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Articoli e note

n. 12/2003  - © copyright

ANGELO ANNIBALI (*)

Gli affidamenti "in house": dal diritto
comunitario ai servizi pubblici locali

Una delle novità di maggior rilievo, introdotte dalla recente riforma in materia di servizi pubblici locali [i], è il recepimento da parte del Legislatore nazionale della nozione di appalto in house”.

Tale istituto, preso in esame in primis dalla giurisprudenza comunitaria [ii], consente l’affidamento diretto di un appalto pubblico a soggetti che siano parte della stessa amministrazione aggiudicatrice (come nel caso di un ente locale e di una società di capitali da esso interamente controllata e che abbia determinati requisiti, di seguito illustrati, deputata alla gestione di servizi pubblici locali [iii]), in deroga alle procedure di evidenza pubblica prescritte dalle disposizioni comunitarie [iv].

Nel definitivo testo degli artt. 113 113-bis del T.U.E.L., si prevede la possibilità di far ricorso alla fattispecie in esame per diverse ipotesi:

·  per la gestione delle reti [v];

·  per l’erogazione del servizio [vi];

·  per la proroga delle attuali concessioni [vii] in scadenza al 31 dicembre 2006 [viii];

·  per l’affidamento della gestione di servizi a rilevanza non economica [ix] (art. 113 bis) [x].

In tutti questi casi dove è consentito l’ affidamento in house” l’attuale dettato normativo, oltre a richiedere il requisito della partecipazione pubblica totalitaria alle società di cui trattasi, pone delle precise condizioni:

a) che l’ente locale eserciti su di essa un controllo analogo [xi] a quello esercitato sui propri servizi e affinché ciò si abbia è necessario:

·   l’approvazione e la stipula del contratto di servizio;

 

·   la possibilità per ogni ente locale, di poter nominare un esponente nel Cda (o nel Collegio dei revisori);

b) che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli pubblici che la controllano (dovendosi ritenere l’attività come sinonimo di ricavi cioè impegno di risorse e di mezzi).

Per meglio comprendere quanto questa riforma sugli affidamenti in house” sia in realtà voluta o dovuta, proprio nel momento in cui è all’esame del Senato il disegno di legge [xii] sul riordino della legislazione ambientale, il quale contiene una modifica al T.U.E.L. che, se approvata, renderà impossibile il ricorso alle procedure di affidamenti “in house” per i lavori, occorre non trascurare la procedura d’infrazione [xiii] che la Commissione Europea ha avviato nei confronti dello Stato Italiano per violazione delle disposizioni comunitarie sotto il profilo della normativa in tema di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali.

L’iter è stata avviato ritenendo che nel nostro Paese, le modalità di affidamento di tali servizi, siano in contrasto sia con le Direttive CE che coordinano la procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, sia con i principi di trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione già più volte richiamati dalla stessa giurisprudenza comunitaria.

Partendo da ciò, una prima risposta al perché il Legislatore Italiano ha ritenuto opportuno introdurre nella normativa sui servizi pubblici locali la possibilità di affidare un servizio “in house” , la troviamo nella lettera con cui lo Stato Italiano fornisce i dovuti chiarimenti della propria posizione alla Commissione Europea.

Il Dipartimento delle politiche Comunitarie, con una circolare [xiv] informativa, n. 12727 del 19 ottobre 2001, nell’individuare quella che è la normativa applicabile da parte delle amministrazioni aggiudicatrici per ciò che concerne l’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, prevede espressamente la possibilità di esclusione della normativa europea sui pubblici appalti, qualora tra i due soggetti si è in presenza di un rapporto di delegazione interorganica o di un servizio affidato eccezionalmente “in house”, concetti ribaditi successivamente anche nella circolare 3944/2002 [xv] sulle procedure di affidamento in materia di concessioni di servizi e di lavori.

La Commissione, tuttavia, non ha ritenuto tali spiegazioni soddisfacenti e successivamente ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in “mora” ritenendo sussistere la incompatibilità tra alcune disposizioni dell’art. 35 L. 448/2001 con le DIR 92/50 e 93/38.

