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Articoli e note

n. 2/2004  - © copyright

MATTEO BARBERO*

Salvi i vecchi affidamenti “in house” di servizi  pubblici locali 

(nota a Cons. Stato, Sez. V, 18 febbraio 2004, n. 679*)

 

Con la sentenza che si annota, il Consiglio di Stato interviene per la prima volta sulla portata della riforma dei servizi pubblici locali, introdotta dall’articolo 14 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 (recante "Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), convertito (con modificazioni) dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

In particolare, i Giudici di Palazzo Spada dovevano pronunciarsi sulla legittimità dell’affidamento di un servizio “di rilevanza industriale” (ovvero, secondo la nuova denominazione “di rilevanza economica”), disposto, nel vigore della vecchia disciplina, da un ente pubblico ad una società per azioni a capitale interamente pubblico senza l’espletamento di gare con procedura ad evidenza pubblica.

Come noto, il d.l. n. 263/2003 cit. (rectius la legge n. 326/2003 cit., di conversione del  medesimo d.l.) ha interamente riscritto l’articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (recante “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”).

Tale disposizione era già stata recentemente oggetto di un’altra corposa modifica, introdotta dall’articolo 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002), il quale (per quanto d’interesse ai fini del presente lavoro) aveva imposto in via generalizzata per l’affidamento di servizi pubblici a rilevanza industriale (anche in favore di società in mano pubblica)  l’espletamento di gare ad evidenza pubblica.

A seguito delle modifiche introdotte dalla più recente normativa, viceversa, l’affidamento dei servizi a rilevanza industriale (rectius dei servizi a rilevanza economica) può essere disposto senza l’espletamento di procedure ad evidenza pubblica a condizione che si tratti di un affidamento c.d. “in house” ovvero disposto in favore di “società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano” [come recita la lettera c) del comma 5 del citato articolo 113 nel testo attualmente vigente].

Secondo il Consiglio di Stato, tale fattispecie “non è destinata a valere soltanto per il futuro, ma viene presa in considerazione anche con riferimento al passato”. Ciò in considerazione di quanto dispone il comma 15-bis dello stesso articolo 113 (anch’esso introdotto dall’ultima novella), che, nel disciplinare le modalità di cessazione delle concessioni rilasciate con procedura diversa dall’evidenza pubblica, dispone sono escluse dalla cessazione proprio le concessioni affidate “in house”.

Si tratta, secondo il Consiglio di Stato (al di là di ogni ragionevole dubbio) di “di una norma di salvezza destinata a conferire legittimità a provvedimenti posti in essere sotto il vigore di una diversa disciplina.”

Pertanto, in conclusione, la retroattività delle nuova disciplina consente di salvare gli affidamenti in house disposti in violazione della vecchia normativa.

 

* Funzionario della Regione Piemonte e dottorando di ricerca in diritto pubblico presso l’Università degli studi di Torino.


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