LexItalia.it  

 Prima pagina | Legislazione | Giurisprudenza | Articoli e note | Forum on line | Weblog

 

Articoli e note

n. 6/2004  - © copyright

MATTEO BARBERO*

Annullamento dell’aggiudicazione e vizio del contratto

(nota a Cons. Stato, Sez. V, n. 3465/2004)

 

Una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. V, 28 maggio 2004, n. 3465, in questa Rivista, pag. http://www.lexitalia.it/p/cds/cds5_2004-05-28.htm) consente di fare il punto circa i principali orientamenti giurisprudenziali e dottrinali intorno alla controversa e complessa questione relativa alle conseguenze dell’annullamento dei provvedimenti amministrativi di evidenza pubblica (ed, in particolare, dell’atto di aggiudicazione) nei confronti dei contratti che, sulla base di tali provvedimenti, sono stati successivamente stipulati fra privati aggiudicatari e Pubblica Amministrazione.

Si tratta, come ricorda la sentenza in commento, di una questione di estrema complessità, che si colloca sulla linea di confine fra diritto pubblico e diritto privato e che involge l’ancor più complesso tema del rapporto fra provvedimenti amministrativi ed atti negoziali ad essi collegati.

La sentenza annotata riconduce le numerose teorie formulate sul punto dalla dottrina e dalla giurisprudenza a quattro principali filoni interpretativi.

Secondo una prima ricostruzione, l’annullamento dell’aggiudicazione determina l’annullabilità del successivo contratto ex articoli 1425 e seguenti del Codice civile, annullabilità deducibile (in conformità al principio generale sancito dal comma 1 dell’articolo 1441 del Codice civile) dalla sola Pubblica Amministrazione stipulante.

Tale tesi, tuttora prevalente nella giurisprudenza del Giudice ordinario ma non priva di riscontri nella stessa giurisprudenza amministrativa, ravvisa nel venir meno del provvedimento a monte, emanato nell’ambito della procedura ad evidenza pubblica, di volta in volta un vizio del consenso della Pubblica Amministrazione (prevalentemente sotto forma di errore essenziale e riconoscibile sulla qualità di legittimo aggiudicatario del contraente privato, ex articolo 1429, comma 1, n. 3, del Codice civile), una causa di legale incapacità a contrattare in capo alla Pubblica Amministrazione medesima (ex articolo 1425, comma 1, del Codice civile), ovvero un difetto di legittimazione negoziale della parte pubblica intesa come incapacità specifica rispetto ad un negozio determinato, ferma restando la sua generale capacità di contrattare.

La seconda opzione interpretativa propende per la nullità (rilevabile dal Giudice su istanza di chiunque vi abbia interesse ed anche ex officio, conformemente alle previsioni di cui all’articolo 1421 del Codice civile) del vincolo negoziale sorto sulla base di un invalido presupposto procedimentale, con conseguente applicazione del regime contemplato dagli articoli 1418 e seguenti del Codice civile.

La nullità viene ricondotta talora ad un’ipotesi di mancanza originaria del consenso da parte della Pubblica Amministrazione (secondo il combinato disposto degli articoli 1325, comma 1, n. 1, e 1418, comma 2, del Codice civile), talora ad una fattispecie di violazione di norme imperative di legge (nullità “virtuale” o “extratestuale” ex articolo 1418, comma 1, del Codice civile) talaltra ad un difetto di causa (con violazione del combinato disposto degli articoli 1325, comma 1, n. 2, e 1418, comma 1, del Codice civile).

In proposito, va segnalato che qualche interprete, per temperare il rigore delle conseguenze derivanti dalla qualificazione del vizio del contratto a valle in termini di nullità (specialmente per ciò che concerne il riconoscimento erga omnes della legittimazione ad esperire la relativa azione dichiarativa) ha proposto di qualificarlo come nullità relativa, ravvisando, in alternativa, o un difetto di titolo a contrarre da parte dell’aggiudicatario illegittimo o una violazione della prelazione legale spettante all’aggiudicatario legittimo.

