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n. 9/2005 - © copyright

LUIGI CARDELLI*

Il lungo percorso del criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa

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A seguito della determinazione n. 6/2005 dell’Autorità per la Vigilanza dei Lavori Pubblici, depositata in data 18/7/2005 e pubblicata nella G.U. 173 del 27 successivo, sembra avviata a concludersi (1) la questione dell’applicabilità del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa agli appalti di lavori pubblici: quest'ultimo criterio è sempre usufruibile a prescindere dall’importo degli stessi, quindi sotto e sopra soglia, “in tutte le ipotesi in cui le stesse (stazioni appaltanti) lo ritengano opportuno per ragioni di pubblico interesse”.

Con tale determinazione viene superata l’iniziale impostazione di chiusura al problema che l’Autorità aveva assunto ed espresso con la determinazione n. 53/2000.

Vogliamo cogliere l’occasione per riassumere brevemente come questo criterio si sia inserito nel nostro ordinamento nel contempo tentando di ripercorrere la tortuosa strada di aggiornamento della legislazione dei lavori pubblici che in questi anni, con diuturna fatica, abbiamo dovuto seguire.

Quando ancora non si parlava di procedure aperte, ristrette e negoziate ma soltanto di asta pubblica, licitazione privata, appalto concorso e trattativa privata, tale criterio era sconosciuto.

Mentre per i pubblici incanti e le licitazioni private l’automaticità delle aggiudicazioni era assoluta e la trattativa privata non si era ancora procedimentalizzata (con ciò assumendo anch’essa veste di sistema di gara ad evidenza pubblica), l’appalto concorso lasciava alla stazione appaltante ampissima discrezionalità (2).

L’individuazione della ditta vincitrice in quella che, a dispetto di un prezzo più alto, e quindi meno favorevole per la stazione appaltante, si considerava come proponente la miglior soluzione tecnica, ed in modo analogo per la situazione speculare (una soluzione tecnica di qualità inferiore era compensata da un prezzo più basso) non proveniva da alcun calcolo ingegneristico basato su elementi, pesi e parametri stabiliti a priori e preventivamente conosciuti dai concorrenti, la cui corretta applicazione fosse successivamente controllabile in sede di contenzioso, ma semplicemente da una valutazione tecnico-discrezionale che in quanto tale mal si prestava ad eventuali contestazioni (3).

E fra le innumerevoli questioni che chiaramente mostravano l’esigenza di una completa rivisitazione della normative sugli appalti era ricompresa anche questa.

La limitazione della discrezionalità della Pubblica amministrazione nell’individuare gli assegnatari degli appalti era argomento di lettura quotidiana sia sui giornali economici, che sulle riviste di settore: e la normativa comunitaria dei primi anni '70, espressione dei principi di liberalizzazione degli appalti e di concorrenza, pose tale limitazione come uno dei suoi scopi precipui (4).

La scarsa fiducia riposta nell’amministrazione ha fatto sì che i metodi non (completamente) automatici siano sempre stati considerati dal legislatore italiano come straordinari: pur capendo che una scelta basata su di una ponderata valutazione di elementi tecnico-economici ben potrebbe essere premiante nei risultati nel contempo la mancanza di fiducia nella p.a. ha indotto a soluzioni che ne riducano al massimo la discrezionalità e di conseguenza all’adozione di scelte basate su elementi automatico-formali.

Ma la prima direttiva comunitaria, 71/305/CEE (5), sembra andare in senso contrario quando tende ad innestare nel nostro ordinamento un nuovo criterio di aggiudicazione aggiungendo al “prezzo più basso” quello dell’”offerta economicamente più vantaggiosa” e, novità da rimarcare, non ponendo limitazioni alle procedure di scelta del contraente cui detto nuovo criterio applicare e quindi investendo anche quelle che sino ad allora non erano permeate da discrezionalità alcuna.

