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Articoli e note

n. 10/2003 - copyright

SEBASTIANO CONTE (*)

Nuovo condono edilizio

Primi appunti e commenti al D.L. 30 settembre 2003, n. 269

 

1. Premessa. Disposizioni erronee o lacunose dell’art. 32.

La disciplina del nuovo condono edilizio è contenuta tutta nell’art. 32 del DL 269/03; la stesura del testo dell’articolo in questione risente della frettolosità con la quale è stato redatto, atteso che esso presenta una corposa serie di indicazioni erronee o imprecise, di cui non si riesce a comprendere l’esatto contenuto.

Da una prima lettura ne sono emerse 12, che impongono un indispensabile intervento di correzione e precisazione, in assenza del quale le disposizioni non possono essere compiutamente interpretate ed applicate.

Esse vengono di seguito illustrate, con un tentativo, in qualche caso, di individuare la soluzione.

Il comma 6 contiene la citazione di una disposizione contenuta nell’art. 8 comma 2 e nell’art. 9 comma 1, senza alcuna altra indicazione. Ciò dovrebbe indurre a ritenere che si tratti di disposizioni dello stesso DL. Comporta l’assoluta inspiegabilità della disposizione, atteso che l’art.8 si riferisce al "ruling internazionale" e l’art.9, dal comma unico, si riferisce alla "riduzione oneri per garanzie relative a crediti IVA".

Analogo discorso va fatto per quanto riguarda il comma 11, che cita lo stesso art.9 comma 1, senza che sia possibile comprenderne il contenuto per gli stessi motivi già indicati prima.

Ancora simile discorso va fatto per quanto riguarda il comma 15, che fa riferimento a "la documentazione relativa all’illecito edilizio di cui all’articolo 8, commi 1 e 4", senza alcuna altra indicazione. Il che ne rende incomprensibile il contenuto per gli stessi motivi già indicati prima.

Il comma 20, formato da un solo comma, fa riferimento alla "documentazione di cui al comma 1", senza altra indicazione. Ciò comporta l’impossibilità di comprendere a cosa si riferisce, salvo che non si debba intendere la documentazione di cui al comma 15, che, a sua volta, però rinvia a quella di cui all’art.8, commi 1 e 4, della cui non individuabilità si è già detto.

Il comma 23 opera un rinvio allo "articolo 6 del citato decreto del Ministro di cui al comma 2", senza alcuna altra indicazione, con la conseguente impossibilità di trovarne spiegazione, atteso che il comma 2 dell’art.32 si riferisce ad altro.

Il comma 24 opera un rinvio alle "disponibilità di cui all’articolo 3, comma 2", senza alcuna altra indicazione, che non trova spiegazione.

Il comma 26, lettera a) opera un rinvio "alla lettera e) del comma 3", senza alcuna altra indicazione. Il comma 3 del medesimo art.32 si riferisce ad altro. Di tale disposizione si può ipotizzare un significato logico soltanto nella misura in cui si debba intendere riferito alla lettera e) del successivo comma 27, che, forse, doveva essere il terzo comma di una precedente bozza di stesura del testo. Ma non si può basare la certezza del diritto su simili tentativi di lettura per ipotesi.

Il comma 30 si conclude con la frase "In tal caso non opera nei confronti dell’amministratore o del terzo acquirente il divieto di rilascio del titolo abilitativi edilizia in sanatoria di cui al comma 4", senza alcuna altra indicazione. Il comma 4 del medesimo art.32 si riferisce ad altro. Di tale disposizione si può ipotizzare un significato logico soltanto nella misura in cui si debba intendere riferito alla disposizione del precedente comma 29, per la materia che tratta, nel quale è disposto il divieto di sanabilità per le opere connesse ai delitti di tipo mafioso. Ma non si può basare la certezza del diritto su simili tentativi di lettura per ipotesi.