Il riferimento alla categoria civilistica della nullità è stato, tuttavia, considerato “atecnico” dai sostenitori della terza tesi, i quali hanno viceversa affermato l’inefficacia relativa sopravvenuta del vincolo negoziale, ravvisando nell’annullamento dell’atto conclusivo del procedimento di evidenza pubblica a monte il venir meno di un  presupposto o di una condizione legale di efficacia del contratto a valle, ovvero una “mancanza legale del procedimento”; sostanzialmente affine la tesi sostenuta da autorevole dottrina e volta ad affermare l’inefficacia ex articolo 1398 del Codice civile, assimilando il contratto stipulato dalla parte pubblica al termine di un procedimento amministrativo di selezione della controparte affetto da un vizio di legittimità (rilevato in sede giurisdizionale o amministrativa ovvero in via di autotutela) ad un contratto concluso da un falsus procurator, essendo la Pubblica Amministrazione stipulante privata della legittimazione che gli era stata conferita dagli atti amministrativi annullati.

La soluzione ermeneutica attualmente prevalente nella giurisprudenza amministrativa afferma, infine, la caducazione automatica del contratto per effetto dell’annullamento dell’aggiudicazione, in applicazione del principio generale (proprio delle fattispecie di collegamento necessario fra negozi giuridici privati ma applicabile anche al caso de quo, a dispetto della natura eterogenea degli atti coinvolti – atto amministrativo e contratto di diritto privato) per cui simul stabunt simul cadent.

Sono state poi elaborate numerosa altre teorie, che muovono alla ricerca di un compromesso accettabile fra la prospettiva prettamente privatistica in cui si colloca la tesi dell’annullabilità e lo spirito pubblicistico che (sia pure in diversa misura) anima le altre tesi sopra brevemente richiamate.

Fra queste, merita un cenno a parte la tesi che suggerisce l’applicazione, in via analogica, del regime (definito dall’articolo 23 del Codice civile) dell’annullamento delle deliberazioni assembleari delle associazioni e fondazioni di diritto privato, allo scopo di assicurare la salvezza dei diritti acquistati dai terzi di buona fede sulla base dell’annullata deliberazione formativa della volontà contrattuale della Pubblica Amministrazione e del contratto viziato in via derivata.

Tale tesi, che consente di salvaguardare la buona fede del contraente privato di senza pregiudicare le ragioni del terzo che abbia ottenuto l’annullamento degli atti della procedura di evidenza pubblica (ed in primis dell’aggiudicazione) ove siffatto stato soggettivo non risulti sussistente, è espressamente richiamata nella sentenza annotata come (possibile) corollario della teoria dell’inefficacia e della stessa teoria della caducazione automatica, come peraltro affermato da altri recenti ed autorevoli arresti giurisprudenziali.

***

La sentenza in esame accoglie la tesi della caducazione automatica, riaffermando l’esistenza di un “rapporto di consequenzialità necessaria” fra gli atti della procedura di evidenza pubblica di selezione del contraente privato ed il contratto successivamente stipulato fra quest’ultimo e la Pubblica Amministrazione.

Prendendo le mosse dall’”innegabile esistenza di un raccordo fra gli atti della serie pubblicistica ed il contratto stipulato all’esito dell’aggiudicazione” e pur trattandosi di “atti appartenenti a seriazioni giuridiche ontologicamente eterogenee”, il Collegio afferma, infatti, la piana applicabilità del meccanismo dell’invalidità ad effetto caducante in presenza di un vizio afferente gli atti a monte nei confronti del contratto a valle; tale vizio, proprio in virtù del rilevato “nesso di derivazione o presupposizione”, non può che implicare, una volta rilevato nelle sedi e nelle forme opportune, “l’automatico travolgimento” del contratto, “senza bisogno di impugnativa ad hoc”.

D’altra parte, il Collegio rileva che, in termini generali, “il nesso di connessione (…) non sussiste solo in caso di legame endoprocedimentale” ma anche in presenza di un rapporto di “preordinazione funzionale” fra atti, quale quello intercorrente, appunto, fra atto amministrativo di aggiudicazione e contratto di diritto privato stipulato fra Pubblica Amministrazione e privato aggiudicatario.

Fino a questo punto, la sentenza annotata, pur riccamente ed efficacemente argomentata, non offre spunti ermeneutici particolarmente innovativi all’interprete.

È, viceversa, nell’inquadramento sistematico del “meccanismo giuridico in forza del quale l’annullamento giurisdizionale, ovvero l’eliminazione a seguito di autotutela o di ricorso giustiziale, degli atti della procedura amministrativa (di evidenza pubblica) importa la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto successivamente stipulato” che la pronuncia in epigrafe si segnala per originalità e sforzo interpretativo.

