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Articoli e note

 

La clausola “a pena d’esclusione” alla luce del principio di regolarizzazione: la giurisprudenza più recente.

di Lino Bellagamba

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            C’è da porsi una questione dal risvolto pratico notevolissimo. Che cosa succede se in una gara d’appalto non viene allegata la copia fotostatica del documento di identità in ordine all’istanza di ammissione alla gara stessa? Per rispondere a questa importante domanda occorre muovere da una sentenza paradigmatica.

“Il generale obbligo di autenticazione di firma apposta in calce alle autocertificazioni è venuto meno per effetto di quanto stabilito dall’articolo 2, commi 10 e 11, della legge 16 giugno 1998, n. 191, che ha consentito di sostituire l’autenticazione di firma con l’allegazione di una copia fotostatica del documento di identità del sottoscrittore” [1].

            Si potrebbe dedurre, pertanto, che la mancata allegazione del documento di identità comporti esclusione dalla gara. La sentenza citata, in realtà, non risponde a questa precisa domanda. Anzi, le premesse di diritto conducono a una soluzione opposta rispetto a quella che prima facie sembra prospettarsi.

            “Espressamente sulla illegittimità di un provvedimento di esclusione da una gara per omessa autenticazione delle sottoscrizioni di dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà o di certificazioni” la sentenza richiama il T.A.R. Marche, 26 febbraio 1999, n. 176 e così conclude:

“la conseguenza non sembra possa essere (...) l’esclusione delle imprese (...), ma piuttosto l’invito alla regolarizzazione della dichiarazione incompleta, che non avrebbe violato la par condicio fra i concorrenti, in quanto non incidente sul contenuto della dichiarazione, e che certamente”  la stazione appaltante  “avrebbe potuto disporre come correttivo all’eccessivo rigore delle forme, applicabile anche nelle ipotesi in cui il bando le prescriva a pena di esclusione” [2].

            In sostanza, il principio di regolarizzazione prevale addirittura sulla clausola: “a pena d’esclusione”, pur non illegittimamente posta.

            La regolarizzazione diventa addirittura inutile, sottosoglia, nell’ipotesi di appalto di lavori con offerte in numero minore di cinque, o in forniture e servizi al di fuori dell’adozione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Non scattando l’automatismo di anomalia, neanche al fine di determinare la griglia di concorrenti da verificarsi in contraddittorio, ma aggiudicandosi l’appalto secondo il prezzo più basso in assoluto, non sarebbe neanche necessario far regolarizzare la carenza di autenticazione dei concorrenti che seguono il primo in graduatoria.

            Si consideri poi, in definitiva, la non vincolatività della clausola: “a pena d’esclusione”.

            Sarebbe pur vero che non tutte le inosservanze alle prescrizioni del bando o della lettera di invito legittimano l'Amministrazione aggiudicatrice ad operare l'esclusione del concorrente dalla gara. Soltanto, cioè, se è posta la clausola: "a pena d'esclusione", il rispetto della discrezionalità amministrativa da una parte, dell'imparzialità dall'altra, non consentirebbe margini interpretativi. In realtà, questo classico principio della gara d’appalto è oggi da considerarsi superato, alla luce del diminuito potere discrezionale della p.A. .

            Esemplare, a tal ultimo proposito, la seguente sentenza:

“Costituisce un principio importante per valutare l’ammissibilità delle offerte per l’aggiudicazione di un appalto pubblico quello dell’inderogabilità delle prescrizioni del bando di gara che, in quanto legge speciale della procedura, può introdurre alcune prescrizioni particolari di natura formale a pena di esclusione, laddove le stesse e la loro necessaria osservanza corrispondano a precise esigenze per l’amministrazione, fra cui quella di assicurare la par condicio fra i concorrenti oltre alla segretezza e la trasparenza della procedura.

            È, tuttavia, altrettanto pacifico che il rigore formalistico contenuto nelle prescrizioni del bando, da osservare a pena d’esclusione, deve in ogni caso essere rapportato ai principi di ragionevolezza nonché a quelli di libera e ampia partecipazione alle pubbliche gare, nonché all’esigenza  di non aggravare inutilmente il procedimento concorsuale in assenza di specifiche esigenze manifestate dall’amministrazione.

            Laddove non sia riscontrabile un’esigenza dell’amministrazione che giustifichi l’imposizione di una formalità a pena di non ammissione, la stessa è illegittima. In tal caso, nel rispetto del principio della strumentalità delle forme e della più ampia partecipazione, il mancato rispetto di una formalità si risolve in una mera irregolarità” [3].

            E ancora:

            “Il rigore formalistico espresso nelle prescrizioni del bando di gara per l’appalto di opera pubblica, da osservare a pena di esclusione, deve in ogni caso essere rapportato ai principi di ragionevolezza e a quelli di libera e ampia partecipazione, nonché alla necessità di non aggravare inutilmente il procedimento concorsuale, quantomeno in assenza di specifiche esigenze manifestate dall’amministrazione in funzione dell’interesse pubblico perseguito” [4].

 

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[1] T.A.R. Calabria, 27-28 ottobre 1999, n. 1376, in http://users.iol.it/udibenedetto, 22 febbraio 2000, con massima a cura di FRANCESCO TASSONE.

[2] Cfr., sulla regolarizzazione proprio con riferimento al caso di omessa autenticazione, Cons. St., VI, 30/1/1998 n. 120 che ha confermato Tar Reggio Calabria, 3/1/1997 n. 1).

[3] T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 21 ottobre 1997, n. 1826, in Italia Oggi, 18 febbraio 1998, 29, a cura di UGO DI BENEDETTO.

[4] T.A.R. Piemonte, 13 novembre 1999, n. 564, in Italia Oggi, 30 novembre 1999, 34, GIAMBATTISTA RIZZA.


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