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Articoli e note

n. 7-8/2003

LUCA BUSICO

Riflessioni sull’art. 417 bis c.p.c.

 

Il trasferimento della giurisdizione sul pubblico impiego dal giudice amministrativo al giudice ordinario, previsto fin dal 1992 con la legge n. 421/92 ed attuato dopo diversi rinvii con il D.lgs. n. 80/98, è stato affiancato da una fondamentale innovazione in tema di rappresentanza e difesa in giudizio delle amministrazioni pubbliche.

L’art. 417 bis del codice di procedura civile (1), introdotto dall’art. 42, comma 1 del D.lgs. n. 80/98 e modificato dall’art. 19, comma 17 del D.lgs. n. 387/98, al primo comma prevede che nelle controversie di lavoro, limitatamente al primo grado di giudizio, le amministrazioni pubbliche possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti. Il secondo comma attribuisce all’Avvocatura dello Stato, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, il potere di assumere direttamente la trattazione della causa.

L’Avvocatura dello Stato, qualora non ravvisi la necessità della trattazione diretta della controversia deve trasmettere immediatamente, e comunque non oltre sette giorni dalla notifica degli atti introduttivi, gli atti stessi all’amministrazione interessata perché provveda alla propria difesa secondo quanto previsto al primo comma. Dal combinato disposto dei primi due commi dell’art. 417 bis c.p.c. si ricava pertanto che nelle controversie in materia di pubblico impiego la regola è costituita dalla difesa dell’amministrazione tramite propri dipendenti, mentre l’eccezione è data dalla difesa da parte dell’Avvocatura dello Stato.

Deve immediatamente osservarsi che la rappresentanza e difesa in giudizio delle amministrazioni pubbliche da parte dei propri dipendenti non è una novità assoluta (2), ma già sperimentata nel nostro ordinamento in altri settori come quello del contenzioso tributario (art. 11 del D.lgs. n. 546/92) o delle opposizioni a sanzioni amministrative (art.23, comma 4 della L. n. 689/81). Inoltre già il regio decreto 30 ottobre 1933 n. 1611 (T.U. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato) prevedeva due ipotesi di difesa in giudizio delle amministrazioni dello Stato mediante propri funzionari: 1) l’art.2 la facoltà per l’Avvocatura dello Stato di delega in favore di funzionari nei giudizi che si svolgono fuori dalla sede dell’Avvocatura medesima; 2) l’art.3 la possibilità di essere rappresentate da propri funzionari innanzi alle preture e agli uffici di conciliazione “intesa l’Avvocatura dello Stato”

Nonostante diversi precedenti in tal senso, il sistema di difesa delle amministrazioni pubbliche delineato dall’art.417 bis c.p.c. ha incontrato in dottrina numerose critiche, perplessità, nonché dubbi di legittimità costituzionale.

Anzitutto si è rilevato che per l’estensione oggettiva della norma, che abbraccia tutte le controversie di lavoro, la facoltà offerta alle amministrazioni pubbliche di essere rappresentate in giudizio da propri dipendenti non costituisce più una circoscritta eccezione e pertanto l’art. 417 bis c.p.c. sarebbe in contrasto con l’art. 33, comma 5 Cost. (3), che prescrive il superamento di un esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio professionale. Inoltre è stata sostenuta l’illegittimità costituzionale anche in relazione all’art. 24, comma 2 Cost. (4), che garantisce a tutti, e quindi anche alla pubblica amministrazione, il diritto ad un’adeguata difesa in giudizio ai fini del corretto funzionamento della giustizia, che è un interesse di carattere generale. Deve però osservarsi che in tempi recenti la Corte Costituzionale (5) ha esaminato analoga problematica in relazione all’art.3 del regio decreto 30 ottobre 1933 n. 1611, ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento agli artt.3, 24 e 33, comma 5 Cost., in quanto nella fattispecie la difesa delle amministrazioni statali mediante propri dipendenti avviene in ragione del rapporto organico con essi intercorrente.

Inoltre diversi commentatori (6), partendo dalla considerazione che il processo del lavoro è caratterizzato da un rigido sistema di preclusioni e decadenze non emendabili nei successivi gradi di giudizio, hanno criticato il fatto che l’art.417 bis c.p.c. utilizzi la generica dizione “dipendenti” senza richiedere alcuna particolare attestazione di professionalità specifica per coloro che devono rappresentare in giudizio le amministrazioni.

Tali critiche sono sicuramente fondate ad avviso di chi scrive.

