gradualmente influenzato le scelte legislative.
Senza pretesa di completezza, è facile osservare che se la legislazione fondamentale [2] ha avuto una vigenza che si è protratta sostanzialmente fino ai giorni nostri e di fatto non è stata intaccata nei suoi aspetti essenziali per oltre settant’anni, invece a partire dalla prima metà degli anni ’70 [3] la produzione normativa ha subito una frenetica accelerazione, che peraltro ha riguardato in maniera del tutto prevalente il settore dei lavori pubblici, mentre il settore servizi e forniture ha continuato ad essere regolato dalla legislazione fondamentale, almeno sino all’entrata in vigore della legislazione europea [4].
Non è questa la sede per ricostruire sistematicamente l’evoluzione legislativa: è solo opportuno ricordare che la distinzione che ci interessa è stata introdotta dagli artt. 3 e 4 del R.D. 18.11.1923, n. 2440, a tenore del quale “i contratti dai quali derivi una spesa per lo Stato devono essere preceduti da gara mediante pubblico incanto o licitazione privata, a giudizio discrezionale dell’amministrazione”, mentre era previsto che solo per “speciali lavori o forniture possono invitarsi le persone o ditte ritenute idonee a presentare, in base a prestabilite norme di massima, i progetti tecnici e le condizioni alle quali sono disposti ad eseguirli… nei modi che saranno stabiliti nell’invito si procede, a giudizio insindacabile dell’amministrazione, alla scelta del progetto che risulti preferibile, tenuto conto degli elementi economici o tecnici delle singole offerte e delle garanzie di capacità e serietà che presentano gli offerenti…”.
La differenza è evidente: nel pubblico incanto si individua la migliore offerta economica, nella licitazione (o nell’appalto – concorso) si sceglie il miglior progetto, sulla base di elementi economici e tecnici [5]. Nell’incanto, il progetto è interamente predisposto dall’amministrazione, nella licitazione è predisposto in collaborazione con l’offerente, sulla base di criteri di massima predisposti dalla Stazione appaltante [6].
La distinzione, per quel che ci riguarda, non è peraltro tra diverse procedure di gara, ma tra diversi metodi di scelta del contraente, o meglio, di valutazione delle offerte: il legislatore dell’epoca aveva, è vero, costruito una corrispondenza biunivoca tra procedure di gara e criteri di scelta (cioè, pubblico incanto – prezzo e licitazione – progetto), ma tale corrispondenza è andata con il tempo affievolendosi, mentre non è affatto venuta meno la distinzione tra i criteri di scelta del contraente, che, tra l’altro, ha come immediata conseguenza quella di direttamente condizionare sia i modi di formulazione dell’offerta, che l’ambito del confronto concorrenziale, come più avanti si dirà 7.
Peraltro se è vero che è certamente consentito far luogo ad una licitazione per individuare l’offerta più conveniente dal punto di vista esclusivamente del prezzo, è certo che la possibilità di individuare la migliore offerta solo sulla base del prezzo, o invece sulla base di un progetto, di cui il prezzo costituisce solo una componente, è alternativa che se è sempre stata presente nella legislazione di settore, ha tuttavia conosciuto alterne fortune.
Esempio illuminante, a questo proposito, è la legislazione relativa al settore dei lavori pubblici.
La legge c.d. “Merloni” 8, nel suo testo originario, poneva una stretta distinzione tra sistemi di realizzazione delle opere pubbliche, individuandoli nell’appalto di costruzione o nella concessione di costruzione e gestione, i primi affidabili con pubblico incanto o licitazione privata, la seconda unicamente con licitazione privata 9.
Gli appalti, erano affidabili unicamente con il criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso, con l’unica eccezione dei casi di affidamento di appalti mediante appalto – concorso e dell’affidamento in concessione, nel qual caso era possibile adottare il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sulla base di criteri previsti dalla stessa legge 10 tra i quali, in primis, le proposte progettuali, coerentemente con la previsione secondo la quale l’affidamento in concessione poteva essere effettuato sulla base di un progetto anche solo definitivo, con ciò affidando la redazione del progetto esecutivo al concessionario, salva restando l’ipotesi di affidamento per appalto – concorso sulla base di progetto solo preliminare.