Il comma 32 opera un rinvio "alla documentazione di cui al comma 4", senza alcuna altra indicazione. Il comma 4 del medesimo art.32 si riferisce ad altro. Di tale disposizione si può ipotizzare un significato logico soltanto nella misura in cui si debba intendere riferito alla disposizione del successivo comma 35, dove viene elencata la documentazione da allegare alla domanda di condono edilizio. Ma non si può basare la certezza del diritto su simili tentativi di lettura per ipotesi.

Il comma 35 opera un rinvio alla "domanda di cui al comma 1", senza alcuna altra indicazione. Il comma 1 del medesimo art.32 si riferisce ad altro. Di tale disposizione si può ipotizzare un significato logico soltanto nella misura in cui si debba intendere riferito alla disposizione del precedente comma 32, dove si parla della domanda di condono edilizio. Ma non si può basare la certezza del diritto su simili tentativi di lettura per ipotesi.

Il comma 37 opera un rinvio "alla documentazione di cui al comma 4", senza alcuna altra indicazione. Il comma 4 del medesimo art.32 si riferisce ad altro. Di tale disposizione si può ipotizzare un significato logico soltanto nella misura in cui si debba intendere riferito alla disposizione del precedente comma 35, dove viene elencata la documentazione da allegare alla domanda di condono edilizio. Ma non si può basare la certezza del diritto su simili tentativi di lettura per ipotesi.

Il comma 43, nel dettare una nuova formulazione dell’art.32 della L.47/85, al comma 2, lett.c), introduce la citazione degli articoli 16, 17 e 18 della L.13.6.1991, n.190, che non esistono, atteso che quella legge ha solo 5 articoli, e costituiva una legge delega per il nuovo codice della strada. Gli articoli menzionati sono, verosimilmente, attesa la materia del rispetto stradale, quelli distinti dagli stessi numeri nel D.Lgs. 30.4.1992, n.285, recante il nuovo Codice della Strada.

Vi sono, poi, anche altre formulazioni che lasciano incerti in merito all’effettiva determinazione, di cui si farà cenno in relazione alle singole disposizioni.

2. Le innovazioni in materia di condono.

Nell’esaminare le innovazioni in materia di condono edilizio, va, tuttavia, ricordato che, come già emerso in occasione della entrata in vigore della L.724/94, tenuto anche conto della disposizione dettata dal comma 25 del DL.269/03, che fa esplicito richiamo delle già vigenti disposizioni dei Titoli IV e V della L.47/85 e dell’art.39 della L.734/94, nonché di quella dettata dal comma 28, che fa rinvio, per quanto non previsto, alle disposizioni delle due precedenti leggi, l’intera problematica va pur sempre esaminata in un contesto unitario della legislazione di condono, che rimane salvo, a parte le singole ed espresse modifiche.

Vengono così in evidenza i principali punti di novità.

2.1 Il termine di ultimazione.

Il termine di ultimazione delle opere ammesse a sanatoria è fissato al 31 marzo 2003.

Restano tuttavia immutati i criteri per determinare l’ultimazione delle opere, come già fissati dall’art.31 della L.47/85. Non risulta quindi necessario alcun commento in merito.

2.2 La dimensione massima delle opere sanabili.

Con una formulazione simile a quella usata col primo comma dell’art.39 della L.724/94, la dimensione massima delle opere sanabili è indicata in ampliamenti del manufatto non superiori al 30% della volumetria della costruzione originaria o assentita o, in alternativa, un ampliamento non superiore a 750 mc.

Viene poi precisato che il limite di 750 mc per nuove costruzioni residenziali è da applicare a singola richiesta di condono. La formula risulta sostanzialmente ripetitiva di quella di cui all’art.39 della L.724/94, salvo che per la destinazione d’uso. E’, quindi, da ritenere che valgano le stesse limitazioni dettata dalla Corte Costituzionale (sentenza n.302 del 23.7.1996), che ha ritenuto che nel caso di più istanze di medesimo proprietario per unità ubicate nello stesso immobile abusivamente eseguito, la P.A. debba sommare le volumetrie, onde verificare il rispetto del limite massimo concesso.

Non vi sono indicazioni diverse per quanto riguarda le opere a destinazione non residenziale. La cosa non è priva di significati.