Ecco che allora, tale innovazione deve esser vista come il necessario adeguamento della nostra legislazione a quella di matrice comunitaria in materia di affidamento diretto, così come richiestoci, per non trovarsi in contrasto con le suddette norme.

Secondo l’orientamento più volte espresso dalla Corte di Giustizia, la normativa comunitaria sui pubblici appalti, non trova applicazione quando tra le due figure interessate (amministrazione aggiudicatrice e soggetto aggiudicatore) non si è in presenza di un vero e proprio rapporto contrattuale, come nel caso di delegazione interorganica, la quale esclude tra essi la terzietà e consente l’applicazione dell’istituto dell’affidamento diretto.

Ciò dimostra come l’attenzione dei giudici comunitari si è soffermata sulla natura giuridica del legame intercorrente tra i due soggetti, qualora esso sia qualificabile come delegazione interorganica [xvi].

I requisiti necessari, per potersi affermare la presenza di un tale nesso, sono frutto di una elaborazione della Corte di Giustizia, la quale , prendendo in considerazione anche le interessanti conclusioni degli Avvocati Generali sulle cause cui è stata chiamata a pronunciarsi (sentenza Arnhem e sentenza Ri.san. [xvii]), ha individuato tali parametri nella:

a) dipendenza finanziaria;

b) dipendenza amministrativa (intesa sia come organizzativa che gestionale) tra una amministrazione aggiudicatrice e un società pubblica, parametri che se presenti contemporaneamente comportano l’esclusione della direttiva 92/50 e consentono l’affidamento diretto del servizio [xviii].

Tali principi, sono stati poi ripresi anche nella successiva sentenza Teckal, dove la Corte ha precisato la obbligatoria applicabilità della Direttiva 93/36 (che comporta la soggezione alle procedure di evidenza pubblica) tutte le volte in cui il contratto sia concluso tra un ente locale e una persona giuridica distinta da quest’ultimo, distinzione che comporta necessariamente una autonomia sul piano decisionale. a meno che non ci sia un controllo da parte di esso analogo a quello esercitato sui propri servizi e che tale soggetto svolga la parte più importante della propria attività con l’ente o gli che lo controllano [xix] (in questo caso i due soggetti sarebbero una sola cosa e non saremmo in presenza della sopraccitata autonomia decisionale).

Dunque, il ricorso alle procedure di evidenza pubblica sancite dalle varie direttive comunitarie non può essere escluso a priori solo perché il contratto è concluso tra un ente locale in qualità di amministrazione aggiudicatrice [xx] e un soggetto gestore pubblico, ma ciò si avrà solo nel momento in cui ricorrano le condizioni anzi esposte in tema di controllo gestionale ed economico da parte del primo sul secondo, controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi.

Diversamente nel caso in cui l’affidamento riguardi un servizio in cambio della gestione dello stesso come corrispettivo , nell’ipotesi cioè di concessione di servizi [xxi], ci si dovrà attenere ai principi comunitari di trasparenza e parità di trattamento che sanciscono l’obbligatorio ricorso alla gara pubblica.

Le considerazioni svolte dalla giurisprudenza comunitaria in tema di appalti “in house” e le conclusioni a cui essa è giunta, sono già state ampiamente recepite dalla nostra giurisprudenza amministrativa come nel caso della recente sentenza del TAR Campania [xxii].

Il giudice amministrativo, chiamato a pronunciarsi sull’affidamento di un servizio pubblico locale ad una società mista, ha fatto riferimento in maniera esplicita al sopraccitato orientamento espresso dalla Corte di Giustizia (più precisamente alla sentenza Teckal) affermandone la legittimità nella considerazione che i due soggetti sono un unico plesso amministrativo, il cui rapporto è riconducibile allo schema della delegazione interorganica, consolidando con ciò il principio secondo cui la società mista è ente strumentale del comune.

 

(*) Giurista d’Impresa.

[i] Vedi l’art. 14 del D.L. 269/03 “Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dei conti pubblici dello Stato” , convertito con modificazioni nella  dalla Legge  n. 326 del 24 Novembre 2003.