Con una prima modifica 11 si è concessa la possibilità di affidare in appalto anche la progettazione esecutiva, ma solo nel caso di prevalenza della componente impiantistica e tecnologica di lavori di manutenzione, restauro o scavi archeologici. Con la “Merloni ter” 12, la “prevalenza” della componente impiantistica o tecnologica è stata individuata in una incidenza superiore al 50%, (percentuale poi elevata al 60%) prevedendosi, in questi casi unicamente la stipula di contratti a corpo: è chiaro che la presenza di un elemento progettuale comporta di per sé che non si possa fare riferimento a criteri di valutazione attinenti unicamente al prezzo.
Il criterio generale di aggiudicazione per gli appalti aggiudicati mediante pubblico incanto o licitazione privata restava però quello del prezzo più basso, inferiore a quello posto a base di gara.
È stata la c.d. “Merloni quater” 13 a consentire che gli appalti da aggiudicarsi mediante pubblico incanto o licitazione privata potessero essere affidati sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, qualora fossero di importo superiore alla c.d. “soglia comunitaria” in cui, per la prevalenza della componente tecnologica o per la particolare rilevanza tecnica delle possibili soluzioni progettuali, si ritenesse possibile che “la progettazione possa essere ulteriormente migliorata con integrazioni tecniche proposte dall’appaltatore”.
L’evoluzione è evidente, del resto imposta dalla normativa comunitaria 14 secondo la quale le amministrazioni aggiudicatrici possono indifferentemente aggiudicare gli appalti di lavori pubblici con il metodo del prezzo più basso o dell’offerta economicamente più vantaggiosa. È chiaro che in sede comunitaria, conta più l’effettiva concorrenza, lo sfruttamento delle potenzialità del confronto tra offerte, e dell’apporto delle Imprese, che non le posizioni conseguenti alle vicende giudiziarie che hanno colpito le deviazioni patologiche verificatesi in ambito contrattuale pubblico 15.
Su questo punto vale la pena soffermarsi: che la scelta di privilegiare in modo assolutamente prevalente sistemi di aggiudicazione automatici, con conseguente affievolimento dei margini di discrezionalità concessi alla Stazione appaltante fosse una reazione ai diffusi episodi di corruzione collegati al mondo degli appalti pubblici, segnatamente nell’ambito dei lavori, non è una deduzione degli interpreti, ma una esplicita e palese scelta di politica legislativa del legislatore degli anni ’90 16.
Se lo scopo era chiaro, cioè cercare di ovviare agli inconvenienti così drammaticamente manifestatisi in quegli anni, altrettanto chiara era la ricetta: diminuire gli spazi di discrezionalità e aumentare i vincoli procedimentali 17.
Cosa questo significasse, è stato da subito rilevato: sottrazione di responsabilità in capo alle strutture dirigenziali, rallentamento degli iter burocratici, detrimento della qualità, distorsioni del mercato e della concorrenza 18.
Sin da subito infatti le autorità di controllo avevano ben avvertito che le valutazioni sulla base di criteri esclusivamente economici, e automatici, “sono ispirate da un eccessivo garantismo, peraltro tanto formale quanto scarsamente efficace. Garantismo formale che… si sostanzia nel privilegiare criteri meccanicistici ed automatici di aggiudicazione, con fuga di responsabilità, ma con minor approfondimento di indagine su chi possa offrire, ad esempio, le maggiori garanzie di migliore esecuzione, giungendo così alle gare in cui si valuta solo la convenienza economica, su sconti di prezzo talora irrilevanti” 19 o altre volte così sensibili, da indurre più di un sospetto.
Neppure è sfuggita alla più attenta dottrina 20, l’incompatibilità delle disposizioni nazionali rispetto alla normativa europea, poiché l’art. 30 della direttiva comunitaria 93/37 del 14.06.1993 prevedeva che le amministrazioni aggiudicatici potessero indifferentemente aggiudicare gli appalti di lavori pubblici con il metodo del prezzo più basso o con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, e ciò a prescindere dal tipo di procedura posta in essere.