Nella L.724/94, pur nella identica formulazione del limite quantitativo, emerse l’orientamento secondo cui il limite dei 750 mc era applicabile solo alla destinazione residenziale, e non anche a quelle diverse. Ciò alla luce di quanto previsto dall’ultima tariffa della tabella B, come modificata dall’art.2, comma 37, lett.o), della L.662/96, dove fu stabilito che per le opere edilizie oltre i 750 mc, l’importo fisso da versare era pari a £.10.000 al mq oltre a quello fisso previsto fino a 750 mc.

La nuova disposizione non opera alcuna distinzione, né fa riferimento ad una tariffa differenziata. Tuttavia, va osservato come la nuova norma non preveda un anticipo di oblazione come era previsto per il secondo condono.

Va rilevato, però, come la nuova disposizione faccia riferimento esplicito ed esclusivo, come ulteriore fattispecie di opere condonabili, a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 mc per singola richiesta. Nella formulazione analoga del primo comma dell’art.39 della L.724 l’estensione alle nuove costruzioni, nel medesimo limite dei 750 mc non era accompagnata da alcuna indicazione di specifica destinazione d’uso. Ciò potrebbe indurre ad ipotizzare che il legislatore intendesse consentire la sanatoria per nuove costruzioni soltanto se a destinazione residenziale, consentendo, per le altre destinazioni d’uso, sanatorie soltanto per l’ipotesi di ampliamento e non anche per nuove costruzioni autonome.

2.3 Applicabilità delle riduzioni di cui all’art.34 della L.47/85.

E’ esclusa. Va, infatti, tenuto presente che il comma 39 dispone che non si applica, al fine della determinazione dell’oblazione, quanto previsto dai commi 13, 14, 15 e 16 dell’art.39 della L.724/94.

Orbene, il citato comma 16 dell’art.39 della L.724/94 faceva salve proprio le riduzioni di cui ai commi terzo, quarto e settimo dell’art.34 della L.47/85. La esplicita disposizione di esclusione comporta che non vi saranno riduzioni di alcun genere. L’esigenza di fare cassa induce a non guardare in faccia a nessuno. Anche se il provvedimento è stato più volte giustificato come finalizzato a sanare piccoli abusi, con speciale considerazione di quelli di necessità, la volontà di massimizzare gli incassi ha fatto negare le necessità.

2.4 Le tipologie edilizie

In sostanza vengono ridotte da 7 a 6.

Tuttavia, dall’analisi delle varie definizioni emerge che viene soppressa quella originaria contraddistinta dal n.3, relativa alle opere conformi alla disciplina vigente all’epoca della realizzazione, con riclassificazione delle successive con un numero inferiore.

E’ da ritenere che il cambio di destinazione d’uso continui a rientrare nella tipologia della ristrutturazione, ora classificata come 3, tenuto conto delle tariffe fissate dalla tabella D, dove vengono identificate quelle per ristrutturazione e modifiche della destinazione d’uso.

2.5 Le condizioni per accedere alla sanatoria.

Qui emergono diverse incertezze, attesa la formulazione incompiuta ed incerta di alcune disposizioni.

Assumono rilevanza i commi 26 e 27.

Il comma 26 è fra quelli, già segnalati, che contengono riferimento a disposizioni non comprensibili, perché non identificabili. (lettera e) del comma 3).

Esso stabilisce due categorie di opere suscettibili di sanatoria:

a. Le tipologie 1, 2 e 3 (comprensive quindi della ristrutturazione), nell’ambito dell’intero territorio nazionale, salvo quanto previsto dalla disposizione non identificabile con sicurezza (lettera e) del comma 3), nonché quelle di cui ai n.4, 5 e 6 (restauro e manutenzione straordinaria, oltre che opere non computabili in termini di superficie o di volume) negli ambiti soggetti ai vincoli di cui all’art.32 della L.47/85;

b. Le sole tipologie 4, 5 e 6 nelle zone non soggette ai vincoli di cui all’art.32 della L.47/85, in attuazione di leggi regionali, da emanare appositamente entro 60 giorni dalla entrata in vigore del presente DL, che preveda tale possibilità e le condizioni per l’ammissibilità a sanatoria di tali tipologie di abuso.