Per il suo recepimento occorre attendere (6) la legge 584/1977 art. 24, comma 1, lett. b) (7) che letteralmente ripete la Direttiva: la novità non fu di poco conto, tanto da far dire che gli elementi di valutazione - anche se preordinati alla scelta economicamente più vantaggiosa per l’Amministrazione - “tuttavia snaturano il sistema della licitazione privata, così come è stato delineato dalla lunga elaborazione della dottrina e della giurisprudenza” (8) e che “non è esagerato quindi ritenere che la normativa comunitaria con tale criterio di valutazione delle offerte ha finito col mettere in crisi un modello di procedura concorsuale basato sulla chiara e netta separazione fra il sistema della licitazione privata e quello dell’appalto concorso”(9).

Ed infatti detto criterio, anche se sistematicamente inserito nella licitazione privata, presentava connotati propri dell’appalto-concorso cui era assimilabile (10) anche se talvolta tale assimilabilità veniva disconosciuta in quanto non era il progetto a determinare l’aggiudicazione (11).

Si affermava fosse un criterio che applicato ad un metodo di gara, la licitazione privata, molto la facesse avvicinare all’appalto concorso facendole assumere il nome di licitazione privata “complessa” o “ponderata”.

Comunque l’armonizzazione tra i tradizionali metodi di gara previsti dalla legislazione italiana e le novità introdotte dalla normativa comunitaria poteva avvenire “soltanto a prezzo di una mutazione di alcuni tratti genetici”(12) dell’impianto nazionale.

A livello comunitario viene emanata quindi la direttiva 89/440/CEE (13): essa va a modificare la precedente 71/305/C.E.E.: relativamente ai criteri di aggiudicazione non opera però modifiche (14).

Con l’art. 12 della l. n. 428 del 29.12.1990 (legge comunitaria per il 1990) (15) il Governo veniva delegato a dare attuazione alla direttiva 89/440/CEE.

Il recepimento della direttiva 89/440/CEE avveniva quindi con il Decreto Legislativo n. 406/19.12.1991 (16) che dispone per appalti di importo superiore alla soglia comunitaria (5 milioni di ecu pari, al tempo, a circa 7,5 miliardi di lire): sull’applicabilità dell’intero impianto normativo agli appalti di importo inferiore gli orientamenti, come sempre, furono diversi (17).

Per quel che ci interessa, nell’art. 29 si ritrova la duplicità dei criteri di aggiudicazione ma con alcune sintomatiche novità rispetto all’art. 24 della l. 584/1977:

-se la gara è bandita sulla base di un progetto esecutivo si dovrà utilizzare esclusivamente il sistema dell’art. 5 della l. 14/1973 (18);

-comunque all’elemento prezzo deve essere attribuita importanza prevalente (19).

E la prevalenza non si esaurirà con il 50% + x%, con un x di valore anche minimale, ma la Direttiva Ministero LL.PP. 4006/21/AA.GG. del 12/8/1992 (20) aggiungerà:

L’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa è consentito solo nei casi in cui si debba ritenere indispensabile l’apporto progettuale dei concorrenti, e la relativa determinazione deve essere analiticamente motivata, anche con l’indicazione dei requisiti minimi per la redazione di varianti da parte degli offerenti

All’elemento di valutazione attinente al “prezzo” va attribuita una incidenza non inferiore al 60% del totale”.

Nel contempo si procede nel tentativo di una rivisitazione completa della normativa sui lavori pubblici.

Con l’art. 14, sostitutivo dell’art. 24 legge 584/1977, del disegno di legge quadro A.S. n. 2487 ( a firma Prandini……) approvato dal Consiglio dei Ministri il 4/10/1990 e poi decaduto con la fine della legislatura, lasciando solo “una traccia negli annali parlamentari a futura memoria” (21), si ha la conferma dell’importanza prevalente del prezzo e della non utilizzabilità del sistema qualora il progetto in gara sia dettagliato.

Per quanto riguarda quest’ultima tipologia di appalti, cosiddetti di pura esecuzione, c’erano proposte tese ad utilizzare il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ma limitando gli elementi da valutare ai soli prezzo e tempo di esecuzione, di fatto riducendo il criterio a semplice automatismo.

Nella seduta del 26 settembre 1991 l’ottava Commissione permanente del Senato, Lavori pubblici, approvava il disegno di legge “ Norme generali in materia di lavori pubblici”, disegno di legge quindi trasmesso all’esame della Camera il 3.10.1991 con il n. 5998: per quello che ci interessa prevedeva tra i criteri di aggiudicazione anche quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, esteso agli appalti sotto soglia, ma con l’elemento prezzo quale elemento di importanza prevalente: quindi riconducendo ad un calcolo automatico la parte preponderante della valutazione.

Con il venir meno della legislatura (22), viene fatta tabula rasa di quanto in precedenza elaborato.

Interviene la Direttiva 93/37/CEE (23) che, nell’abrogare la precedente 71/305/CEE (e le disposizioni di essa modificative: di conseguenza abrogando anche la Direttiva 89/440/CEE), relativamente ai criteri di aggiudicazione mantiene sostanzialmente inalterati i criteri adottati dalle precedenti, abrogate direttive.

Arriva quindi, sull’onda lunga di tangentopoli, la “Merloni” (24) che concepita essenzialmente come tentativo di contrasto a quel fenomeno opera, per quel che ci interessa, una precisa scelta a favore di criteri “automatici” di scelta degli appaltatori: con ciò confermando anche nello specifico dei sistemi e dei criteri di aggiudicazione l’estrema rigidità che permea tutto il suo impianto normativo.

Mentre con l’art. 20 si ha la chiusura, successivamente addolcita, del legislatore all’utilizzo indiscriminato dell’appalto concorso consentendolo solo in via eccezionale giustificata da specifici motivi tecnici e, ostacolo ben più grave, solo previo preventivo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, con l’art. 21 si limita l’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa all’aggiudicazione degli appalti mediante appalto-concorso ed all’affidamento di concessioni mediante licitazione privata

E’ da rilevare comunque come per i pubblici incanti e le licitazioni si sia optato, come criterio di aggiudicazione, una volta abbandonate le timide aperture operate con il Dlgs. 406/1991 nei confronti dell’offerta economicamente più vantaggiosa, unicamente per quello dell’offerta a prezzi unitari, criterio che permette sicuramente un’offerta più consapevole da parte della ditta concorrente, residuando il criterio del massimo ribasso sull’elenco prezzi ai soli lavori di manutenzione periodica ed eliminando tutti gli altri criteri di aggiudicazione già previsti dalla L. 14/1973.

Con la "Merloni bis" (25) si perviene alla reintroduzione del criterio del massimo ribasso sull’importo delle opere a corpo, nel caso di contratti da stipulare a corpo o in parte a corpo ed in parte a misura, mentre per i contratti da stipulare a misura permane unicamente quello dell’offerta a prezzi unitari di cui all’art. 1, lett. e, l. 14/1973: questa limitazione dell’applicazione di un criterio di aggiudicazione che, come sopradetto, tendeva a maggiormente responsabilizzare sia le stazioni appaltanti che i concorrenti fu diffusamente criticato: nessuna novità per quanto riguarda l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa che resta confinata alle ipotesi dell’appalto-concorso e della concessione.(26)

Con la “ Merloni ter “(27) viene ripristinata la possibilità di andare al massimo ribasso o, alternativamente, ad offerta a prezzi unitari sia per i contratti a misura che per i contratti a corpo (per i primi tramite ribasso sull’elenco prezzi, per i secondi tramite ribasso sull’importo a base d’asta qualora si scelga di andare al massimo ribasso); per i contratti misti invece si ha un’unicità del metodo aggiudicazione che è quello dell’offerta a prezzi unitari che, con l’estensione a tutte le ipotesi, si ritorna quindi di nuovo a preferire: ancora nessuna novità per quanto riguarda l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa che continua a restare confinato alle ipotesi dell’appalto-concorso e della concessione

Per far emergere il conflitto tra norma nazionale e norma comunitaria, con la conseguente disapplicazione della norma interna, occorreva quindi che una qualche stazione appaltante facesse la scelta (coraggiosa) (28) di utilizzare quel criterio che riconosciuto come pienamente alternativo dalle Direttive CEE aveva avuto limitatissimo ingresso nella normativa italiana.

