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Articoli e note

n. 1/2007 - © copyright

LUIGI D'ANGELO

Una “nuova” presunzione di legittimità
degli atti amministrativi?

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Per introdurre la problematica che ci si accinge ad affrontare con alcune brevi considerazioni, pare opportuno partire da una preliminare e fondamentale osservazione: nel nostro ordinamento non esistono “effetti giuridici” in rerum natura, essendo gli stessi “creature” del diritto dunque indissolubilmente legati e connessi ad una previa norma che contempla e da rilevanza ad un certo atto o ad un determinato fatto. Ebbene: se ciò è vero, come possono allora produrre effetti giuridici atti o fatti difformi dallo schema legale?

E quanto appunto si verifica allorquando un provvedimento amministrativo nasce viziato poiché contrastante con una norma di legge.

Appare evidente che riconoscere in questo caso l’efficacia del provvedimento e dunque ammettere l’esplicarsi dell’effetto giuridico dallo stesso voluto, significa costruire una fictio iuris: si presume l’atto conforme alla norma (fino a prova contraria). Vi è equiparazione, quanto ad effetti, del provvedimento illegittimo al provvedimento legittimo, dunque indifferenza della legittimità/validità rispetto all’efficacia almeno fino a quando non venga dichiarata, nei modi previsti, la difformità dell’atto rispetto al modello normativo.

Ma su quali fondamenta poggia simile postulato conosciuto come presunzione di legittimità dell’atto amministrativo [1]? Probabilmente la risposta all’interrogativo presupporrebbe un allargamento dell’indagine anche ad altre branche del diritto laddove si verifica una tendenziale disgiunzione dell’efficacia dalla validità; può pensarsi al contratto annullabile quale, appunto, fattispecie invalida ma produttiva di effetti.

Nel diritto amministrativo, tuttavia, la questione pare ad oggi rivisitabile alla luce di nuovi riferimenti positivi.

In effetti, antecedentemente alla L. n. 15/2005, la presunzione di legittimità dell’atto amministrativo veniva reputata fondata su diverse disposizioni normative: secondo taluni, ad esempio, le disposizioni contemplanti il potere giurisdizionale di sospensione dell’efficacia del provvedimento amministrativo (art. 39, T.U. delle leggi sul Consiglio di Stato nonché art. 21, L. n. 1034/71), non potevano che fondare l’efficacia del provvedimento fuori dal processo e anche nei casi di dubbia legittimità dello stesso, diversamente risultando inutili le previsioni normative in tema di sospensione. Intanto appare razionale sospendere un provvedimento amministrativo in quanto lo stesso risulti produttivo di effetti [2].

Veniva altresì osservato, in chiave critica, che probabilmente la presunzione di legittimità doveva trovare fondamento in disposizioni normative di carattere sostanziale e non processuale; una volta però traslata la questione sul piano sostanziale, non veniva poi offerto alcun riferimento positivo, giustificandosi il fenomeno sulla scorta di taluni principi come quello di apparenza [3], quello dell’economia dei valori giuridici [4], quello di adattabilità dell’effetto [5] e così via.

Ad oggi, però, non pare azzardato sostenere che la presunzione di legittimità degli atti amministrativi ha trovato finalmente un aggancio positivo di natura sostanziale: l’indicazione perviene dal nuovo art. 21 nonies, L. n. 241/1990, rubricato “Annullamento d’ufficio”, laddove si sancisce che “il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21 octies può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. E' fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole”.

Da detta disposizione, in effetti, si ricava l’assunto della sicura esplicazione di effetti da parte del provvedimento illegittimo (per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere), tant’è che in sede di annullamento d’ufficio dovranno essere oggetto di considerazione, tra l’altro, gli interessi dei destinatari dell’atto nonché dei controinteressati, soggetti la cui sfera giuridica risulta evidentemente intercettata da un potere amministrativo.

Trattasi di una disposizione che descrive, seppure ai fini di disciplina del potere di annullamento d’ufficio dell’amministrazione, le “conseguenze” comunque scaturenti dall’adozione di un atto espressamente definito illegittimo per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere; conseguenze che per l’appunto vedono un atto produttivo di effetti nelle altrui sfere giuridiche nonostante la non conformità allo schema normativo.

Orbene, se può apparire suggestivo il “nuovo” dato normativo da cui inferire la consacrazione legislativa - nel diritto amministrativo - della presunzione di legittimità, non accettabile si presenta il “potenziamento” che di essa il legislatore del 2005 ha inteso farne con un’altra disposizione ovvero l’art. 21 octies, il quale, a ben vedere, contempla una ipotesi che “va ancora oltre” e rafforza la presunzione di legittimità dell’atto amministrativo, prevedendosi - sempre sul presupposto della produzione di un “finto” effetto giuridico per il tramite di una fattispecie non conforme allo schema legale - addirittura il consolidamento di detto effetto nonostante la verifica di talune illegittimità dell’atto.