La formulazione della disposizione è abbastanza contorta e di non facile interpretazione.

Dalla lettera a) sembra che si debba intendere che in tutto il territorio nazionale sono sanabili le tipologie 1, 2 e 3, mentre quelle 4, 5 e 6 solo nelle zone soggette a vincolo. Si tratta di conclusione abbastanza confusa. Anche perché la lettera b) induce a riflessioni abbastanza inspiegabili, atteso che lascia intendere che in zone non soggette a vincoli le sole tipologie 4, 5 e 6 sarebbero assoggettate a specifiche disposizioni regionali da emanarsi appositamente.

Salvo a dover ritenere che, con la lettera b) il legislatore abbia inteso stabilire che le Regioni, con proprie leggi, possono individuare ambiti di zone non soggette a vincoli, nei quali vietare le tipologie 1, 2 e 3, consentendo, a certe condizioni, le sole tipologie 4, 5 e 6.

Qui, appare opportuno leggere anche il comma 27, dove si afferma che, fermo restando quanto previsto dagli artt.32 e 33 della L.47/85, non sono, in ogni modo, suscettibili di sanatoria le opere gravate da certe condizioni.

Si tratta di quanto stabilito dalla lettera a) sulle opere di soggetti condannati con sentenza definitiva per i delitti di cui agli art.416-bis, 648-bis e 648-ter del C.p.; dalla lettera b), sulla non adeguabilità alla normativa antisismica; dalla lettera c) sulla indisponibilità dell’Autorità demaniale a concedere il suolo; dalla lettera d), che riguarda le opere realizzate in zone soggette a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione delle opere, e che siano difformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici; dalla lettera e) per gli immobili soggetti a vincoli di carattere storico-architettonico-monumentale; dalla lettera f) che esclude la condonabilità delle opere eseguite in zone boscate o a pascolo percorse da incendi nell’ultimo decennio.

Una lettura ragionata e coordinata, ipotizzando che il riferimento alla lettera e) del comma 3 vada inteso come riferito alla corrispondente lettera e) del comma 27 (ipotizzando che originariamente il testo della legge prevedesse il comma 25 come primo comma, e il 27 come terzo, visto che il comma 25 è formulato in maniera tale da ricalcare il primo comma dell’art.39 della L.724/39) spingerebbe a ritenere che il legislatore abbia inteso dire che le tipologie 1, 2 e 3 sono sanabili su tutto il territorio nazionale, laddove non esistano vincoli, salvo che si tratti di immobili dichiarati monumenti nazionali, mentre nelle zone soggette a vincoli, la sanatoria sarebbe possibile soltanto ove le opere risultassero conformi alle norme urbanistiche vigenti ed agli strumenti urbanistici.

In questa configurazione si può anche far rilevare da essa non si discosti sostanzialmente quanto stabilito nella delibera della Giunta Regionale della Campania n.2827 del 30.9.2003, che, a integrazione della Linee Giuda per la pianificazione regionale, in materia di sanatoria degli abusi edilizi, ha stabilito che non è ammessa la sanatoria delle opere edilizie realizzate in assenza dei necessari titoli abilitativi, ovvero in difformità o con variazioni essenziali rispetto a questi ultimi, e che siano in contrasto con gli strumenti urbanistici generali vigenti.

Tutto al più, la differenza si pone per i territori dei Comuni non soggetti a vincolo, per i quali, dalla norma statale appare la sanabilità senza necessità di conformità allo strumento urbanistico.

Infine, è da ritenere che la mancanza delle condizioni per conseguire il titolo abilitativi a sanatoria non sia ostativa alla presentazione della istanza di condono, quanto al suo accoglimento. Il che comporta che le situazioni non sanabili vadano assimilate a quelle di cui all’art.33 della L.47/85, che non escludono la possibilità di conseguire gli effetti penali della oblazione, pur impedendo il conseguimento del condono.