Distaccandosi sul punto dalle tesi, per il resto concordi nel sostenere la tesi della caducazione automatica, sostenute dalle altre Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato [1], la Sezione V si appella alla categoria dell’”inefficacia successiva”, categoria giuridica priva di una considerazione generale ed unitaria nel Codice civile ma ben nota alla dottrina civilistica, che “ricorre allorché in negozio, pienamente efficace al momento della sua nascita, divenga inefficace per il sopravvenire di una ragione nuova di inefficacia, (…) da intendersi come inidoneità funzionale in cui venga a trovarsi il programma negoziale per l’incidenza ab externo di interessi giuridici di rango poziore incompatibili con l’interesse interno negoziale.” Ciò non implica “alcuna alterazione strutturale della fattispecie contrattuale, incidendo unicamente sulla funzione dell’atto”; di conseguenza, “non viene in rilievo l’atto sotto il profilo genetico”, in termini di validità o di invalidità, “bensì la sua efficacia”.

La categoria dell’inefficacia (successiva), per molti aspetti affine a quella della nullità (successiva), se ne differenzia proprio nella misura in cui non presuppone la sussistenza di un’invalidità strutturale nell’atto che ne è affetto, ma investe la considerazione della situazione effettuale che ne scaturisce.

“In tali casi, l’ordinamento e chiamato a risolvere un problema di contrasto fra situazioni effettuali”: da un lato, quella cui corrisponde l’interesse interno del contraente privato alla conservazione dell’assetto definito contrattualmente e, dall’altro, quella incarnata dall’interesse esterno e generale (costituente un riflesso dei principi fondamentali della concorrenza e del mercato nonché del buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa, cui la disciplina delle procedure ad evidenza pubblica è funzionale) alla scelta del legittimo contraente della Pubblica Amministrazione.

Siffatto interesse esterno, “valorizzato e consacrato nella sentenza di annullamento dell’atto amministrativo” di aggiudicazione (ovvero nella decisione giustiziale o nell’atto di annullamento in sede di autotutela) non può che risultare prevalente, esponendo “il contratto già stipulato ad una vicenda effettuale di carattere negativo, spiegabile come precarietà ex post (…)”. Infatti, “il negozio giuridico (…), vincolando le parti alla realizzazione nel tempo dell’obiettivo programmato, rimane esposto al verificarsi di fatti e vicende, inerenti altri tipi di interessi delle parti o di terzi, che sopravvenendo interferiscono con il ciclo del contratto”.

L’accertamento dell’inefficacia successiva (oggetto di mera declaratoria, anche ex officio, da parte del Giudice amministrativo) incontra il solo, duplice, limite della tutela delle situazioni soggettive già consolidate in capo ai terzi alla data della proposizione della relativa domanda giudiziale (senza necessità di ricorrere all’applicazione analogica dell’articolo 23 del Codice civile) e delle prestazioni già eseguite nei contratti di durata.

***

La sentenza qui brevemente commentata aggiunge alcuni importanti tasselli ad un mosaico giuridico che si fa sempre più complesso ed articolato.

Per dipanare la matassa, non resta che attendere una pronuncia chiarificatrice sul punto da parte dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, essendo ormai in gran parte venute meno quelle ragioni di opportunità connesse alla “fluidità ed oggettiva opinabilità [2]” delle relative questioni che, in una precedente occasione [3], avevano suggerito al massimo plesso amministrativo di soprassedere.

 

* Dottorando di ricerca in diritto pubblico presso l’Università degli studi di Torino e funzionario della Regione Piemonte.

[1] Si tratta, in particolare, delle sentenze della IV e della VI Sezione n. 6666/2003 e 2332/2003, che avevano ricondotto l’efficacia caducante dell’annullamento dell’aggiudicazione rispetto al successivo contratto, rispettivamente, alla mancanza sopravvenuta del requisito della legittimazione a contrarre in capo alla Pubblica Amministrazione ed alla carenza parimenti sopravvenuta di uno dei presupposti di efficacia del contratto medesimo.

[2] P. CARPENTIERI, Aggiudicazione e contratto, in www.giustizia-amministrativa.it..

[3] Ci si riferisce alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 1/2003.


Stampa il documento Clicca qui per segnalare la pagina ad un amico