Del resto si era osservato anche come fosse illusorio pensare che l’aggiudicazione al prezzo più basso sia strumento a garanzia dell’amministrazione: in realtà esso svilisce la qualità del prodotto offerto, e produce un grave effetto distorsivo nella meccanica economica dei rapporti delle imprese con il mercato 21, sostanzialmente “codificando” un clima di sfiducia sia nei confronti della correttezza delle amministrazioni sia nel grado di affidabilità delle imprese 22. Non può infatti sfuggire che una differenza di prezzo è spesso sinonimo anche di differenza qualitativa, ed è chiaro che dove ad una non significativa differenza di prezzo corrisponda una invece significativa differenza di qualità, il sistema di valutazione che non consentisse di apprezzare quest’ultima si tradurrebbe in una circostanza a discapito della stazione appaltante, e non a suo vantaggio 23.
Precludere agli enti aggiudicatari di aggiudicare l’appalto con il criterio dell’offerta economica più vantaggiosa non risponde, in realtà, ad alcuna finalità di maggiore concorsualità, anzi, limita la concorrenza, impedendo che essa si eserciti non solo sul prezzo, ma anche sulla qualità, la quale può essere valorizzata solo con metodi di valutazione nei quali trovino spazio considerazioni relative, appunto, alla qualità 24, senza di che vengono espulse dal mercato proprio quelle imprese che sulla qualità, e quindi sulla ricerca, hanno investito
La giurisprudenza si è dimostrata attenta al dibattito che andava sviluppandosi, rimettendo la questione 25 all’esame della Corte di Giustizia Europea la quale non ha mancato di esprimersi in modo più che critico 26, rilevando che la normativa di derivazione europea, ed i principi che ad essa presiedono, ostano ad una normativa nazionale la quale, ai fini dell’aggiudicazione degli appalti, imponga di ricorrere al criterio del prezzo più basso, perché “priva le amministrazioni aggiudicatici della possibilità di prendere in considerazione la natura e le caratteristiche peculiari degli appalti, scegliendo per ognuno di essi il criterio più idoneo a garantire la libera concorrenza ed assicurare la selezione della migliore offerta”.
In sostanza, una riappropriazione, da parte delle amministrazioni (e per esse dei dirigenti, quali soggetti titolari della funzione) di maggiori margini di discrezionalità il cui utilizzo in funzione del pubblico interesse è peraltro la ragione stessa della loro esistenza 27.
Meno sensibile alle vicende contingenti, anche perché di diretta derivazione europea, era invece la legislazione in tema di forniture 28 secondo la quale l’aggiudicazione al prezzo più basso era limitata al caso in cui la fornitura di beni dovesse essere conforme ad appositi capitolati o disciplinari tecnici, facendosi riferimento, negli altri casi, al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in relazione, tra l’altro, al rendimento, alla qualità e al valore tecnico del bene.
Ancora più evoluta è la normativa fino ad oggi vigente in tema di affidamento di servizi 29, a tenore del quale i due metodi di aggiudicazione sono del tutto fungibili, e sparisce qualsiasi “riserva” a favore del criterio unicamente del miglior prezzo, mentre è confermato che l’offerta economicamente più vantaggiosa è valutata come tale, anche in relazione al merito tecnico, alla qualità e alle caratteristiche funzionali del servizio 30.
L’evoluzione legislativa cui abbiamo fatto sommariamente riferimento, si è definitivamente compiuta con il Codice degli appalti le cui disposizioni 31 precisano che “nei contratti pubblici… la migliore offerta è selezionata con il criterio del prezzo più basso o con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa”: spetta alle amministrazione la “scelta del criterio più adeguato in relazione alle caratteristiche dell’oggetto del contratto”.
È così definitivamente codificata la perfetta alternatività tra i due sistemi, e, anzi, è la stazione appaltante ad essere destinataria di una dovere di scelta, cui consegue un evidente onere motivazionale tipico di ogni apprezzamento discrezionale, che deve essere esercitato in funzione delle “caratteristiche dell’oggetto del contratto”.