Una annotazione particolare va fatta in riferimento alla condizione di esclusione di sanabilità prevista dalla già citata lettera b) del comma 27, relativamente alla situazione nella quale non sia possibile effettuare interventi per l’adeguamento antisismico. La novità sta nel fatto che la legislazione previdente (comma 8 dell’art.35 della L.47/85, come introdotto dall’art.4, comma 4, del D.L. 12.1.1988, n.2, convertito, con modificazioni, con L.13.3.1988, n.68) prevedeva, invece, che ove non fosse possibile allo stato il collaudo delle opere, entro tre anni dalla concessione il concessionario doveva provvedervi, con possibilità, per il Sindaco, in caso di inadempimento, di provvedervi d’ufficio con spese in danno. La disposizione così formulata appare foriera di notevoli difficoltà interpretative, atteso che non fa dipendere la insanabilità da una condizione oggettiva di immediata e facile percezione, bensì da un giudizio tecnico (impossibilità di effettuare interventi di adeguamento antisismico) abbastanza sottile di non agevole controllo da parte degli uffici comunali.

1.6 Il contributo di costruzione

La normativa prevede anche l’obbligo di versamento di un anticipo del contributo di costruzione a favore dei Comuni. Non è una novità rispetto alla L.724/94.

Vi sono tuttavia alcune novità che riguardano questo aspetto.

In primo luogo vi è la modifica dell’art.37 della L.47/85, introdotta dal comma 34, nel senso di eliminare la facoltà a suo tempo prevista per le Regioni di ridurne l’entità fino al 50% di quella dovuta in base alle tariffe vigenti.

Con la nuova disposizione si esclude la possibilità di riduzione e si introduce, in alternativa, quella di incremento fino al 100%.

Viene anche prevista la possibilità per i Comuni di individuare ambiti territoriali di insediamenti abusivi, entro i quali i contributi (la norma parla ancora, impropriamente di oneri concessori) siano determinati nella misura dei costi effettivi per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria necessarie, nonché per gli interventi di riqualificazione igienico-sanitaria e ambientale attuati dagli enti locali.

Un ulteriore aspetto di novità è che il versamento dell’anticipo del contributo non risulta più facoltativo, come era nella L.724/94 (laddove era prevista la possibilità di versare al momento del rilascio del titolo con gli interessi maturati dal 31.3.1995). In assenza di una disposizione quale quella inclusa nella L.724/94, è da intendersi che il versamento ora sia obbligatorio, attesa la dicitura del comma 32, laddove è stabilito l’obbligo della presentazione entro il 31.3.2004, a pena di decadenza, della domanda, con l’attestazione del pagamento della oblazione e dell’anticipazione degli oneri concessori.

Si tratta, tuttavia, di circostanza che può essere foriera di problemi finanziari per gli Enti Locali, nel medio periodo. Attese le difficoltà interpretative per la stessa formulazione del testo, nonché le varie limitazioni alla sanabilità, ma, proprio nelle indicate incertezze, in presenza di una serie di istanze che alla fine dovrebbero essere respinte, si porrebbe, per i Comuni, l’onere di restituire rilevanti somme, dopo averle già impegnate e spese.

Per esse non varrebbe la previsione dell’art.39 della L.47/85 sulla possibilità di conseguire gli effetti soltanto penali della istanza di condono, con la rinuncia al rimborso della oblazione.

Non è azzardato scorgere in questa circostanza una specie di disastro finanziario per alcuni comuni.

1.7 I beni demaniali e l’accessione invertita

Una delle novità più rilevanti, connessa alla esigenza di cassa, è quella della possibilità di sanare gli immobili realizzati su beni demaniali, perfino con la possibilità di conseguire la proprietà del suolo stesso.

Una forma di accessione invertita, nella quale non è più la proprietà del fabbricato ad accedere a quella del suolo, ma viceversa. Forse è il sintomo di volontà compensativa delle prepotenze perpetrate dalle pubbliche amministrazioni in materia di opere pubbliche realizzate anche in violazione della legislazione sugli espropri, con la legalizzazione dello stato di fatto, assurta a notorietà con la espressione di accessione invertita.