In altri termini: dall’art. 21 nonies si inferisce chiaramente la previsione di un atto amministrativo che, pur essendo contrario dal dettato legislativo e dunque illegittimo, risulta equiparato ad un atto legittimo sotto il profilo effettuale; dall’art. 21 octies può essere poi desunta l’ulteriore regola iuris per la quale un atto illegittimo in quanto adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti o in assenza della comunicazione dell'avvio del procedimento, pur risultando tale agli “occhi” dell’organo giurisdizionale preposto ad annullare gli atti illegittimi, conserva la propria vitalità effettuale al sussistere di certe (facilmente verificabili) condizioni.

In realtà, se si legge l’art. 21 octies con la “griglia” della ratio alla base della presunzione di legittimità dell’atto amministrativo, quest’ultima ne esce “deturpata”: indubbiamente condivisibili risultano quelle teoriche che hanno tentato di giustificare sul piano sostanziale la presunzione di legittimità, principio senza il quale, probabilmente, non sarebbe attuabile il canone costituzionale del buon andamento dell’attività amministrativa, venendo meno la possibilità stessa di perseguire con i caratteri di certezza e celerità il pubblico interesse.

D’altronde, sino al conio del nuovo art. 21 octies, al privato che lamentava pregiudizi a fronte dell’esercizio del potere amministrativo, risultava ben possibile “superare” la presunzione di legittimità per il tramite di un’azione giurisdizionale - stigmatizzando con i motivi del ricorso l’agire pubblico non conforme agli schemi ordinamentali - così eventualmente rimuovendo i pregiudizi scaturenti dal provvedimento impugnato.

Sicuramente anche in tale pregressa prospettiva l’amministrazione pubblica risultava privilegiata, essendo chiaramente l’onere probatorio tutto a carico del ricorrente e non potendo d’altronde il giudice amministrativo d’ufficio rilevare delle illegittimità provvedimentali per avventura esistenti ma non dedotte con il ricorso giurisdizionale; tale sistema, tuttavia, poteva comunque ritenersi “bilanciato” in considerazione della natura degli interessi perseguiti dall’amministrazione ed essendo altresì garantita la tutela contro gli atti della medesima. Sia il principio costituzionale del buon andamento, quanto l’esigenza - sempre di matrice costituzionale - di una tutela giurisdizionale contro gli atti del potere pubblico, conoscevano momenti di sicura attuazione.

Non bilanciato ed anzi forse eccessivamente sperequato appare invece oggi il confronto tra cittadino ed amministrazione, ciò considerandosi che pur a fronte di una esistente illegittimità dell’atto amministrativo tempestivamente dedotta nell’ambito del processo amministrativo, l’amministrazione può risultare egualmente vittoriosa dimostrando che il contenuto dell’atto non avrebbe potuto essere diverso da quello impugnato.

Detto in altri termini: oggi per il privato ricorrente può non essere sufficiente superare in giudizio la presunzione di legittimità, ciò in quanto l’effetto giuridico dell’atto non conforme allo schema legale, quand’anche rivelatosi come tale - ovvero una volta acclarata anche in giudizio l’esistenza di un “finto” effetto giuridico - vi è il rischio che trovi un consolidamento.

         Su tale punto occorre rimarcare che la illegittimità del provvedimento impugnato viene dal giudice amministrativo “riconosciuta” esistente, soltanto tale evenienza, d’altronde, “attiva” l’onere probatorio in capo all’amministrazione resistente; il problema è che tale nuova regola, che a prima vista potrebbe sembrare porsi in contraddizione con la presunzione di legittimità - visto che spetterà all’amministrazione provare che l’atto, pur col rispetto delle norme violate, avrebbe avuto eguale contenuto (legittimo) - a ben vedere potenzia gli svolgimenti di detta presunzione poiché consente che un effetto giuridico acclarato come “finto” stante il mancato rispetto delle regole disciplinanti l’esercizio del potere, conosca nuova e persistente vitalità contro il privato.

Si tratta, del resto, della conclusione cui giunge il Consiglio di Stato quando afferma che l’art. 21 octies non degrada un vizio di legittimità a mera irregolarità “ma fa sì che un vizio, che resta vizio di legittimità, non comporti l’annullabilità dell’atto sulla base di valutazioni, attinenti al contenuto del provvedimento [6].

In realtà, qualunque giustificazione possa fornirsi dell’art. 21 octies, lo stesso pare porsi in netta contraddizione proprio con uno dei principi cardine del diritto amministrativo, tra altro oggi consacrato in una disposizione positiva e di carattere generale: se non può farsi a meno della presunzione di legittimità degli atti amministrativi per esigenze di pubblico interesse, allo stesso modo l’ordinamento non può rinunciare a garantire meccanismi per consentire al cittadino di superare detta presunzione.

Ma con l’art. 21 octies proprio questo si è verificato: il privato inciso da effetti giuridici, tali per una mera fictio, pur “svelando” la finzione, dunque superando la presunzione di legittimità dell’atto impugnato, si vedrà ancora perseguitato da quella “finzione” sulla scorta, si badi, dell’assolvimento da parte dell’amministrazione di un onere probatorio alquanto singolare.

Se è vero, infatti, che ai sensi dell’art. 2697 c.c., occorre provare i fatti che costituiscono il fondamento della pretesa processuale o dell’eccezione alla medesima, nelle ipotesi di cui all’art. 21 octies non sfugge che detti fatti che la P.A. dovrà comprovare - ovvero che l’ipotetico rispetto della regole pubblicistiche non avrebbe comunque inciso sul contenuto del provvedimento in concreto adottato - sono totalmente “rimessi” alla volontà realizzatrice della P.A. medesima, alle scelte anche discrezionali della parte pubblica, scelte, si badi, che vengono effettuate, seppure ipoteticamente, in sede processuale [7].

La pretesa processuale della P.A. ha ad oggetto la conservazione del provvedimento impugnato; nelle fattispecie disegnate dall’art. 21 octies, il fatto da dimostrare in giudizio a fondamento di tale pretesa non preesiste al processo, ma è costruito (ipoteticamente) nell’ambito dello stesso.

In sintesi, il “fatto” che la P.A. deve provare in ossequio alla novella normativa del 2005, è rimesso alla propria esclusiva volontà quanto alla relativa verificazione, ed è un fatto che viene “costruito” nel processo, ex post, non preesiste al medesimo.

E’ ovvio, allora, che la P.A., a meno di una mancata costituzione in giudizio, riuscirà sempre a fornire detta “prova”, guidata in ciò anche dall’utilizzo di criteri metagiuridici non sindacabili dal giudice amministrativo.

 

Probabilmente la presunzione di legittimità ante L. n. 15/2005, pur beneficiando l’amministrazione procedente di taluni privilegi, consentiva margini - seppur ristretti e limitati ai motivi di ricorso - di tutela del privato.

Oggi, la nuova presunzione di legittimità ciò non consente più: l’atto illegittimo continua a presumersi legittimo e produttivo di effetti e l’effetto giuridico dallo stesso scaturente - pur sempre imputabile ad una fictio iuris - sopravvive, in un numero rilevante di casi, al superamento della presunzione di legittimità avendo il giudicante le “mani legate”. 

Certo, il legislatore ben può disegnare meccanismi o strumenti funzionali a garantire il buon andamento della pubblica amministrazione, ma forse nel caso di specie la tutela del privato viene a soffrire proprio quella contrazione vietata dall’art. 113 Cost. secondo cui contro gli atti della pubblica amministrazione la “tutela giurisdizionale non può essere esclusa”.

 

 

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[1] G. Treves, Presunzione di legittimità degli atti amministrativi, Padova, 1936, secondo il quale un atto produce effetti se è conforme alla fattispecie legale; se non  è conforme e produce egualmente effetti “significa che esso è considerato dalla legge in possesso dei requisiti da essa medesima richiesti, cioè legittimo” (83).

[2] G. Paleologo, Il giudizio cautelare amministrativo, Padova, 1971, 20 e ss.

[3] H. Kelsen, Reine Rechtslehre, Wien, 1960, nella traduz. ital di M.G. Losano, La dottrina pura del diritto, Torino, 1966, 302

[4] E. Follieri, Profili problematici della concessione edilizia in sanatoria con riferimento alle sanzioni amministrative previste dalla legge n. 10 del 28 gennaio 1977, in Riv. giur.gEd., 1978, II, 239 e giurisprudenza ivi citata.

[5] A. Falzea, Efficacia giuridica, in Enc. Dir., vol. XVI, Milano, 1965, 456 e ss.

[6] Sia consentito rinviare a L. D’Angelo, Art. 21 octies, l. n. 241/1990: una “fattispecie esimente”, nota a Cons. St., Sez. VI, 16 maggio 2006, in www.lexitalia.it, 5/2006.

[7] Per siffatto schema argomentativo sia consentito rinviare a L. D’Angelo, L’art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990: onere probatorio della P.A. ed eccesso di potere controfattuale, in www.lexitalia.it, 7-8/2005.


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