Nel sistema delineato dalla riforma del 1998 gli uffici legali delle amministrazioni non debbono più limitarsi allo studio delle questioni sostanziali oggetto della lite, circoscrivendo la propria attività alla predisposizione delle relazioni per l’Avvocatura dello Stato o al semplice invio della documentazione del caso all’Avvocatura medesima, ma debbono provvedere a compiti più gravosi, ossia la redazione degli atti difensivi e le attività di udienza. E’ quindi compito e soprattutto onere ed interesse delle amministrazioni individuare con la dovuta oculatezza il personale da adibire all’espletamento di tali compiti, tenendo conto che la gestione di un processo altamente tecnico come quello del lavoro comporta la puntuale conoscenza non solo del diritto sostanziale, ma anche e soprattutto di quello processuale. E’ auspicabile quindi, al fine di consentire un’efficace difesa in giudizio delle amministrazioni che si trovano contro dei veri professionisti dell’attività forense, che la scelta ricada su dipendenti provvisti quanto meno di laurea in giurisprudenza e (ove presenti) in possesso di abilitazione forense e di pregressa esperienza da avvocati, evitando che architetti, ingegneri, presidi, laureati in lingue o pedagogia, nonché semplici diplomati si improvvisino (con risultati facilmente immaginabili) avvocati (7).

In tal modo verrebbe garantita un’adeguata, nonché soprattutto professionale e competente difesa delle amministrazioni nei giudizi di primo grado relativi alle controversie instaurate dai propri dipendenti, con l’unico limite che potrebbe attenuarsi quella terzietà tecnica che caratterizza la difesa dell’Avvocatura dello Stato, dal momento che l’impiegato-difensore ex art. 417 bis c.p.c. è un collega (talvolta anche di stanza) del ricorrente.

Ad ogni modo, anche nell’ipotesi di scelta dei difensori ex art.417 bis c.p.c. tra i dipendenti in possesso di tutte le caratteristiche enunciate in precedenza, sorgono alcuni interrogativi, che possono apparire prima facie banali, derivanti dal fatto che tali difensori interni delle amministrazioni non sono avvocati, ma impiegati pubblici e non sono ad essi applicabili le norme sulla deontologia professionale previste per la professione forense né le conseguenti responsabilità in caso di violazione delle norme medesime innanzi al Consiglio dell’Ordine.

A quali conseguenze va incontro l’impiegato-difensore che commette atti di slealtà processuale?

Nel caso di sciopero del personale pubblico indetto per una giornata in cui è prevista un’udienza, il dipendente-difensore può scioperare, esercitando un diritto costituzionalmente garantito o deve presenziare all’udienza? Quali conseguenze comporta in tale caso la mancata partecipazione all’udienza?

 

NOTE

(1) Per un quadro chiaro ed esaustivo della disciplina dettata dall’art.417 bis c.p.c. cfr.: V. TENORE, Gli uffici per il contenzioso e la loro organizzazione, in NOVIELLO-SORDI-APICELLA-TENORE, Le nuove controversie sul pubblico impiego privatizzato e gli uffici del contenzioso, II ed., 2001, 211 e segg.; E. APICELLA, La difesa delle amministrazioni pubbliche nelle controversie di lavoro, in Il lavoro nelle P.A. 2001,569; A. MUTARELLI, Commento all’art.42 del D.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, in La riforma dell’organizzazione, dei rapporti di lavoro e del processo nelle amministrazioni pubbliche, in Nuove leggi civili commentate 1999,1581; L. SGARBI, Jus postulandi, uffici per la gestione del contenzioso e notificazioni, in CARINCI-D’ANTONA (a cura di), Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche II ed., 2000, tomo III, 1979 e segg..

(2) Per l’individuazione delle numerose ipotesi previste nel nostro ordinamento di difesa in giudizio della P.A. mediante i propri dipendenti cfr. A. MUTARELLI, cit,1581; V.TENORE, cit.,212; L. SGARBI, cit., 1980.

(3)  Cfr. O. FORLENZA, Il Viminale prepara gli enti locali alla difesa delle controversie di lavoro, in Guida al diritto, 1998, n. 23, pag. 112.

(4)  Cfr. L. SGARBI, cit.,1983.

(5)   Corte Cost., ordinanza 8 giugno 1994 n. 228, in Foro Italiano 1994,I,3274 ed in Giurisprudenza Costituzionale, 1994,1919.

(6) Cfr. L. SGARBI, cit., pag. 1983 e La difesa delle pubbliche amministrazioni nelle controversie di lavoro, in Il lavoro nella giurisprudenza 1998,1021; S. MONACI, Processo del lavoro e nuovo giudice unico, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile 1998,1350; R. VACCARELLA, Appunti sul contenzioso del lavoro dopo la privatizzazione del pubblico impiego e sull’arbitrato in materia di lavoro, in Argomenti di diritto del lavoro 1999,730; A. PELLECCHIA, nota a Pretura Roma, ord. 12 giugno 1999, in Giurisprudenza Italiana 2000,I,293.

(7) Cfr. F. NISTICO’ Poche luci e molte ombre nel rapporto di lavoro del pubblico impiegato, sul sito internet www.unicz.it/lavoro.


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