La cosa che appare strana, se non assurda, è che, stando alla lettura combinata delle varie disposizioni (vedansi commi 15, 16, 17, 18, 19 in relazione al comma 37), il cittadino che intenda acquistare il suolo dal demanio debba pagarne il prezzo di acquisto in due rate, entro il 31.12.2005, un anno prima del termine fissato per la stipula dell’atto, e quando non si è verificato nemmeno l’evento del silenzio accoglimento sulla istanza di condono, nelle zone non vincolate.

Si immagini cosa potrebbe succedere se dopo aver pagato il Comune dovesse rigettare l’istanza per altri motivi, prima che siano decorsi i 24 mesi dal 30/9/2004, previsti dal comma 37!

3. Innovazioni procedurali

Vi sono diverse innovazioni del procedimento amministrativo.

3.1 Il regime dei vincoli

Ancorché si sia sostenuto che il condono non avrebbe coinvolto le zone soggette a vincolo, in pratica ciò non è vero, atteso che il condono è ammesso anche nelle zone soggette a vincolo, purchè vi sia la conformità allo strumento urbanistico vigente.

Inoltre, è stata introdotta una incisiva modifica delle disposizioni della L.47/85 che disciplinano proprio i pareri sui vincoli.

In primo luogo va osservato che con il comma 43 viene, ancora una volta, riscritto e modificato l’art.32 della L.47/85. La riformulazione ha carattere involutivo, atteso che, rispetto al testo finora vigente, a seguito delle varie modifiche intervenute nel tempo, si ritorna alla logica della originaria formulazione, basata sul principio del silenzio-rifiuto.

Con le innovazioni susseguitesi nel tempo, si era passati al principio del silenzio-accoglimento per tutti i tipi di vincoli, anche per quello paesistico (limitatamente alle tipologie di abuso minori, come da 2° comma introdotto dal comma 7 dell’art.39 della L.724/94), rimanendo la fattispecie del silenzio-rifiuto soltanto per gli abusi di maggiore entità (3° comma, aggiunto dal comma 44 dell’art.2 della L.662/96).

Ora si torna al silenzio-rifiuto generalizzato.

Va tenuto presente che con la formulazione usata nel comma 43, che sostituisce ad ogni effetto di legge l’art.32 della L.47/85, il nuovo testo ha efficacia anche nei confronti delle pratiche vecchie ancora non evase.

Una prima riflessione va fatta con riferimento alla questione degli atti tra vivi, atteso che la nuova formulazione finisce per rendere priva di rilevanza la distinzione tra 2° e 3° comma dell’art.32 previgente, ai fini di cui all’art.2, comma 58, della L.662/96, secondo cui per la validità degli atti tra vivi aventi ad oggetti immobili rientranti nella fattispecie di cui al 3° comma dell’art.32 della L.47/85, era necessaria, quanto meno, l’istanza di parere.

Anche se quella disposizione non è stata direttamente modificata, la soppressione del 3° comma dell’art.32, come finora vigente, rende inutile la corrispondente previsione dell’art.2, comma 58, della L.662/96, con la conseguenza di rendere libera la stipula di atti tra vivi aventi ad oggetto tali immobili, essendo sufficiente la istanza di condono e il versamento della oblazione e non anche la richiesta di parere paesistico.

Ma nel novellato art.32 vi è una ulteriore innovazione, di ben maggiore rilevanza, che, apparentemente, mira alla semplificazione, ma, nella sostanza è foriera di contenuti che vanno perfino contro l’indicazione della Corte Costituzionale (sentenza n.302 del 9/10 marzo 1988), sul riparto di competenze in materia paesistica.

Mi riferisco al comma 4 del nuovo art.32, laddove è stabilita la possibilità di pervenire alla formulazione dei pareri, fra cui quello paesistico, mediante la conferenza dei servizi.

La disposizione stabilisce anche che in tal caso il motivato dissenso di una sola delle amministrazioni partecipanti, compresa la Soprintendenza competente, preclude il rilascio del titolo abilitativo edilizio a sanatoria.

Si tratta di disposizione che innova in maniera inaspettata e contraddittoria.

