LexItalia.it  

 Prima pagina | Legislazione | Giurisprudenza | Articoli e note | Forum on line | Weblog

 

Articoli e note

n. 7-8/2007 - © copyright

MASSIMO CARLIN
(Avvocato)

Esclusione dalla gara per dichiarazione falsa
del dipendente non verificabile dall’impresa

(commento a T.A.R. Friuli Venezia Giulia, ordinanza 27 giugno 2007, n. 78)

horizontal rule

Il T.A.R. Friuli Venezia Giulia, con l’ordinanza n. 78 del 27 giugno 2007, ha affrontato una tematica che, a quanto consta, fino a questo momento non era stata trattata, vale a dire quella della esclusione dalle gare per contratti pubblici di quelle ditte che nell’anno antecedente alla pubblicazione del bando di gara avessero reso, non in proprio ma per atto di loro dipendenti con la qualifica di Direttori tecnici, false dichiarazioni in ordine ai requisiti ed alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara (nella fattispecie trattavasi di false dichiarazioni a proposito di pronunce penali di condanna).

Il caso concreto è il seguente.

Una ditta che abitualmente concorre nelle pubbliche gare e che è associata ad un Consorzio che raggruppa vari operatori del settore si è trovata nell’anno 2006 ad essere esclusa da una gara per il fatto che il proprio Direttore tecnico, dipendente con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, non aveva dichiarato di aver subito una pronuncia penale, ancorchè sotto forma di “patteggiamento”, per una fattispecie rilevante ai fini della pubblica contrattazione.

Questa dichiarazione non veritiera non era, però, rilevabile dal certificato sintetico del casellario giudiziale acquisibile dall’impresa e dallo stesso dipendente, in quanto quel casellario riportava “NULLA” e con tale contenuto era stato depositato in sede di gara, ma era unicamente rilevabile dal casellario giudiziale completo acquisibile unicamente dalla Pubblica Amministrazione ex art. 71 del D.P.R. n. 445/2000.

Il datore di lavoro, dunque, non aveva alcun modo di conoscere, neppure con la migliore diligenza, se il proprio dipendente Direttore Tecnico aveva subito condanne non dichiarate.

Anzi, il datore versava in piena buona fede sia per il fatto che il Casellario Giudiziale conoscibile riportava “NULLA”, sia per il fatto che il lavoratore all’atto del conferimento delle funzioni di Direttore Tecnico non aveva dichiarato alcunchè sulla sua precedente sanzione penale.

La ditta, naturalmente, dopo aver appreso della dichiarazione non conforme del proprio dipendente, ha subito attivato le azioni e le misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata del dipendente stesso -nel frattempo dimessosi per evitare il sicuro licenziamento in tronco- al fine di evitare l’esclusione, anche per il triennio successivo all’evento, prevista dall’ultima parte della lettera c) dell’art. 38 del Codice dei Contratti Pubblici di cui al D.Lgs. n° 163/2006.

Della dissociazione ha data anche prova all’Osservatorio nazionale presso l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, oltre ad averne fornita dimostrazione in ogni gara in cui, via via, partecipava.

Sennonché, la stazione appaltante del caso di cui al ricorso ha dato atto positivamente dell’avvenuta completa dissociazione dal comportamento pregresso del dipendente, sicchè non era applicabile la precitata clausola di esclusione della lettera c) dell'art. 38, ma contemporaneamente ha ritenuto di applicare, alla Ditta incolpevole, la causa di esclusione di cui alla lettera h) dello stesso art. 38 del Codice dei contratti pubblici, vale a dire l’esclusione che opera verso i soggetti “che nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara hanno reso false dichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara, risultanti dai dati in possesso dell’osservatore”.

La Ditta che aveva alle proprie dipendenze quel Direttore tecnico ed il Consorzio d’imprese di cui la stessa fa parte hanno però presentato ricorso contro l’esclusione dalla gara (trattavasi, peraltro, di pre-qualificazione) sostenendo che l’esclusione di cui alla lettera h) dell’art. 38 del Codice dei contratti non può operare nei confronti di un soggetto assolutamente privo di colpa in quanto la ratio dell’esclusione, che è quella di evitare che alle pubbliche gare partecipi una Ditta che ha dichiarato il falso nei confronti della P.A., presuppone pur sempre un grado di colpevolezza in capo alla ditta, colpevolezza che può essere o commissiva -quando la Società abbia sottoscritto in proprio una dichiarazione falsa, vale a dire contraria a fatti che conosceva come diversi- ovvero omissiva -quando la ditta abbia omesso di accertare i requisiti soggettivi del proprio Direttore tecnico, naturalmente nei limiti in cui questi erano accertabili- ma pur sempre di colpevolezza doveva trattarsi.