E delle caratteristiche dell’oggetto dell’appalto si dovrà a maggior ragione tenere conto in relazione dell’art. 82 del Codice Appalti, a tenore del quale il sistema del prezzo più basso, per contratti da stipulare a corpo, è utilizzabile solo per l’affidamento di lavori, e non dunque anche per l’acquisizione di forniture o la prestazione di servizi 32.
Pare dunque che il legislatore abbia finalmente tenuto conto delle critiche che da più parti venivano sollevate a proposito di un sistema tutto incentrato su sistemi automatici di aggiudicazione, e, in più, al prezzo più basso, con gli evidenti inconvenienti che si sono registrati nel corso degli ultimi anni.
L’evoluzione legislativa indica non solo una linea di tendenza, ma anche un canone interpretativo e la linea guida delle scelte amministrative, tanto più se si tiene presente che i principi affermati dalla Corte di Giustizia Europea hanno certamente una valenza generale, in quanto sono diretta applicazione del principio di tutela della concorrenza espresso dal Trattato CE, e dunque applicabili anche agli appalti sotto soglia 33.
Naturalmente, a tale “riappropriazione” fa da speculare contraltare l’assunzione di responsabilità, la valutazione delle circostanze e l’esplicitazione dei motivi che hanno indotto ad operare l’una scelta piuttosto che l’altra, il che peraltro significa, semplicemente, esercitare la funzione amministrativa.
Risulta evidente, dunque, che al criterio del prezzo più basso può oramai farsi riferimento solo per forniture standardizzate, per lavori privi di apporto tecnologico, per servizi elementari e ripetitivi, che non necessitino di apporto organizzativo significativo.
Di contro, ogni qual volta che le qualità del prodotto offerto abbia una sua autonoma apprezzabilità, o il servizio sia conseguente al possesso di uno specifico know-how da parte del prestatore, connesso ad una organizzazione che ne qualifica il risultato, sarà gioco-forza fare riferimento ad un criterio di valutazione che possa mettere in grado l’amministrazione di valutare tali ambiti, che non può che essere quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Ancora, aggiudicare al prezzo più basso, presuppone in ogni caso l’esistenza di un progetto prestazionale predisposto dall’amministrazione che indichi con puntuale e assoluta precisione non solo le modalità, i tempi e i costi della prestazione, ma anche (ad esempio, in tema di servizi) i requisiti organizzativi e il dispiego di mezzi necessari per l’espletamento del servizio in questione 34.
Tutte le volte che tale progetto non vi sia, o l’amministrazione non sia in grado di predisporlo 35, dovrà necessarimente farsi riferimento a parametri di valutazione non certamente limitati al fattore prezzo: in caso contrario, infatti, oltre ad una evidente distorsione procedimentale nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica, dovrà anche constatarsi l’indeterminatezza stessa dell’oggetto della prestazione, con conseguente sua impossibilità, e altrettanto conseguente illiceità del contratto ex art. 1346 c.c.
In altri termini, tutte le volte che l’amministrazione non può predisporre di un progetto esecutivo – operativo, deve chiederne la predisposizione agli offerenti, con conseguente necessità di valutarlo unitamente al prezzo.
Il progressivo abbandono del criterio del prezzo più basso quale criterio unico di valutazione delle offerte, non associato anche a valutazioni relative alla qualità, appare del resto rispettoso del principio generale e fondamentale 36 di tutta la attuale legislazione in tema di contratti pubblici, secondo il quale “l’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, deve garantire la qualità della prestazione e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza”, fermo restando che “il principio di economicità deve essere subordinato, entro i limiti consentiti dalle norme vigenti, ai criteri previsti dal bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute e dell’ambiente e alla previsione dello sviluppo sostenibile”: quanto tali fondamentali esigenze richiedano una articolata e complessa valutazione dell’interesse pubblico il cui perseguimento non si identifica tout court con il massimo risparmio per l’amministrazione 37, e quanto il loro soddisfacimento possa contrastare con la semplice aggiudicazione al prezzo più basso, appare a tutti evidente per comune buon senso, ancor prima che per dettato legislativo.
* Avvocato del Foro di Ferrara - Presidente della Società degli Avvocati amministrativisti dell'Emilia Romagna.
[1] D. L.vo 12.04.2006 n. 163, in attuazione della direttiva 2004/18/CE, pubblicato in G.U. n. 100 del 02.05.2006.
[2] Di cui alla L. 20.03.1865, n. 2248 all. F, testo unico delle leggi sui lavori pubblici e al R.D. n. 350 del 25.05.1895, Regolamento per la direzione, contabilità e collaudazione dei lavori dello Stato, nonché al R.D. 18.11.1923, n. 2440, Nuove Disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato, e al R.D. 23.05.1924, n. 827, Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato.
[3] Ricordo, tra le altre, la L. n. 504 del 03.07.1970, Norme per gli appalti di opere pubbliche mediante esperimento di gara con offerta in aumento, la L. n. 14 del 02.02.1973, Norme sui procedimenti di gara negli appalti di opere pubbliche mediante licitazione privata, la L. n. 8 del 12.01.1974, Norme in materia di appalti di opere pubbliche, la L. n. 80 del 17.02.1987, Norme straordinarie per l’accelerazione dell’esecuzione di opere pubbliche, la L. n. 584 del 08.08.1977 di adeguamento alle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici alle direttive della Comunità Europea, la L. n. 741 del 10.12.1981, Ulteriori norme per l’accelerazione delle procedure per l’esecuzione di opere pubbliche.
[4] Cioè, sostanzialmente, sino alla L. n. 113 del 30.03.1981, Norme di adeguamento alle procedure di aggiudicazione delle pubbliche forniture alla direttiva della Comunità Europea n. 77/62 del 21.12.1976, cui ha fatto seguito il Testo Unico delle disposizioni in materia di appalti pubblici di forniture, in attuazione delle direttive 77/62 CEE; 80/767/CEE e 88/295/CEE di cui al D. L.vo n. 358 del 24.07.1992. Per i servizi, v. D. Lvo n. 157 del 17.03.1995.
[5] Prescindo, ovviamente, dal sottolineare tutte le altre differenze, procedimentali e contenutistiche, fra i diversi sistemi di scelta del contraente, in quanto non coerenti con il tema che si siamo imposti.
[6] L’affermazione trova conferma anche nei successivi artt. 73 e segg. dello stesso R.D. n. 2440/23, che indica le modalità di svolgimento delle diverse procedure di aggiudicazione.
7 La scelta incide anche, come è evidente, sull’estensione della tutela risarcitoria a favore dell’impresa illegittimamente pretermessa: Cons. Stato, Sez. IV, 29.09.2005, n. 5204; id. 06.06.2004, n. 5012.
8 L. n. 109 del 11.02.1994, come modificata con D. L. n. 101 del 03.04.1995, conv. in L. n. 216 del 02.06.1995, L. n. 415 del 18.11.1998, con L. n. 166 del 01.08.2002 e con L. n. 62 del 18.04.2005.
9 L’art. 20 della L. 109/94 prevedeva anche l’affidamento mediante appalto concorso o trattativa privata, nei casi specificamente indicati dalla legge, ma si tratta di ipotesi non influenti rispetto al nostro tema.
10 Art. 21, L. 109/94.
12 L. 18.11.1998, n. 415.
13 L. 01.08.2002, n. 166.
14 Art. 30 Direttiva 93/37 del 14.06.1993.
15 Di cui è tipica espressione la legislazione italiana, sul punto criticata anche da D. TASSAN MAZZOCCO – C. ANGELETTI – M. ZOPPOLATO, Commento alla L. 18.11.1998, n. 415, pag. 320 e segg.; v. anche M. STECCANELLA, E. ROBALDO: La legge quadro in materia di lavori pubblici, Milano 1999, M. SANINO, La Corte di Giustizia definisce i criteri per l’affidamento della realizzazione delle infrastrutture pubbliche, in Foro Amm. C.d.S., 2004, 3360.
16 In tal senso, esplicitamente, le deduzioni del Governo italiano avanti la Corte di Giustizia Europea nell’ambito del procedimento C. 247/02, deciso con sentenza 07.10.2002 su cui infra. A difesa delle scelte di politica legislativa operate dalla legge Merloni; v. le interessanti considerazioni di G. TACCOGNA: Criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici e concorrenza, secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia, in Foro Amm. TAR, 2004,10,2810.