E così fece la Sintesi S.p.A. società concessionaria del Comune di Brescia ed in quanto tale stazione appaltante di lavori pubblici (realizzazione di un parcheggio) soggetta all’osservanza dei disposti della Merloni.

E da qui ebbe inizio quella querelle che ora ha visto il revirement dell’Autorità del luglio scorso e che brevemente tentiamo di riassumere (29).

         Una delle ditte invitate alla licitazione ne contestava la legittimità ritenendo che il criterio di aggiudicazione prescelto, offerta economicamente più vantaggiosa, non trovasse riscontro nella vigente normativa sui lavori pubblici riferito al sistema di gara, licitazione, adottato dalla stazione appaltante aggiungendo che nel caso in esame, anche qualora in astratto applicabile, lo si sarebbe fatto erroneamente “stante la ritenuta immodificabilità del progetto”.

         Di detta contestazione era portata a conoscenza l’Autorità di Vigilanza cui successivamente perveniva ulteriore esposto da parte della stessa ditta: l’Autorità esprimeva il proprio pensiero con la determinazione n. 53/2000 (30) affermando che a detto “sistema” (rectius: criterio) si possa ricorrere “soltanto nel caso in cui sia previsto l’apporto progettuale dei concorrenti”, che il criterio del prezzo più basso è l’unico usufruibile sia per importi di lavori superiori che inferiori alla soglia comunitaria e che la normativa italiana è immune da contrasti con l’art. 30 della Direttiva 93/37/CEE.

Una veloce lettura delle motivazioni da cui l’Autorità fa discendere le proprie determinazioni non può non stupire: dire come fa l’Autorità che la scelta di privilegiare il criterio del prezzo più basso comporti nel contempo garanzie di più estesa concorrenza è improponibile quando è invece vero il contrario: è il non frapporre un rigore basato esclusivamente su vuoti formalismi il solo metodo per aumentare la libera concorrenza.

Il ridurre al massimo la discrezionalità delle stazioni appaltanti,che l’Autorità dei Lavori Pubblici nella sua determinazione 53/2000 fa discendere dalla scelta operata dal legislatore nei confronti del criterio del prezzo più basso, non fa che confermare la scarsa fiducia riposta nella pubblica amministrazione: essa discende da una presunzione assoluta: i funzionari e/o gli amministratori pubblici sono facilmente corruttibili.

La stazione appaltante ricorreva per l’annullamento della determinazione denunciando come motivo di censura, fra l’altro, la “ violazione di legge per inosservanza dell’art. 30 , paragrafo 1 della Direttiva 93/37/CEE”.

L’investito TAR Lombardia, sezione di Brescia, con l’ordinanza n. 997/26.6.2002, nel rilevare che la disciplina comunitaria “si discosta sensibilmente da quella nazionale” e che essa “assume …. l’univoco significato di attribuire all’Amministrazione che bandisce la gara se aggiudicare la stessa in base all’uno o all’altro criterio: il tutto in base ad una valutazione da effettuarsi in concreto ex ante con riferimento alla singola opera o lavoro pubblico da realizzare senza che operi, pertanto, un vincolo a priori nella scelta dell’uno piuttosto che dell’altro metodo di aggiudicazione” ritenendo non si possa affermare l’esistenza di un immediato, palese contrasto tra l’art. 21 della 109 e l’art. 30 della direttiva ma che occorra accertare se così normando si sia leso il principio di libera concorrenza: allo scopo deferisce la questione alla Corte di Giustizia.

In attesa delle decisioni della Corte di Giustizia con l’art. 7 comma 1) lett. n) punto 2) della L. 166/1.8.2002 (31) si ha un riposizionamento del legislatore nazionale sulla questione in discorso: oltre ai casi già previsti (appalto-concorso e concessione) il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa può essere utilizzato anche per i pubblici incanti e le licitazioni private allorché l’importo dei lavori sia superiore alla soglia comunitaria e, contemporaneamente, si ritenga possibile un utile miglioramento della progettazione a seguito di integrazioni tecniche proposte dall’appaltatore.