Finora era in vigore un assetto dei poteri e delle competenze, secondo cui, anche alla luce dell’art.12 della L.68/88, che aveva recepito il contenuto della citata sentenza della Corte Costituzionale, prevedeva che la competenza ad emanare i pareri paesistici di cui all’art.32 era delle Regioni (o degli Enti Territoriali da queste subdelegati), mentre al Ministero ed ai suoi uffici centrali e periferici era attribuita la potestà di annullamento del provvedimenti emanati dalla Autorità delegata o subdelegata, alla stregua delle nuove autorizzazioni paesistiche.

Sulle modalità di esercizio di tali funzioni e sulla estensione della potestà di annullamento ministeriale si è andata consolidando una Giurisprudenza, secondo cui la potestà di annullamento attiene ai profili di legittimità, senza mai estendersi al merito, non potendosi mai verificare che l’Autorità statale sostituisca un proprio giudizio di merito a quello emanato dalla autorità delegata o subdelegata. (In tal senso, Cons. Stato, Ap., 4.9.2001, n.9; da ultimo, Cons. Stato, Sez.VI, 16.6.2003, n.3398)

In forza di tale configurazione dei rispettivi ruoli e poteri, è stato possibile, negli anni scorsi, che gli enti delegati o sub-delegati abbiano riformulato pareri su pratiche già annullate, motivando in maniera innovativa, al fine di superare i motivi di illegittimità che erano stati posti a base dell’atto di annullamento ministeriale. In molti casi ciò è stato fatto con successo, fino al punto che sui nuovi provvedimenti le stesse autorità ministeriali hanno esplicitamente dato atto che non vi erano motivi di annullamento.

La nuova formulazione finisce per distruggere l’equilibrio fra le attribuzioni di competenze, riattribuendo alla Soprintendenza una competenza di merito, e non di solo annullamento per motivi di legittimità, atteso che nella conferenza di servizi essa potrebbe esprimere il proprio motivato dissenso, idoneo a provocare il rigetto della istanza, senza alcuna possibilità di una riformulazione del parere.

3.2 Una diversa e nuova ipotesi di incostituzionalità?

Forse questo dovrebbe essere uno dei motivi di ricorso alla Consulta da parte delle Regioni, atteso che con una disposizione apparentemente innocua e presentata come finalizzata alla semplificazione del procedimento (conferenza dei servizi) lo Stato si riappropria di una competenza di merito che la Corte Costituzionale e la Giurisprudenza avevano inequivocabilmente ritenuto spettante alle Regioni.

In questo contesto si pone anche l’interrogativo di come possa conciliarsi una disposizione del genere con le legislazioni di alcune regioni (Campania, Lombardia), che, nel disciplinare la sub-delega in materia paesistica, hanno stabilito che gli Enti sub-delegati assumono i relativi provvedimenti sulla base di pareri espressi da Commissioni Edilizie Integrate da alcuni esperti in materia. E’ evidente che un parere acquisito nella conferenza di servizi risulterebbe in contrasto con il procedimento fissato dalla legge regionale di sub-delega.

Va, inoltre, rilevato come la modifica dell’art.32 della L.47/85, così formulata, come sostituzione di quello vigente, trova immediata applicazione anche alle pratiche di condono edilizio rimaste finora inevase dai due precedenti condoni.

3.3 Il silenzio accoglimento.

Vi è poi, ancora, il regime di silenzio accoglimento del titolo abilitativo a sanatoria, ancorché con diversità di termini.

I 24 mesi decorrono dal 30.9.2004, termine ultimo dei pagamenti, e non dalla data di presentazione della istanza, come era, invece, nella legislazione previgente.

Resta, a mio avviso, immutato il regime già vigente per le zone soggette a vincolo, secondo cui il termine dei 24 mesi inizia a decorrere dalla data dell’ultimo parere sul vincolo. Ciò in quanto rimane, per il resto, inalterato l’art.35 della L.47/85, che continua a trovare applicazione stante le disposizioni già citate dei commi 25 e 28.