[ii] Corte di Giustizia, 10 novembre 1998, BHI HOLDING contro G. ARNHEM e G. RHEDEN;

   Corte di Giustizia, 09 settembre 1999, RI.SAN s.r.l. contro Comune di Ischia;

   Corte di Giustizia, 19 novembre 1999, TECKAL s.r.l. contro Comune di Aviano;

   Corte di Giustizia, 15 giugno 2000, ARGE Gewassserschutz contro Bundersministerium  fur Land und Forstwirtschaft;

[iii]  Vedi art. 113 D.Lgs. 267/2000 (così come recentemente modificato, vedi nota 1)  comma 5.

[iv] Direttiva 92/50 del Consiglio del 18 Giugno 1992 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi;

  Direttiva 93/36 del Consiglio del 14 Giugno 1993 che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture;

  Direttiva 93/38 del Consiglio del 14 Giugno 1993 che coordina le procedure di aggiudicazione di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni;

[v] L’art. 113 D.Lgs. 267/2000 (T.U.E.L.) “Gestione delle reti ed erogazione del servizi pubblici locali di rilevanza economica”, al comma 4  espressamente prevede:

   «Qualora sia separata dall’attività di erogazione dei servizi, per la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali gli enti locali, anche in forma associata, si avvalgono:

   a) di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico cui può essere affidata direttamente tale attività, a condizione gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano; […]».

[vi] Art. 113 D.Lgs. 267/2000 “Gestione delle reti ed erogazione del servizi pubblici locali di rilevanza economica” al comma 5 recita:

« L’erogazione de servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell’Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio: […]

c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano

[vii] Con la Comunicazione interpretativa sulle concessioni nel diritto comunitario degli appalti pubblici, 29 aprile 2000, la Commissione al punto 3.1 ha chiarito « […] E’ vero che la giurisprudenza citata riguarda in parte gli appalti pubblici. Tuttavia, i principi che ne derivano hanno spesso una portata che supera l’ambito degli appalti pubblici. Essi sono applicabili anche ad altre fattispecie, tra cui le concessioni.», prevedendo in questo modo la possibilità di far ricorso a tali criteri elaborati per gli Appalti in house, anche per le concessioni in house.

[viii] Art. 113 D.Lgs. 267/2000 “Gestione delle reti ed erogazione del servizi pubblici locali di rilevanza economica” al comma 15-bis sancisce:

  « […] Sono escluse dalla cessazione le concessioni […] nonché quelle affidate a società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano. »

[ix] La distinzione tra servizi a rilevanza economica e non (che sostituisce la precedente dicitura di servizi “a rilevanza industriale e non”), è un’altra novità che fa seguito alla riforma.

   Tale differenziazione in materia di servizi è già presente nel Libro verde CE, il quale ricomprende nei primi ogni attività che implica l’offerta di beni e servizi su un dato mercato.

[x] Art. 113-bis D.Lgs. 267/2000 “Gestione  dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica” al comma 1: « Ferme restando le disposizioni previste per i singoli settori, i servizi pubblici locali privi di rilevanza economica sono gestiti mediante affidamento diretto a: […]

c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano. »

[xi] Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento delle Politiche Comunitarie, Circolare 12727 del 19 Ottobre 2001 “Affidamento a società miste della gestione dei servizi pubblici locali” : « […] Segnatamente, ad avviso delle istituzioni comunitarie, per controllo analogo si intende un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione di subordinazione gerarchica; tale situazione si verifica in particolare quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell'ente pubblico sull'ente societario. […] »

[xii] Vedi Disegno di Legge sul riordino della Legislazione ambientale 1753-B attualmente all’esame del Senato.

[xiii] Procedura d’infrazione della Commissione 1999/2184 ex art 226 del Tratttato.