Sulla mancata previsione in ordine alla costituzione di una commissione giudicatrice si soffermava approfondita dottrina (32);sull’opportunità di detta commissione interveniva anche l’Autorità che a proposito dell’estensione del criterio ha ritenuto possa essere utilizzato, ricorrendone i presupposti, sia qualora venga posto a base di gara un progetto definitivo sia qualora venga posto a base di gara un progetto esecutivo ma prospettando l’opportunità di farne ricorso, al fine di conseguire il risparmio derivante dalla redazione di un esecutivo passibile di variazioni anche in aspetti rilevanti, quando si proceda tramite appalto integrato(33).

E la Corte di Giustizia si esprimeva con la sentenza C-247 del 7 ottobre 2004 che, nel contestare il fatto che il criterio del prezzo più basso, scelto come unico criterio di aggiudicazione, sia di per se idoneo a garantire un’effettiva concorrenza e nel ritenere al contrario che la facoltà di scelta, basata sulla natura e caratteristiche dell’appalto, tra i due criteri previsti dalla Direttiva effettivamente garantisca la libera concorrenza (di fatto scardinando il dogma automaticità = correttezza e trasparenza), afferma che una normativa nazionale che imponga alle stazioni appaltanti, in termini generali ed astratti, di ricorrere unicamente al criterio del prezzo più basso, contrasta con l’art 30, n. 1 della Direttiva 93/37/CEE.

Di conseguenza, il TAR Lombardia, sezione di Brescia, con sentenza n. 168 del 21.3.2005 (34) sulla base di quanto affermato dalla Corte di Giustizia e ripercorrendone l’iter logico-giuridico, ha accolto il ricorso della Sintesi S.p.A., di conseguenza annullando la determinazione dell’Autorità di Vigilanza n. 53/2000.

Ma la sentenza della Corte di Giustizia allerta e mette in moto anche il legislatore: e così con l’art. 25 comma 1 lett. d) della legge Comunitaria 2004 (35) il Governo viene delegato ad adottare decreto legislativo teso ad “adeguare la normativa alla sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee del 7 ottobre 2004 nella causa C-247/02”(36)

E finalmente siamo arrivati al momento da cui siamo partiti: anche l’Autorità di Vigilanza, con la determinazione all’inizio citata, si “adegua”!


 

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(*) Responsabile U.O. Appalti e Contratti della Provincia di Livorno.

(1) Almeno per noi operatori sul campo sempre alla disperata ricerca di certezze: auguriamoci che parimenti sia per dottrina e giurisprudenza;

(2) Al tempo non si poteva ancora qualificare l’appalto-concorso come procedura “semiautomatica” come invece giustamente si fa oggi con riferimento alle sue attuali modalità di svolgimento così come introdotte dalla Merloni - G. Santi, I criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici tra direttive comunitarie e legittimazione nazionale (dopo la sentenza della Corte di Giustizia CE, 7 ottobre 2004, in causa C-247/02) - in Giustizia Amministrativa, Rivista di Diritto Pubblico, n. 4/2005, nota n. 8; inoltre è da tener ben presente che dell’istituto veniva fatto un uso che spesso prescindeva dalla complessità progettuale dell’opera da realizzare allargandone enormemente, ed in maniera distorta, il campo di applicazione – A. e. L. Tabarrini – Le principali innovazioni della legge quadro in materia di lavori pubblici – Maggioli Editore, Rimini -1994, pag. 84;

(3) Il momento storico-istituzionale era diverso: la p.a. manteneva inalterata la sua posizione di supremazia: l’autoritarietà dominava: l’accordo era ben là da venire: della 241 non era traccia; comunque va ricordato che anche oggi è censurabile solo allorché emergano profili di illogicità manifesta, incoerenza ed abnormita nell’esplicazione della stessa;

(4) Anche se con risultati non proprio eclatanti - Carlo D’Orta – Fabrizio Megale, in Rivista Trimestrale di diritto Pubblico n. 1/1991, pag. 466 - e con prosecuzione del vizio italico della legislazione in deroga tale da consentire alle ss.aa. piena libertà d’azione - Sabino Cassese-Gaetano D’Auria, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico n. 2/1991, pag. 617;

(5) G.U.C.E. n. L 185 del 16.8.1971;