17 v. B.M. FARINA: La legge Merloni nella prospettiva comunitaria, in “La legge quadro in materia di lavori pubblici: atti del Convegno di Campobasso” 10.06.1994, p. 51 e segg., che opera una attenta ricostruzione del clima politico dell’epoca e delle connesse conseguenze legislative, osservando peraltro come ciò si potesse risolvere, anche, in un allontanamento dal mercato italiano delle imprese europee, come poi puntualmente accaduto.
18 In realtà, vi era anche chi riteneva che la norma nazionale non confliggesse con la normativa europea, e che anzi, aggiudicare unicamente sulla base del minor prezzo fosse giustificato dal “fine di assicurare in modo più esteso la concorrenza”. Così l’Autorità per la Vigilanza sui lavori pubblici, Determinazione 07.12.2000, n. 53. Sul punto si sofferma M. ZOPPOLATO (in AA.VV. “Legge Quadro sui Lavori Pubblici – Merloni quater” – Giuffrè 2003 – Commento all’art. 21) il quale con l’abituale efficacia osserva che “evidentemente l’Autorità pare non avesse preso in debita considerazione il concetto di “concorrenza” che la disciplina comunitaria intende tutelare”: il che ha trovato puntuale conferma nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, di cui infra.
19 Così Corte dei Conti, relazione annuale sul rendiconto dello Stato 1982. V. anche in Relazione al settore del restauro dei beni culturali il parere del Consiglio Superiore dei LL.PP. del 26.10.2001 sullo schema di “Capitolato speciale per i lavori di realizzo dei dipinti su tela e su tavola”.
20 v. D TASSAN MAZZOCCO, C. ANGELETTI, M. ZOPPOLATO cit. in nota 14; M. AUDITORE, Brevi note sui problemi di compatibilità tra l’art. 21 della L. 109/1994 e la normativa comunitaria, in www.giurisprudenza.it.
21 A fronte dell’incremento degli infortuni sul lavoro le organizzazioni sindacali da tempo denunciano come tale sistema non favorisca le imprese più efficienti, favorisca il subappalto non autorizzato e il lavoro sommerso, si risolva a detrimento della sicurezza e del rispetto degli interessi superiori non remuneranti, quali, ad esempio, il rispetto delle prescrizioni ambientali o paesistiche.
22 Così M. CLARICH: La Legge Merloni quater tra instabilità e fruibilità, in Corr. Giur., 2002,1401 ss.; M. SANINO, cit, fa esplicito riferimento all’intento di “accaparrarsi il lavoro” che ha “abitualmente spinto gli appaltatori a non meditare con adeguata cautela sull’elemento economico, verosimilmente auspicando l’evoluzione dei lavori in una prospettiva fin troppo positiva ed esaltando la propria capacità organizzativa oltre le più ottimistiche previsioni”, senza che ciò abbia saputo porre rimedio il sistema di verifica dell’anomalia.
23 Così B. LUBRANO: Limiti e poteri della normativa nazionale nelle materie disciplinate da direttive comunitarie; in Foro Amm. C.D.S., 2004, 3342; la quale osserva altresì come il sistema possa negativamente riverberarsi anche sugli oneri di manutenzione, sicuramente maggiori nel caso di peggiore qualità.
24 Così, tra i tanti, M. FILIPPI, Commento al D. Lvo n. 406/91, in Le nuove leggi civili commentate, 1995, 673
25 TAR Lombardia, Brescia, ordinanza 26.06.2002, n. 997, in relazione al ricordato art. 30, comma 1, della Direttiva n. 93/37 e dell’art. 85 (ora 81) del Trattato CE .
26 Condannando l’Italia: C. Giust: CE, II, 07.10.04 (C. 247/2002) in Urb. e Appalti, 2004, 1267, con nota di R. DE NICTOLIS: “La Corte CE e l’art. 21 della legge Merloni: le amministrazioni aggiuidicatrici possono scegliere il criterio di aggiudicazione”.