4. Gli effetti della domanda e della oblazione.

Anche in questo settore vi sono alcuni elementi di novità rispetto alla legislazione previgente ed ai criteri cui eravamo abituati finora.

4.1 La sospensione dei procedimenti.

Certamente, il richiamo alle altre disposizioni della L.47/85 che non risultino incompatibili con la nuova disposizione coinvolge l’art.44, quello che dispone la sospensione dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali e della loro esecuzione, anche di quelli penali, relativi alle opere oggetto della legge.

Ne consegue che fin dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione (2.10.2003), ed almeno fino al termine di presentazione delle istanze (31.3.2004) devono essere sospesi tutti i procedimenti, sia quelli amministrativi di natura sanzionatoria, fermandoli, con effetto paralizzante, allo stato di fatto e di diritto nel quale si trovano a quella data, sia quelli giurisdizionali, compresi quelli penali relativi agli immobili dei quali si tratta, pur la loro ultimazione sia intervenuta prima del 31.3.2003.

E ciò indipendentemente dalla circostanza che essi siano effettivamente sanabili o meno, atteso che ciò attiene alla fase successiva della valutazione di merito. Per quelli non sanabili si verificherà una fattispecie simile a quella di cui all’art.33 della L.47/85.

Dopo il 31.3.2004 per quanti avranno presentato istanza di condono la sospensione continuerà di diritto fino al termine ultimo per la assunzione delle determinazioni comunali. Il che, probabilmente, significa sine die!

4.2 Estinzione dei reati.

Oltre a questa condizione che finisce per risultare identica a quella della disciplina preesistente, vi sono tuttavia delle novità in materia di estinzione dei reati.

Il comma 36 introduce una disposizione che sostanzialmente modifica il secondo comma dell’art.38 della L.47/85, in relazione al conseguimento dell’effetto della estinzione di alcuni reati. In quella disposizione era stabilito che la estinzione dei reati elencati nello stesso si conseguiva con il pagamento integrale della oblazione. Tale evento poteva quindi essere anche immediato.

Ora, invece, è stabilito che devono decorrere 36 mesi dal pagamento integrale.

Si tratta di una disposizione abbastanza inspiegabile, che comporterà la conseguenza di dover mantenere la sospensione dei procedimenti per diversi anni, con carico di lavoro ulteriore per gli uffici giudiziari.

Inoltre, per tutti i vincoli, quindi, anche per quello paesistico, l’estinzione del relativo reato si consegue con il rilascio del titolo abilitativo di natura edilizia (permesso di costruire) finale del procedimento. E’ da ritenere che, una volta conseguito favorevolmente il parere sul vincolo, lo stesso effetto possa essere conseguito dopo il decorso di altri 24 mesi ed il conseguimento del titolo per silenzio, alle condizioni indicate nel comma 37.

5. Conclusioni.

Come è facilmente rilevabile, al di là dei dubbi di incostituzionalità che sono stati avanzati da più parti e che hanno già suscitato le reazioni di alcune regioni, la prima analisi del testo della disposizione solleva diverse perplessità, sia con riferimento alla stessa correttezza della stesura, contenente molteplici ed inspiegabili errori, la cui correzione è indispensabile, sia con riferimento al contenuto di alcune delle sue parti, tali da introdurre dubbi sulle modalità di attuazione, oltre che sospetti di ulteriori motivi di incostituzionalità rispetto a quelli già avanzati in prima battuta.

Appare evidente la necessità che, in sede di conversione in legge, siano introdotte corpose correzioni e modifiche, ove si voglia pervenire ad una formulazione quanto meno comprensibile ed agevolmente applicabile.

 

(*) Già Professore ordinario di Geografia Generale ed Economica, ora svolge a tempo pieno la attività di Urbanista libero professionista, con particolare applicazione nel settore della consulenza tecnico-giuridica.

Documenti correlati:

DECRETO-LEGGE 30 settembre 2003, n. 269 (in G.U. n. 229 del 2 ottobre 2003 - Suppl. Ord. n. 157) - Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici (con all'art. 32 le norme sul nuovo condono edilizio).


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