6) Nel 1973, e precisamente sulla G.U. 24.2.1973 n. 51, vide la luce la L-14/1973 che per anni è stata il faro conduttore per gli appalti della pubblica amministrazione ed in cui di offerta economicamente non è traccia: pur essendo la l. 14 prevista specificatamente per la licitazione privata occorre ricordare che al tempo tale sistema di gara copriva la grande generalità degli appalti mantenendo la stazione appaltante ampissima possibilità di esclusione nei confronti dei richiedenti l’invito;

(7) G.U. n. 232/26.8.1977 (la formulazione della lettera b) dell’art. 24 subì modifiche con la l. n. 687/1984, modifiche che produssero contrasti con i principi comunitari per cui la l. n. 80/1987 riportò la norma al testo originario);

(8) Aldo Maria Franceschini “Gli appalti dei Comuni” –Milano 1987-pag. 150;

(9) P. La Rocca, in Nuova Rassegna, n. 3/1992 pag. 315;

(10) TAR Puglia –Bari 1a Sez. n.469/1991;

(11) C.di S. n. 817/26.10.1992;

12) G.Rolla Prime Note n.2/1992 pag. 37;

(13) G.U.C.E. n. L 210 del 21.7.1989 ( essendo stata notificata agli Stati membri il 19.7.1989 avrebbe dovuto essere recepita entro il 19.7.1990: per l’effettivo recepimento si ebbe invece un ritardo di circa 18 mesi ( vedasi nota 16) anche se si deve dire che il naturale e brillante sostituto della G.U -Il Sole 24 Ore- iniziava la pubblicazione dello schema di decreto sin dall’agosto 1991 in un testo che poi non si sarebbe assolutamente discostato da quello pubblicato in G.U.: resta per l’estensore del presente articolo un mistero di come si siano potute superare le questioni che indussero il Presidente della Repubblica Cossiga, nei primi giorni dell’ottobre 1991, a rinviare al governo, per eccesso di delega, il decreto in questione, con viva approvazione di sindacati, Lega delle Cooperative e partiti della sinistra per poi, il 19 dicembre successivo, emanarne uno che non si spostava di una virgola dal testo precedentemente “bocciato”;

(14) L’art. 29 della direttiva 71/305/CEE. mentre rimane immutato per quanto riguarda i criteri di aggiudicazione presenta modifiche relativamente alle offerte anomale;

(15) G.U. n. 10/12.1.1991;

(16) G.U n. 302/27.12.1991 s.o. n. 89;

(17) In particolare la non estensione dell’applicabilità del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa anche al sottosoglia, del resto esplicitamente esclusa dai disposti della parte iniziale del primo comma dell’art. 29, trova conferma in TAR Sicilia – Catania, Sez.I 28.11.1995 n. 2530 che opta per la soluzione negativa;

(18) Così di fatto rivalutando un sistema che offre alla stazione appaltante la possibilità “di entrare nel merito dei prezzi offerti” A Cianflone -L’appalto di Opere Pubbliche –Milano 1985 - pag. 364 e che nel contempo “ consente di ridurre ( attese le intrinseche difficoltà, anche formali, che i concorrenti debbono affrontare per esprimere la loro offerta: n.d.a.) il numero delle offerte presentate, a vantaggio della loro più puntuale ponderazione” Circolare Ministero LL.PP. n. 35 del 9.1.1992 in G.U. n.13/17.1.992;

(19) Si comincia a sentir odor di tangentopoli e si preferisce ritornare a criteri di semi-automaticità limitando i poteri discrezionali delle commissioni vincolando “ il giudizio di merito dell’amministrazione aggiudicatrice a criteri sempre più oggettivi”- P. Di Martino Rivista Trimestrale degli Appalti: n. 4/1991 pag. 1030-: ed infatti la Circolare ministeriale citata alla precedente nota, nel ricordare come l’elemento prezzo sia previsto dalla norma come l’elemento di valore prevalente, afferma ”invero gli elementi concorrenti (rendimento, valore tecnico, costo di utilizzazione) finiscono talvolta per consentire valutazioni fortemente discrezionali col risultato di non giustificare pienamente i maggiori prezzi richiesti”;