27 Sottolinea come la pronuncia della Corte significhi correlazione necessaria tra principio di concorrenza effettiva e riserva dell’amministrazione di valutazione e di scelta, e cioè con una riserva di valutazione discrezionale caso per caso, anzi una riserva di funzione amministrativa: J. BERCELLI, Le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici e il principio comunitario di concorrenza effettiva, in Foro Amm. TAR, 2004, II, 3232.
28 Art. 19 D. Lvo n. 358 del 24.08.1992, in attuazione delle direttive 77/62/CEE, 80/767/CEE, 88/295/CEE.
29 Art. 23 D. Lvo n. 157 del 17.03.1995, in attuazione della direttiva 92/50/CEE; la giurisprudenza ha osservato come fosse pacifico che la scelta dei criteri da adottare per l’aggiudicazione sugli appalti di servizi spetti ad un scelta discrezionale della P.A.: così TAR Sardegna, 29.04.2003, n. 496.
30 Per gli appalti di servizi il problema delle normative applicabili ai contratti di valore inferiore alla soglia comunitaria assume rilievo assai marginale, dato l’esiguo valore della soglia stessa, ex art. 28 del D. Lvo 12.04.2006, n. 163. Per l’applicabilità, comunque, dei principi comunitari: F. CAPALBO, Appalti pubblici di servizi di importo inferiore alla soglia comunitaria, in www.lexitalia.it , n. 10/02. In ogni caso, circa l’applicabilità dei principi comunitari, cfr. infra.
31 Artt. 81 e segg.
32 La lett. b) del comma secondo, prevede che infatti che il prezzo più basso, per i contratti stipulati a corpo, è determinato mediante ribasso sull’importo dei lavori, e del resto, la distinzione tra contratti a corpo e a misure è tipica della legislazione sui lavori pubblici, risalendo all’art. 326 della legge sulle Opere Pubbliche del 20.03.1865, n. 2248, all. F.
33 L’assunto è oramai comunemente recepito, a malgrado di qualche iniziale pronunciamento contrario, tra cui G. TACCOGNA, Criteri… cit; nel senso esposto nel testo, D. D’ALESSANDRO, Libera concorrenza e aggiudicazione: nuove frontiere e principi giuridici ed economici non in toto esplicitati?, in Servizi pubblici e Appalti, 2005, 1, 188; G.M. DI LIETO: Criteri di aggiudicazione dei LL.PP.; riflessioni sulla sentenza della Corte di Giustizia 07.10.2004, in Foro Amm. TAR, 2004, 9, 2430; Autorità di vigilanza sui LL.PP., Determinazione 22.06.2005, n. 6; Cons. Stato, Sez IV, 04.10.2005, n. 2.
34 M. ALESIO: Gli appalti e i criteri per l’aggiudicazione: l’amministrazione deve motivare la scelta, in D. & G., 2004, 88, sottolinea anche che: “se il progetto esecutivo è molto dettagliato, come dovrebbe essere, se le specifiche e le prescrizioni tecniche sono ben definite, se i requisiti di partecipazione sono puntuali anche per quanto concerne i profili tecnici, il criteri del prezzo più basso garantisce una adeguata scelta del miglio contraente, proprio perché non c’è bisogno dell’apporto collaborativo delle imprese”. L’assunto è certamente condivisibile, ma presuppone una serie di “se”, che impongono di fare i conti con le capacità progettuali della P.A. e con la complessità delle prestazioni richieste all’impresa, che sono la ragione giustificatrice della necessità dell’apporto collaborativo delle imprese stesse.
35 Sottolinea l’esistenza di un trend che tende a dare rilievo alla collaborazione e al dialogo tra amministrazione e impresa, con significative considerazioni: D. D’ALESSANDRO, Libera concorrenza e aggiudicazione: nuove frontiere e principi giuridici ed economici non in toto esplicitati?, in Servizi pubblici e Appalti, 2005, 1, 188.
36 Art. 2, primo comma, del Codice Appalti, titolato “Principi”.
37 Secondo il noto assioma per cui il maggior risparmio non è sempre sinonimo di maggiore economicità.