[xiv] Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento delle Politiche Comunitarie, Circolare 12727 del 19 Ottobre 2001 “Affidamento a società miste della gestione dei servizi pubblici locali” al punto 4 precisa : « La normativa europea in tema di appalti pubblici, in particolare di servizi, non trova invece applicazione, sempre secondo l'orientamento espresso dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, quando manchi un vero e proprio rapporto contrattuale tra due soggetti, come nel caso, secondo la terminologia della Corte, di delegazione interorganica o di servizio affidato, in via eccezionale "in house" (cfr.: Corte di giustizia, sentenza Teckal del 18 novembre 1999,causaC-107/98). […] ».

[xv] Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento delle Politiche Comunitarie, circolare 3944  del 1 marzo 2002 “Procedure di affidamento delle concessioni di servizi e di lavori”.

[xvi] Nel nostro ordinamento la delegazione interorganica, quale istituto riconducibile nell’ambito pubblicistico ai sistemi di c.d. esecuzione indiretta, comporta il trasferimento da un soggetto all’altro di competenze, funzioni e poteri, con la conseguenza che il  delegante si spoglia di proprie attribuzioni a favore del delegato, il quale a sua volta, agisce solo nell’interesse e per conto di quest’ultimo, acquisendo legittimazione attiva e passiva e diventando direttamente responsabile nei confronti dei terzi degli atti di esecuzione della delegazione.

[xvii] Vedi nota ii del testo.

[xviii]Per un approfondimento vedi C. Alberti “Appalti in house, concessioni in house ed esternalizzazione”, in Rivista Italiana Diritto pubblico Comunitario, 2001.

[xix] Alle stesse conclusioni è peraltro giunto l’Avvocato Generale P. Lèger nella causa Arge, il quale  ha sostenuto : «[…] nella misura in ciu l’attività economica del soggetto è svolta nella maggior parte a vantaggio dell’autorità controllante si sarà in presenza di un servizio “in house” […]»

[xx] Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento delle Politiche Comunitarie, Circolare 12727 del 19 Ottobre 2001 “Affidamento a società miste della gestione dei servizi pubblici locali” al punto 3 precisa : « Per amministrazioni aggiudicatrici si intendono: lo Stato, gli enti pubblici territoriali e le loro unioni, consorzi ed associazioni, gli altri enti pubblici non economici e gli organismi di diritto pubblico. […]», dove viene anche specificato cosa si intende per organismo di diritto pubblico.

[xxi] Il concetto di concessione di servizi, è desumibile (vedi Comunicazione interpretativa sulle concessioni nel diritto comunitario degli appalti pubblici, 29 Aprile 2000 e Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento delle Politiche Comunitarie, Circolare 3944  del 1 Marzo 2002 “Procedure di affidamento delle concessioni di servizi e di lavori”) da quello di concessione di lavori, ciò in quanto la Dir 92/50 che regola l’appalto pubblico di servizi (inteso come contratto a titolo oneroso stipulato in forma scritta tra un prestatore di servizio  e un’amministrazione aggiudicatrice), non ne da alcuna definizione. Si è in presenza di tale figura quando il soggetto gestore si assume il rischio di gestione rifacendosi poi sull’utente soprattutto per mezzo di canoni, a differenza dell’appalto pubblico di servizi dove la  remunerazione del concessionario  grava sostanzialmente sull’amministrazione aggiudicatrice.

[xxii] Tar Campania, Salerno, sez. i, 06/11/2003, n. 1494: « […]  A ciò aggiungasi che secondo l’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia (sentenza Teckal del 18 novembre 1999 causa C-107/98), la normativa europea in tema di appalti pubblici, in particolare di servizi, non trova applicazione quando manchi un vero e proprio rapporto contrattuale tra due soggetti, come nel caso di delegazione interorganica o di servizio affidato in via eccezionale, “in house”.

   In altri termini, quando un contratto sia stipulato tra un ente locale ed una persona giuridica distinta, l’applicazione delle direttive comunitarie può essere esclusa nel caso in cui l'ente locale eserciti sulla persona di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e questa persona giuridica realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente e gli enti locali che la controllano.

   In detta evenienza, pertanto, l’affidamento diretto della  gestione del servizio è consentito senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica prescritte dalle disposizioni comunitarie. […]».

  Vedi anche la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 18 settembre 2003 n. 5316.


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