20) Tangentopoli è iniziata e procede spedita;

(21) Giuseppe Lupoi - OICE Temi - novembre 1992 pag. 9;

(22) La X legislatura termina, formalmente, il 22.4.1992 ma le attività parlamentari erano cessate ben prima : le elezioni politiche si erano svolte il 5 e 6 aprile poco dopo l’inizio “ufficiale” di Mani Pulite che si fa coincidere con il primo arresto disposto dal giudice Antonio Di Pietro il 17/2/1992;

(23) G.U.C.E. n. L 199 del 9.8.1993;

(24) L.109/11.2.1994 in G.U. n. 41/19.2.1994 - s.o. n. 29 - in vigore dal 6.3.1994 (sorvoliamo benevolmente sul “ quel pasticciaccio brutto “ del regime transitorio ove decreti legge non convertiti, circolari e direttive crearono una confusione normativa tale da ridurre in maniera notevolissima il numero delle gare di appalto svolte atteso il generale e giustificato timore che al momento pervase gli operatori facendo preferire un differimento temporale delle stesse);

(25) La primitiva 109/1994 ( la “Merloni” ) prende questo nome a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 216/2.6.1995 in G.U n. 127/2.6.1995 ( conversione in legge del d.l. 101/3.4.1995 denominato, dal Ministro dei LL.PP. dell’epoca. “d.l. Baratta”)

(26) Per una rivisitazione dei criteri di aggiudicazione di cui alla “Merloni bis” vedasi punto 6 della Circolare Ministero LL.PP. 7.10.1996 n. 4488/UL ( Circolare “ Di Pietro “ ) in G.U. n. 251/25.10.1996 – s.o n. 179;

(27) La “Merloni bis” prende questo nome a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 415/18.11.1998 in G.U n. 284/4.12.1998 – s.o n. 199;

(28) La si può certamente ritenere tale in quanto il soggetto aggiudicatore non si sarebbe trovato nel caso “normale” di disapplicazione di norma interna configgente con norma comunitaria: ben avrebbe potuto utilizzare il criterio del prezzo più basso: nessuno in sede di gara avrebbe potuto contestare alcunché: si va ad utilizzare un criterio non introdotto, non un criterio illegittimamente introdotto;

(29) Per una ben più approfondita e completa disamina: Chiara Pasut, La discrezionalità nella scelta dei criteri di aggiudicazione per gli appalti pubblici (gli orientamenti del giudice amministrativo e della Corte di Giustizia), in www.giustizia-amministrativa.it – 2005; Giovanni Santi, I criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici tra direttive comunitarie legislazione nazionale (dopo la sentenza della Corte di Giustizia CE, 7 ottobre 2004, in causa C-247/02), in Giustizia Amministrativa - Rivista di Diritto Pubblico – n. 4/2005.

(30) G.U. n. 301/28.12.2000;

(31) G.U. n. 181/3.8.2002 -s.o. n. 158

(32) R. De Nictolis – Novità in materia di lavori pubblici (L. n.166 del 2002 e L. n. 190 del 2002) in www.giustizia-amministrativa.it – 2002

(33) Determinazione Autorità dei Lavori Pubblici n. 27 del 16.10.2002 punto H in G.U. n. 261/7.11.2002;

(34) in Lexitalia.it n. 4/2005 (www.lexitalia.it/articoli/tarbrescia_2005-03-21.htm), con commento di Alberto Salvatori.

35) L. 62/18.4.2005 in G.U. n. 96/27.4.2005 s.o. n. 76.

(36) Si ritiene inoltre utile ricordare che tale adeguamento è ricompreso nell’elencazione di principi e criteri direttivi che si ritrovano in detto art. 25 della Comunitaria 2004 ed ivi elencati come linee guida da seguire dal Governo al momento del recepimento dell’intervenuta Direttiva 18/2004 ( G.U.C.E. n. L 134 del 30.4.2004). direttiva “relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi” e che rappresenta -Carmelo Giurdanella in altalex, 26.5.2004- “ una svolta epocale nell’opera di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri dell’UE”.

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