Nel caso specifico, invece, la ditta né aveva sottoscritto in proprio quella dichiarazione nel 2006 in cui il dipendente dichiarava di non aver subito condanne penali, né poteva in alcun modo accertare se questi le avesse subite, perché non aveva accesso al Casellario Giudiziale completo, al quale possono accedere solo le Pubbliche amministrazioni.

Per di più il D.P.R. n. 313/2002 in tema di casellario giudiziale consente, all’art. 33, solo alla “persona o Ente interessato” di conoscere tutte le iscrizioni comprese nel casellario, tra cui quelle delle quali non è fatta menzione nel casellario pubblico, ma la società datrice di lavoro non è né la “persona” né l’“Ente interessato”, in quanto è terza rispetto al soggetto dichiarante (Direttore tecnico), per cui non poteva avere accesso in proprio a quella conoscenza e, al più, avrebbe potuto acquisire quelle informazioni solo su delega del proprio dipendente il quale, naturalmente, tale delega non aveva l’obbligo di rendere.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, proprio muovendo dalle disposizioni del D.P.R. n. 313/2002, ha accolto la domanda incidentale di sospensione dell’esecutività del provvedimento di esclusione dalla gara ed ha ammesso con riserva le Ditte ricorrenti alla procedura, fissando in tempi molto rapidi l’udienza pubblica per la discussione nel merito.

Nella breve motivazione del Tribunale viene dato atto che il punto centrale della vicenda è proprio la “non addossabilità” alla Ditta datrice della responsabilità per le dichiarazioni rese dal proprio Direttore Tecnico e sulle quali nessuna incidenza o conoscenza la Ditta stessa poteva avere.

L’esclusione per un anno da tutte le pubbliche gare nazionali è un provvedimento di estrema gravità, soprattutto per un’Impresa che è organizzata proprio nel settore degli appalti pubblici e che partecipa sistematicamente a molte gare, anche di rilevante importo avendone la dovuta qualificazione e capacità economica.

Per di più, un provvedimento di esclusione di questa natura avrebbe potuto determinare, se non sospeso o annullato, un “effetto a catena” nei riguardi di tutte le altre stazioni appaltanti che, a loro volta, avrebbero potuto procedere all’esclusione così provocando l’effetto di sottrarre la ditta alle pubbliche contrattazioni per un tempo talmente lungo da pregiudicarne, forse anche irreparabilmente, la credibilità economica ed il buon nome imprenditoriale.

Con estrema oculatezza ed anche con il dovuto senso di proporzionalità tra le condotte ascrivibili e gli effetti delle stesse, il T.A.R. Friuli Venezia Giulia ha dunque accolto la tesi delle ditte ricorrenti ed ha consentito alle stesse di partecipare alla gara.

Va detto, peraltro, che tra i motivi di ricorso vi è anche quello inerente la contrarietà dell’art. 38, comma 1, lettera h) del Codice dei contratti pubblici, con all’art. 45, paragrafo 2, lettera g) della Direttiva comunitaria 2004/18/CEE.

Questo perché la Direttiva comunitaria prevede l’esclusione dalle gare solo nel caso in cui l’operatore economico “si sia reso gravemente colpevole di false dichiarazioni nel fornire le informazioni che possono essere richieste a norma della presente sezione o che non abbia fornito tali informazioni”.

La normativa interna italiana ha eliminato il requisito della “grave colpevolezza” nelle false dichiarazioni e, dunque, in punto strettamente letterale, ammette anche delle esclusioni senza colpa.

È evidente che un tale esito interpretativo, oltre a porsi in contrasto con i principi costituzionali italiani e con le generali norme sulla responsabilità originante sanzioni o misure cautelari, è anche in contrasto con la stessa Direttiva comunitaria, in quanto l’art. 45, paragrafo 2, consente agli Stati membri solo di precisare “conformemente al rispettivo diritto nazionale e nel rispetto del diritto comunitario, le condizioni di applicazione del presente paragrafo”.

Gli Stati, dunque, potevano precisare semplicemente e non escludere addirittura un elemento costitutivo della fattispecie sanzionabile, qual’è quello concernente la responsabilità soggettiva.

La norma interna, dunque, si pone in contrasto con il dettato comunitario e, se interpretata nel senso di escludere qualsiasi ricollegabilità alla colpa soggettiva dell’Impresa, deve essere disapplicata in favore del dettato comunitario.

Questa è una tematica che il Giudice della cautela non ha ancora affrontato, ma che rimane aperta in vista dell’udienza di merito fissata per il prossimo mese di ottobre.


Stampa il documento Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico